Home » Racconti ed esperienze » ClanDESTINI (venticinquesima puntata)

ClanDESTINI (venticinquesima puntata)

Pubblicato il: 17/06/2011 17:14:52 - e


“Mi piacerebbe non ricordare, ma di notte mi sogno le cose che mi sono successe e i miei morti ammazzati mi vengono a trovare”. Prosegue il giallo a puntate di Education 2.0 ambientato nella scuola in ospedale. La storia di Didier, bambino soldato sfuggito alla guerra e alla morte.
Print Friendly, PDF & Email
image_pdfimage_print

I bambini della scuola ospedale di Montelusa parlavano.

“Le droghe e i kalashnikov ci davano, come fossero giocattoli” Didier stava raccontando “Ak47 o fucili d’assalto americani M16, come giocattoli erano belli, leggeri da caricare e maneggiare, li sapevo smontare e rimontare, anzi lo insegnavo agli altri…”

Totuccio: “Meglio delle armi giocattolo!”

“Da innamorarsene! Ci facevano cantare, in marcia, e le canzoni dicevano quanto erano belle e affidabili le armi. Erano belle davvero, come attrezzi meccanici, solo che uccidevano… il sangue, una vita che se ne va… e poi erano il mezzo per ottenere cibo, le cose degli altri, il rispetto. Bastava farle funzionare quando era il momento, che però significava uccidere. Sì, mi piacerebbe non ricordare, ma di notte mi sogno le cose che mi sono successe e i miei morti ammazzati mi vengono a trovare, specie una donna… chissà se a tuo padre i suoi morti facevano lo stesso effetto!”

“E c’erano anche bambine?” chiese la piccola yemenita.

“C’erano, c’erano, meno di un quarto di noi erano femmine… in genere le prendevano nei villaggi come i maschi… durante le razzie…”

La bambina yemenita:“Donne alla guerra!”

Didier: “Non per demoralizzarti, ma più che altro erano assegnate come serve, per portare i pesi, nei lavori domestici o per cucinare e poi come svago per i comandanti…”

La bambina yemenita: “Finisce sempre così!”

Didier: “Un po’ le usavano anche in combattimento o come spie. Il più delle volte erano per le missioni senza ritorno, le mandavano avanti sui campi minati, per aprire la strada alle nostre squadre.”

Kamal: “Erano bottino di guerra, insomma!”

La bambina yemenita alzò il mento fiera. “La maestra Tina mi ha detto che c’erano anche in Francia i bambini soldato, si chiamavano “enfants perdus”, bambini perduti, erano i tamburini e i pifferai che davano il ritmo ai soldati degli eserciti di Napoleone: stavano avanti a tutti, in prima fila, brutta posizione, e infatti cadevano come mosche.”

“Ma lui uccideva, capisci?” esplose Totuccio “Comandava agli altri di uccidere e premeva per primo il grilletto…”

“In principio sparavo e correvo via! Ne vedevo pochi che morivano davvero, ma che fine potevano fare così feriti e abbandonati? All’inizio sparavo perché se non lo avessi fatto, loro avrebbero sparato a me. Avevo sempre voglia di scappare, poi mi promossero ancora, divenni comandante di altri bambini… Allora cominciai a fare la guerra davvero, era elettrizzante… a proposito, non mi spettavano mogli, anche se ero comandante, se le tenevano loro. Mi ricordo come fosse ieri, tutti i combattimenti che feci prima di essere colpito da una scheggia a una gamba, la battaglia più difficile fu quella dei magazzini Hutu. Poi, ferito com’ero, scoprii che il fratello maggiore della morte, tradiva, tradiva tutti, noi, i Tutsi, perfino quelli delle navi dei rifiuti. Sta diventando sempre più ricco e potente, non gli bastano più le spedizioni fuori del Ruanda… Sono sicuro che c’è dietro lui all’attentato agli studi della radio di Kingali: troppa pace, odiava quella trasmissione, come non sopportava tutti quelli che s’erano stancati di morire per lui.”

La bambina yemenita: “Per questo è chiamato il fratello maggiore della morte!”

“Da lui scappo, lui mi vuole ammazzare. Ero ferito ed avrei dovuto curarmi, ma avevo scoperto cose che mi avrebbe ucciso! Dovevo scappare a tutti i costi, mettere il mare tra me e lui! Queste cose un soldato le capisce o muore presto.”

Kamal: “Ti consideri ancora un soldato?”

Didier tardò a rispondere. Aveva voluto ancora una pistola con sé. “Linda mi ha fatto la stessa domanda, ho capito che voleva sapere se mi ricordavo di… come diceva? di gravi violazioni dei diritti umani. Non le ho detto tutto… anche qui non mi fido di nessuno, perché forse dovrei essere punito per alcune cose che mi hanno fatto fare…”

Totuccio: “A me la suora ha detto che, in genere, i bambini soldato sono considerati principalmente come vittime delle guerre.”

“Però se ci fosse una chiara prova di un bambino che ha commesso una grave violazione dei diritti umani, non dovrebbe essere punito? Processato? Ora so che il fratello maggiore della morte cose del genere le ha fatte ed io ero un suo soldato…”

Totuccio: “Non so se fai bene a non dir niente, qui in Italia tengono conto dell’età del bambino, della sua debolezza e in qualche modo mirano al suo reinserimento nella società…”

Didier: “Il fatto è che non mi fido… mi sto punendo già per conto mio… meglio che altri non si impiccino… dato che ormai chi doveva, chi è pagato per questo, mi ha già individuato!”.

***

Era l’ora della visita e tutti tornarono al loro letto. Nel corridoio il dottor Gemito aprì un armadio e s’infilò il camice bianco, la maestra Tina lo raggiunse.

“Il maggiore Hansen quando venne a farci sentire l’intercettazione tra Calogero e Totuccio Valaci ha avuto la vista lunga sulla possibilità di pentimento…”

“Già, ma ora,” l’interruppe il medico “dopo la tragica morte di don Calogero, tutto sembra dover ripartire da capo.”

“Il pentimento deve essere un processo lungo e pieno di incognite.” Rifletté la maestra.

Il cellulare del medico squillò.

“Buongiorno maggiore, lupus in fabula, cosa posso fare per lei?”

Il dottor Gemito rimase ad ascoltare per un po’ di tempo, poi a voce bassa azzardò “Veramente non so se è una buona idea, il bambino è rimasto molto scosso dalla morte del padre, ha anche scritto una lettera addolorata, le sue condizioni sono sempre gravi…”

S’interruppe bruscamente per ascoltare l’altro e poi riprese “Certo, don Calogero è stato ucciso per legittima difesa, ma Totuccio sarà ugualmente scosso dalla sua visita.”

Dopo un altro lungo silenzio il medico aggiunse “Sì, i clandestini, come li chiama lei, sono ancora tutti qui.”

Si salutarono e Gemito infilò il cellulare nella tasca del camice.

“Vuole interrogare Totuccio?” Gli chiese la maestra.

“Dice che il padre quando è venuto per uccidere Didier può aver detto al figlio qualcosa di importante ai fini della sua indagine.”

“Ma se lo ha tenuto in braccio solo per qualche minuto!”

“Hansen è un uomo che deve andare fino in fondo, dobbiamo capirlo. Viene oggi pomeriggio, è meglio che dia subito un leggero calmante a Totuccio.”

La maestra Tina scosse la testa “Questa storia è piena di ombre: l’uccisione del giudice Argentino e della sua scorta sarà collegata con tutta la vicenda Valaci?”

“E chi lo sa! Ombre e misteri sono di casa qui da noi.”

“In Sicilia?”

Il medico affrettò il passo: “In Italia.”

***

Dopo la visita Kamal si era seduto sulla sponda del letto di Didier.

“Dobbiamo andarcene prima che ti facciano la pelle. Te la senti, con il mio aiuto?”

Didier guardò le due stampelle vicino al letto “Me ne basta una, la Glock e un paio di fumetti, tu porterai l’acqua e qualcosa da mangiare.”

Non aveva smesso di comandare, pensò Totuccio che aveva la faccia scura “Ma dove andrete?”

“Fuori dal bersaglio” Didier si era girato verso di lui “in questo momento siamo proprio in mezzo e tuo padre stava per fare centro…”

“Con l’incendio poi” proseguì Kamal “hanno cercato di bruciare l’intero bersaglio!”

“Non voglio spaventarvi” Totuccio si alzò a sedere sul letto “ma per voi non sarà facile nascondervi, chi vi cerca è spietato…”

“Sarà facile, invece” l’interruppe Kamal “con tutto quello che sta succedendo nel Maghreb, gli sbarchi si sono moltiplicati e noi due possiamo muoverci sul territorio in mezzo a tanti altri profughi e disperati.”

“Siamo come tanti altri!” sbottò Didier.

Kamal lo guardò e sorrise “Non proprio, però clandestini lo siamo…”

“Avete un piano?” chiese Totuccio.

Didier si era alzato e aveva cominciato a vestirsi, s’infilò la Glock nella cintura e la coprì con una camiciola. Poi guardò i fumetti sul comodino “Ci vorrebbe l’aiuto dell’Uomo mascherato… il mio piano sarebbe semplice: rivelare ad una persona di cui fidarsi quello che so sul traffico delle armi e dei rifiuti, il punto d’approdo delle navi, ottenere asilo politico e protezione per me e per Kamal. Smascherare tutti quelli che odiano la pace e amano i massacri e sventare i loro piani criminali. Poi da grande quando il Ruanda sarà una nazione più pacifica, tornare lì, sperando che nessuno si ricordi di me. Sposarmi, lavorare, avere dei figli che andranno a scuola… ecco questo è il mio piano! Ti sembra troppo?”

“No, e devi realizzarlo” Totuccio s’interruppe “oggi pomeriggio viene qui da me il maggiore dei servizi segreti, potresti…”

“Oggi pomeriggio” lo bloccò Kamal “saremo lontani, e certo più al sicuro di qui dentro.”

“E poi” aggiunse Didier “il tuo maggiore dei servizi segreti non è il mio Uomo mascherato. Non gli somiglia per niente.”

Kamal si allontanò e dopo poco tornò vestito e con un sacco a tracolla “Sono stato in cucina a farmi dare qualcosa da Ceccina. Ha voluto soldi anche stavolta. Non ci trattiene più nulla in questo ospedale, che è stato anche scuola per noi, andiamocene. Salutaci la suora e le maestre.”

Totuccio li guardò tutti e due con il volto preoccupato “Io un indirizzo utile ce lo avrei… utile ma pericoloso.”

“Di che parli?”

Totuccio si alzò dal letto e si avvicinò ai due amici “Io so dove sta Cascio Ferro.”

Didier e Kamal si guardarono “E chi è Cascio Ferro?”

Totuccio parlò a voce bassa “È il Padrino a cui mio padre era legato per la vita e per la morte. Lo chiamava anche il Ragioniere, mi ha fatto nel tempo solo qualche fuggevole cenno su di lui, anche perché aveva visto che nonostante tutte le sue spiegazioni io sulla mafia… con tutto quello che ci hanno spiegato a scuola, ci litigavo.”

Didier si sedette sul letto e si prese la testa tra le mani “Vuoi dirci che se è stato questo Cascio Ferro a dare a tuo padre l’ordine di uccidermi, allora lui deve essere l’uomo che traffica con il fratello maggiore della morte?”

“È più che probabile” intervenne Kamal “e sapere dove si nasconde potrebbe significare dare scacco a tutta l’operazione. Il tuo sogno può anche avverarsi.”

Totuccio tornò vicino al suo letto, aprì il comodino e prese un blocco da disegno con un pennarello “È una villa in campagna, lontano da qui, tra gli agrumeti… a Contrada La Morte, difficile da trovare anche su Google Earth, nella proprietà c’è anche un campo di bocce.”

“E tu” chiese Kamal “come fai a conoscere tutti i dettagli del nascondiglio del Padrino, non hai detto che tuo padre su di lui ti aveva fatto solo qualche fuggevole cenno?”

“In questa corsia, quando entrò vestito da clown con la pistola spianata, mi ha preso in braccio. Non sparò a Didier e capì che questo gli sarebbe costato la vita, così mi sussurrò all’orecchio: ‘Sotto il campo di bocce, a Contrada La Morte, c’è la tana del Ragioniere’. È stato il suo ultimo messaggio, il messaggio di un assassino che sarebbe stato ammazzato!”

(continua)

(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).

Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.

Qui le modalità per l’acquisto del libro.

Le puntate precedenti

Prima puntata

Seconda puntata

Terza puntata

Quarta puntata

Quinta puntata

Sesta puntata

Settima puntata

Ottava puntata

Nona puntata

Decima puntata

Undicesima puntata

Dodicesima puntata

Tredicesima puntata

Quattordicesima puntata

Quindicesima puntata

Sedicesima puntata

Diciassettesima puntata

Diciottesima puntata

Diciannovesima puntata

Ventesima puntata

Ventunesima puntata

Ventiduesima puntata

Ventitreesima puntata

Ventiquattresima puntata

L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

http://www.luigicalcerano.com

http://www.giuseppefiori.com

Calcerano e Fiori

14 recommended

Rispondi

0 notes
580 views
bookmark icon

Rispondi