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ClanDESTINI (ventitreesima puntata)

Pubblicato il: 15/04/2011 11:59:38 - e


“Io sono figlio di un capo mafioso che è anche un assassino. Voglio chiedere scusa a tutti quelli che ha trattato male, a cominciare dal mio amico Didier che lo voleva ammazzare, e che mi ha già perdonato, ma non mi basta”. Il giallo a puntate di Education 2.0 ambientato nella scuola in ospedale. La storia di Didier, bambino soldato sfuggito alla guerra e alla morte.
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Nel suo angusto ufficio della Procura di Montelusa il dr. Argentino aveva appena chiuso la sua ultima comunicazione con il maggiore Hansen. Ormai era notte fonda e la luce sulla scrivania insufficiente, ma la luminosità del computer lo aiutava a schiarirsi le idee mentre scriveva quella particolare autorizzazione che avrebbe dovuto firmare, in assenza del capo della Procura.

Era ancora alterato per la discussione: lui avrebbe voluto interrogare la sera stessa don Calogero Valaci, ma Hansen aveva preteso di utilizzare quelle ore per andare a nascondere il “suo” pentito in un luogo superprotetto e per inscenare, con la sua connivenza, la morte di don Calogero. L’avrebbe fatta riportare sul giornale del giorno dopo e l’avrebbe anticipata su TeleIsolanostra.

Hansen, in determinate occasioni, sapeva essere convincente: quell’inganno avrebbe sottratto il pentito dalle mani del clan di Cascio Ferro e avrebbe salvato il figlio malato di Valaci da sicure ritorsioni.

L’incendio all’ospedale dove era ricoverato era già un primo segnale inquietante, e Hansen gli aveva detto, nella seconda telefonata, che non era più il tempo di indugiare.

Eppure… autorizzare un inganno poteva significare esporre l’ufficio ben oltre il consentito e se qualcosa fosse andato storto lui ne avrebbe dovuto pagare tutte le conseguenze.

Il telefono squillò per la terza volta quella notte.

“Non ho ancora ricevuto nessuna mail.”

“Ho finito di scrivere in questo momento, ora la spedisco, maggiore, cerchi di star calmo.”

“Sono calmissimo” replicò Hansen “ho già tirato giù dal letto il direttore di TeleIsolanostra e gli ho dato i particolari della morte di Calogero Valaci per mano del mio braccio destro…”

“Legittima difesa, naturalmente, anche se le relative carte processuali si insabbieranno.”

“Certo, poi ho chiamato il direttore del Quotidiano di Montelusa e gli ho mandato i fax con i disegni di come si sono svolti i fatti. Usciranno nell’edizione di domani pomeriggio.”

“I disegni li ha eseguiti lo stesso Salvatore?”

“Sì, mi dispiace ma questa volta non c’è stato tempo per disegni fatti da lei. Sarebbero stati molto più curati ed efficaci…”

“Stavolta” lo interruppe Argentino “non li avrei fatti, una cosa è disegnare un evento avvenuto e un’altra è disegnare una menzogna… ecco le ho spedito l’e-mail, allora ricapitoliamo, in tarda mattinata io la raggiungo nel luogo che mi ha indicato, le porto l’originale dell’autorizzazione firmata e procedo all’interrogatorio formale del redivivo Calogero Valaci. Ora me ne vado a casa, provo a dormire fino alla partenza.”

“A mezzogiorno accenda la TV, c’è il telegiornale di TeleIsolanostra.” raccomandò il maggiore Hansen con premuroso sarcasmo.

***

La sveglia squillò proprio mentre la signora Ada Argentino portava una tazza da caffellatte piena di caffé nero al marito “Ti ho già acceso la televisione nel tinello, inizia tra due minuti.”

“… i contorni della vicenda non sono stati ancora interamente chiariti” stava recitando il giornalista “ma la notizia con cui abbiamo aperto il nostro telegiornale, cari telespettatori, arriva da fonte sicura. Don Calogero Valaci, killer della mafia, è rimasto ucciso in uno scontro a fuoco con i Servizi di Sicurezza. L’uomo, mascherato da clown, aveva incontrato nel corso della giornata di ieri il figlio gravemente malato nell’Ospedale di Montelusa. La vista del figlio Totuccio doveva averlo indotto a una qualche forma di pentimento se, nelle ore del tardo pomeriggio era già a disposizione della speciale sezione che combatte il crimine organizzato. Gli interrogatori sarebbero iniziati con l’arrivo del pubblico ministero. Ma qualcosa deve essere andato storto, soprattutto il pericolo a cui stava esponendo il figlio deve aver fatto repentinamente cambiare atteggiamento al pentito. Probabilmente la notizia, nelle prime ore della notte, dell’incendio all’Ospedale di Montelusa, deve aver spinto il killer mafioso a riappropriarsi della micidiale arma sequestratagli e a tentare di aprirsi un varco per la fuga. A quel punto un giovane e valoroso agente, Salvatore Macrì, ha fatto a tempo a difendere il proprio capo e ad esplodere un unico mortale colpo della sua arma d’ordinanza.

E ora passiamo all’incendio dell’Ospedale di Montelusa che i carabinieri dicono non avere avuto natura dolosa…”

***

Suor Annunciazione stava inginocchiata sul suo letto a pregare, ma a un certo punto si alzò. Aveva deciso di cominciare un altro tipo di preghiera.

Raggiunse il tavolino e cercò di mettere ordine nelle carte di Totuccio. Quei due bambini preferivano andare da lei piuttosto che da Tina e Linda.

Non aveva potuto dire di no. Totuccio voleva scrivere una lettera ai giornali, come Didier gli aveva detto che avevano fatto due figli di mafiosi molto più grandi di lui.

Erano successe troppe cose terribili, Suor Annunciazione non aveva visto la scena di Calogero Valaci travestito da clown che rinunciava ad uccidere Didier. Il dottor Gemito le aveva anche raccontato della morte del boss mafioso avvenuta mentre cercava di uccidere il maggiore Hansen a cui si era consegnato. Improvvisamente tutto l’inferno si era riversato sull’ospedale scuola e sui suoi poveri ragazzi. Pensava a cosa sarebbe potuto succedere se Didier avesse perso il sangue freddo ed avesse sparato allo strano clown armato. Le aveva raccontato tutto, di come s’era procurato la Glock e di come la tenesse pronta sotto le coperte. Parlava benissimo l’italiano ora e stava sempre a navigare su internet.

Era un trionfo della scuola Didier. Da andarne orgogliosi. Aveva trovato la foto Ansa del cartello preparato dal coordinamento dei collettivi studenteschi di Milano e provincia, l’aveva scannerizzata, riprodotta e aveva chiesto alla maestra Tina di metterla in classe. Una faccia di ragazzo con attaccato in fronte un adesivo. MAKE SCHOOL NOT WAR, e la O di not era fatta col simbolo dei pacifisti.

Aveva visto una lacrima negli occhi di Tina e davvero quella foto sembrava un successo straordinario per il loro lavoro. Questo era accaduto il giorno prima della visita del finto clown.

Ma che poteva la scuola contro la guerra? Che potevano le sue preghiere? L’impotenza le serrò la gola. Erano in piena tragedia, Totuccio si era messo a parlare con Didier, Kamal e la bambina yemenita. Voleva farsi perdonare dall’amico ruandese e non sapeva come fare… Un bambino che già doveva fare i conti con la sua malattia, era chiamato ad affrontare quella situazione e quei due grandi dolori! Aveva scoperto che suo padre stava per uccidere il suo amico e poi avevano ucciso lui! I giornali, la televisione, le radio, davano conto di tutto, con disegni che prendevano il posto delle impossibili fotografie. Lo aveva davanti agli occhi quel ritaglio di giornale con tre disegni, come un fumetto senza parole.

Nel primo riquadro c’era il padre che, voltate le spalle a due uomini, fuggiva verso una finestra aperta impugnando un enorme revolver. Doveva essere lo stesso che Gemito gli aveva visto in mano all’Ospedale. Nel secondo riquadro il padre aveva scavalcato la finestra, ma uno dei due uomini, il più anziano, lo stava per raggiungere, così suo padre aveva alzato il braccio e puntato il revolver.

Dalla finestra, nel terzo riquadro, l’uomo più giovane aveva sparato con un’automatica e Calogero Valaci giaceva a terra con un buco sulla fronte.

Tutti lo avevano consolato… Ora era lì, tra carte e registrazione ed era vicino alla fine del lavoro, la lettera era quasi pronta.

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PAPÀ ERA UN MAFIOSO, LO TRADISCO

di Totuccio Valaci

In questi giorni mi dicono che si celebra l’anniversario della morte del giudice Paolo Borsellino e decido di onorare la sua memoria, io che sono figlio di un capo mafioso che è anche un assassino. Sono arrabbiato, disgustato mi dispiace per il disastro che lui ha fatto della mia famiglia e del mio cognome. Voglio chiedere scusa a tutti quelli che ha trattato male, a cominciare dal mio amico Didier che lo voleva ammazzare, e che mi ha già perdonato, ma non mi basta. Non sapevo che dire e una cosa che ha detto Saviano in televisione mi ha aiutato. Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i cavalieri spagnoli, mi fanno ribrezzo ed anche mio padre mi faceva spavento, che mi diceva che a scuola, sulla Mafia, mi avevano detto stupidaggini.

Lo voglio dire perché a me mi possono solo ammazzare, ma morirò lo stesso anche se non mi ammazzano loro. Così per me è più facile. Lo so che della mafia non bisogna parlare, che c’è l’omertà ma quando mi hanno detto che l’avevano ammazzato mentre cercava di eliminare un poliziotto, ormai tutto il dolore l’avevo provato e non avevo più nemmeno lacrime per piangere. Poi parlando con Suor Annunciazione sono riuscito a tirar fuori una delle cose che volevo dire. La famiglia non giustifica. Papà ha fatto male, anche se alla fine per fortuna Didier non l’ha ammazzato. Ma poi hanno ammazzato lui.

Chiedo scusa ai bambini di Montelusa, quelli tranquilli, che stanno bene e hanno genitori normali, che mio padre poteva ammazzare, che non si meritano la mafia o che dovevano pagare il pizzo. Mi spiace solo che sia riuscito ad ammazzare tanta gente. E scusate se dico pure che son contento di aver conosciuto Didier e Kamal, che ha un fratello rinchiuso nel carcere nero di Al Aaiún e lo processeranno alla Corte marziale. Perché Didier e Kamal prima erano come mio padre ma a star qui, con poco tempo, solo con la scuola e l’ospedale sono diventati buoni e calmi e sinceri e onesti, come voglio essere io. E abbiamo messo in classe un cartello dove si dice che è meglio fare la scuola che la guerra. E mentre parlo di loro e di mio padre voglio parlare di due uomini che erano così e si chiamavano Bernardo e Pellegrino ed erano i miei nonni, che da quando ero piccolo non ci sono più ma voglio ricordarmi di loro, tranquilli e grandi lavoratori che pescavano, zappavano e pascolavano le capre, perché voglio che siano loro la mia famiglia e allora non mi vergogno e sono loro la radice della pianta di casa mia!

Questo l’ho letto e l’hanno scritto altri bambini come me e lo voglio dire pure io! E posso anch’io, se loro pensano anche ai miei nonni stare con la testa alta e sperare che la gente ricordandosi di Valaci si ricordi di me e di loro, anche se Pellegrino non si chiamava Valaci, che era il nonno materno, si ricordi di me e di Bernardo e non di Calogero. Così papà lo tradisco, lo so e provo dolore a dirlo e farlo, ed alla fine non è vero che non me ne importa che è morto male, perché gli volevo bene e lui quando mi sono ammalato gli dispiaceva tanto. Ed era gentile e premuroso e diceva che mi voleva bene. E può essere vero dato che alla fine Didier non l’ha ammazzato davanti a me e ha deciso di pentirsi, che ormai avrebbero ucciso pure lui se non obbediva. E dico pure, come ho letto sul computer, che la mafia è solo una mucchio di merda… e non lo sapevo e te li incontri dovunque i mafiosi e magari ci vivi insieme e non lo sai e ti sembrano normali, come i padri degli altri, e cerchi di giustificarlo e di capire e speri che non sia cattivo, ma poi scopri che lo era. Questo volevo dire e l’ho detto per gli altri, forza e coraggio che ci sono quelli che vi vogliono bene e vanno avanti. Ed anch’io ho ancora gente che mi vuole bene e me ne vorrà finché campo.

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Era rimasto molto delle parole di Totuccio e aveva tolto molte ripetizioni che avevano tirato fuori da una vecchia lettera di figli di mafiosi pubblicata su internet. Ma aveva lasciato l’anacronismo del contemporaneo anniversario della morte di Borsellino. Ci stava troppo bene, adesso che non si conoscevano ancora bene tutti i mandanti.

Quante tragedie. Suor Annunciazione si inginocchiò di nuovo accanto al letto, pregò a lungo, la sera arrivò e la trovò ancora inginocchiata, ma aveva smesso di pregare e stava pensando ad un aviatore che qualche volta sperava di sognare.

(continua)

(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).

Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.

Qui le modalità per l’acquisto del libro.

Le puntate precedenti

Prima puntata

Seconda puntata

Terza puntata

Quarta puntata

Quinta puntata

Sesta puntata

Settima puntata

Ottava puntata

Nona puntata

Decima puntata

Undicesima puntata

Dodicesima puntata

Tredicesima puntata

Quattordicesima puntata

Quindicesima puntata

Sedicesima puntata

Diciassettesima puntata

Diciottesima puntata

Diciannovesima puntata

Ventesima puntata

Ventunesima puntata

Ventiduesima puntata

L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

http://www.luigicalcerano.com

http://www.giuseppefiori.com

Calcerano e Fiori

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