Home » Racconti ed esperienze » ClanDESTINI (tredicesima puntata)

ClanDESTINI (tredicesima puntata)

Pubblicato il: 28/06/2010 16:37:15 - e


Così dicendo Phantom si sedette, esausto, sul letto. “Tu non sei mai morto” mormorò Didier convinto “e non puoi morire. Sei un'ombra immortale che traversa i secoli e i continenti raccontando le sue storie... ed aiutando i più indifesi, anche quando è difficile distinguere gli uomini dalle belve”.
Il giallo a puntate di Education 2.0 ambientato nella scuola in ospedale fa tappa in Africa e svela un nuovo ruolo per il suo piccolo protagonista, Didier, bambino soldato.
Print Friendly, PDF & Email
image_pdfimage_print

“Una storia lunga, la mia, comincia tanti anni fa, agli inizi del millecinquecento nella baia del Bengala, dove la barca di sir Richard Stand, un gentiluomo inglese, fu assalita dai pirati… i Singh gli uccisero il vecchio padre. Incredibilmente si salvò, mentre i pirati saccheggiavano la nave venne una tempesta, e finì il massacro. La tempesta affondò la nave inglese e quella dei pirati, sir Richard rimase aggrappato a un relitto. Riuscì a mettere insieme, col legname galleggiante e corde, una zattera improvvisata e dopo giorni e giorni di stenti, senza cibo né acqua, approdò debole e delirante sulle più vicine coste.”

“È tremendo rimanere in acqua aspettando la morte.”

L’Uomo mascherato lo guardò e annuì.

Didier non riusciva a vedere bene i suoi occhi sotto la maschera, ma aveva una sguardo che non aveva mai incontrato; parlò lentamente: “Mi hanno arruolato che avevo 6 anni perché la guerra non era ancora finita, e presto ho ucciso il mio primo uomo, un traditore, il nostro comandante ce li lasciava a noi più piccoli i traditori perché diceva che non avevamo pietà. Ma ora, qui” si passò il dorso della mano sulla fronte “sento pietà di me… e degli altri.”

“Ho conosciuto tanti bambini come te: l’ultimo, in Congo, si faceva chiamare Dick, ti somigliava. Sapeva come torturare un uomo col coltello, senza affondare mai la lama, prima di finirlo con un colpo alla gola. Quando gli ho parlato, era debole e delirante, proprio come te adesso, ma aveva ritrovato anche lui la pietà.”

Didier lo ascoltava rapito, guardava le magnifiche fondine delle pistole, vedeva pure, a tratti, come nei disegni dei fumetti, la calzamaglia aderente che gli faceva risaltare la muscolatura. Sentiva con chiarezza quella voce, come dentro di sé, che continuava il racconto.

“L’uomo stava per arrendersi, per cedere a un destino che l’aveva travolto. Ma non fu così che andarono le cose. Una tribù di pigmei, più piccoli degli hutu, ritrovò sir Richard e lo curò, proprio come fanno con te questi italiani della scuola-ospedale… Non avevano mai visto un uomo bianco ma lo accolsero con umanità e rimasero per sempre suoi amici. Può succedere anche con gente di razza diversa. Alcuni giorni dopo il corpo di un pirata Singh con indosso indumenti europei fu ritrovato sulla stessa spiaggia e sir Richard Stand assistette dalla sua capanna alla eliminazione rituale di quel cadavere, gettato nelle fiamme.”

Si passò una mano sugli occhi, come fosse immensamente stanco. “Riconobbe, nei vestiti rubati, quelli che aveva indosso suo padre al momento dell’assassinio, la vita è strana: voleva dire qualcosa se la sorte gli aveva gettato il cadavere dell’assassino di suo padre nella stessa spiaggia dove lui era naufragato. Si fece portare il teschio del pirata. Su quel teschio” disse l’uomo alzandosi dal letto e avvicinando la sua faccia a quella di Didier“ sir Richard Stand, il primo Uomo Mascherato della storia, giurò vendetta contro i crudeli Singh.”

Ora Didier non vedeva più la maschera ed il costume, vedeva ancora i suoi occhi, erano seri, magnetici e protettivi nei suoi confronti.

“Con quel giuramento impegnò se stesso e i propri discendenti nella lotta contro le barbarie e l’ingiustizia, la guerra e lo sfruttamento, le sue azioni derivarono da quei fatti straordinari. Così nacque un personaggio, un eroe, che in altre condizioni non avrebbe avuto nessuna intenzione di essere tale. Da allora di padre in figlio si passarono il testimone di quel giuramento. E di quella responsabilità tremenda. Tu hai fatto bene a scappare, vogliono la tua morte, stai in guardia… è un’ombra ormai stanca che te lo chiede, un’ombra che potrebbe svanire.” Così dicendo Phantom si sedette, esausto, sul letto.

“Tu non sei mai morto” mormorò Didier convinto “e non puoi morire. Sei un’ombra immortale che traversa i secoli e i continenti raccontando le sue storie… ed aiutando i più indifesi, anche quando è difficile distinguere gli uomini dalle belve. Ci vuole uno come te. Mi vogliono uccidere perché so un’altra cosa, una cosa tremenda…ci fanno combattere in guerra come bestie, ma perché? Son tutti pronti a tradire!”

L’Uomo Mascherato si alzò, sorrise tristemente “Per questo te ne sei andato.” Scosse la testa e riprese a parlargli lentamente, ma Didier cominciava a non capire più le parole di quell’Ombra, lo vedeva anzi ondeggiare, muoversi debolmente, cercò di imprimere la figura nella sua memoria, non vedeva più bene i muscoli possenti sotto la calzamaglia, le due enormi fondine nere che pendevano sui fianchi, la maschera nera. Ma più di tutto non riusciva a vedere i suoi occhi.

Ormai il fantasma si stava allontanando, era già in fondo alla corsia, gli pareva ci fosse anche Diavolo, il suo cane, anzi il lupo. Il ragazzo fece appena a tempo a chiedergli “Da che parte mi verrà il pericolo?”

L’Ombra che cammina si voltò, si avvicinò di nuovo al letto, poi poggiò le mani sulle spalle di Didier e rispose “Da qui dentro. Qui dentro c’è il pericolo…”

***

Rosalio, l’infermiere, si aggirava nella corsia senza fare il minimo rumore, era abituato a muoversi al buio tra i letti dei piccoli malati addormentati. Sotto il braccio aveva un involto che teneva stretto.

Kamal era sveglio, con gli occhi socchiusi. Vide, in lontananza, di spalle quel camice bianco e istintivamente scostò le coperte.

L’infermiere si avvicinò al letto di Didier e sorrise, portò la mano sotto l’involto ed estrasse un oggetto scuro. Kamal scese dal letto e, a piedi nudi, si avvicinò per guardare la scena. Lio aveva abbassato le spalle e infilato la mano sotto il cuscino di Didier. “Ti ho anche portato un regalo” sussurrò.

Kamal affrettò il passo, strinse i pugni e si chinò per vedere meglio, la mano dell’uomo sotto il cuscino stringeva una grossa pistola automatica, maledizione, col cuscino l’esplosione non avrebbe svegliato nessuno e un solo colpo in testa sarebbe bastato ad ammazzare l’amico.

“È una Glock! Quella che volevo!” la impugnò felice ed estrasse e reinserì il caricatore. Poi ripensò alle parole dell’infermiere. “Regalo? Te l’ho pagata, anche troppo“ rispose Didier a voce bassa, ficcando l’arma sotto le lenzuola“ spero che tu mi abbia portato almeno due scatole di proiettili.”

Lio alzò le spalle e sistemò l’involto sopra la coperta, poi lo aprì. Kamal si era avvicinato, salutò i due con un cenno del capo.

“Una” ammise Lio storcendo la bocca.

“Una sola scatola!?” voleva essere scontento ma non ci riusciva, era troppo soddisfatto per la Glock.

“Che ti servono due scatole? Ti ho portato un regalo, però, una radio. È cinese!”

“E che ci faccio?“ Didier aveva fatto sparire subito la scatola dei proiettili e studiava la radio alla poca luce che veniva dalla finestra.

“Bella!” Kamal gli tolse di mano l’apparecchio “Ci possiamo sintonizzare sulle nostre frequenze… con un po’ di fortuna” individuò i comandi, abbassò il volume ed aprì l’interruttore “Funziona, è un ricevitore multibanda digitale, dovremmo riuscire a prendere…” S’interruppe, aveva vista l’impronta lasciata da qualcuno che s’era seduto sul letto.

“Sai come fare? Mi aiuti a prendere anche Radio Rwanda?” gli chiese Didier speranzoso “Vorrei sentire le ultime notizie… e poi c’è la nostra soap-opera!”.

“So trafficare bene con le radio” assicurò Kamal, alzando senza volere la voce. “Adesso ci proviamo subito!”

Totuccio, accanto a loro, si lamentò che non poteva dormire.

L’infermiere guardò i due ragazzini, li aveva fatti felici con poco. Gliela avevano presa su eBay e l’aveva pagata solo cinquanta euro, ma era un gioielletto, i cinesi ci sapevano fare con l’elettronica a basso costo.

Era stata Ceccina, sua moglie, a spingerlo a un po’ di generosità. “Con quello che abbiamo ricavato con il sassolino” aveva detto “oltre la Glock che hai rimediato, gli possiamo anche fare un regaluccio, così magari può risentire la lingua di casa.”

Lio, si mosse per uscire.“ Che se poi le vostre radio africane hanno i siti web “li informò prima di allontanarsi“ anche su internet potreste provare!”

(continua)

Foto di Lidia Maria Giannini, studentessa, anni 12.

(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).

Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.

Qui le modalità per l’acquisto del libro.

Le puntate precedenti

Prima puntata

Seconda puntata

Terza puntata

Quarta puntata

Quinta puntata

Sesta puntata

Settima puntata

Ottava puntata

Nona puntata

Decima puntata

Undicesima puntata

Dodicesima puntata

L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

http://www.luigicalcerano.com

http://www.giuseppefiori.com

Calcerano e Fiori

13 recommended

Rispondi

0 notes
526 views
bookmark icon

Rispondi