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Tito Mameli, Maestro

Pubblicato il: 05/04/2013 11:08:32 -


Testimonianze di vita vissuta che innescano riflessioni di ampio respiro: da come nasce il linguaggio, a come lo si apprende, fino alla comprensione del ruolo del maestro nella scuola primaria. Pensieri dell’autore che prendono voce nella sua intervista al filosofo Maurizio Matteuzzi.
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Il 22 Dicembre 2012, a un mese dalla sua scomparsa, mio padre è stato ricordato nella Biblioteca del Comune di Perdasdefogu, dov’era nato.
Ricordato come maestro elementare, da alcuni dei suoi alunni.

Nella foto sopra sono attorno a me Giuseppe Martiri, noto Peppino, alunno di Tito Mameli nelle sue prime supplenze in sostituzione del maestro Felice Mameli, nel 1944, e Martina Manai, alunna dell’ultima classe avuta da babbo, a Quartu S. Elena, nel 1984.

Ascoltare quelle testimonianze mi ha fatto pensare al valore della scuola primaria, in particolare per la formazione del linguaggio, ma anche per quanto concerne le competenze matematiche e scientifiche.

Per provare a ragionare più compiutamente su questi processi del pensiero ho interpellato il filosofo Maurizio Matteuzzi.
Di seguito riporto la breve intervista che mi ha concesso.

D: Cosa c’è all’origine dell’alfabetizzazione linguistica?
R: Sull’origine del linguaggio si sono scritte ed elaborate le più diverse teorie. E così pure sul suo apprendimento e sulla didattica da tenersi a suo sostegno.
La qual cosa risulta in fondo naturale, se è vero che il linguaggio è quanto di più peculiare caratterizzi la specie homo sapiens sapiens: ripetiamo con Aristotele “mónos ánthopos lógon échei”, solo l’uomo ha il linguaggio. Dove “lógos” non vuol dire semplicemente “parola”, o “linguaggio”, ma altrettanto bene “ragione”, “rapporto”, “relazione”. Impossibile distinguere: per Aristotele sono la stessa cosa.
Così il famoso quesito: le categorie aristoteliche, i generi sommi in cui Aristotele organizza l’essere, sono nel linguaggio o nel mondo, sono semantiche o ontologiche, è totalmente fuor di luogo: per Aristotele sono l’uno e l’altro contemporaneamente, perché semantica e ontologia sono la stessa cosa: il linguaggio organizzato, ovvero la ragione discorsiva, costituisce la semantica prima, l’ossatura della conoscenza.

D: Si impara a parlare riassumendo in pochi mesi un’evoluzione di migliaia di anni?
R: Il problema di come nasce il linguaggio e di come si apprende sono intimamente legati, o quantomeno possono essere visti in stretta correlazione, se vogliamo positivisticamente accettare la congruità dell’ontogenesi e della filogenesi: è assai plausibile che l’individuo ripercorra la storia remota della sua specie.
E allora, come è nato il linguaggio?
Da un lato l’evoluzione dei suoni, la regolarità delle situazioni che si nota nei millenni, fino a che un suono finisce con l’essere sintomatico, e, lentissimamente, acquisisce un significato; da un altro, la comunicazione iconica, il disegno rappresentativo, a volere catturare il mondo esterno e fare perdurare le sensazioni al di là della presenza dell’oggetto.
Così, nel ripetersi all’infinito dello stesso urlo di terrore, un certo suono finisce nella parola “leone”.
D’altra parte, la figura beneaugurante del cervo che caccerò domani, graffiata sulla parete della grotta, che già di per sé è dotata di un rimando al mondo, per somiglianza diretta, dovrà pure prima o poi essere resa fonetica, cioè trasmissibile, per potere staccarsi dal fondo della caverna e librarsi nel mondo, per gli altri.

D: E in tutto questo qual è il ruolo degli insegnanti della scuola primaria?
R: Per capire fino in fondo la funzione del maestro io partirei da una constatazione che riguarda i casi di ritrovamento di bambini allevati da animali e in seguito ritrovati (si veda ad esempio Anna Ludovico, “Anima e Corpo. I ragazzi selvaggi alle origini della conoscenza”, Aracne, Roma, 2001).
La più volte constatata impossibilità di rieducazione dimostra che c’è un tempo proprio per imparare il linguaggio, passato il quale l’apprendimento diventa impossibile.
Che ragione può esserci di questo fenomeno se non quella che, assieme al linguaggio, si sviluppa altrettanto l’intelligenza, persino nella stessa fisicità del cervello?
Seguendo una metafora informatica, potremmo dire che l’hardware si sviluppa e si accresce in concomitanza con il software. E se l’hardware non si è evoluto, non ci sarà più un processore, una CPU, una Ram in grado di fare girare quei programmi.
Il bambino allevato dalle scimmie, o dai lupi, e ritrovato a, poniamo, dodici anni, non imparerà mai più a parlare: non gli manca certo l’apparato fonetico, che ci è dato fisiologicamente, alla nascita; mentre lo sviluppo del cervello va conquistato, e in questo l’individuo non è autosufficiente, non basta a se stesso.
Ecco, la saggezza aristotelica, il senso del “lógos”, ecco perché ragione e linguaggio fanno tutt’uno.
Il maestro appare allora il demiurgo del cervello stesso dei nostri figli, colui che ne completa il concepimento conferendo loro l’umanità, dotandoli della liberazione dallo stato ferino.

Maurizio Matteuzzi (1947) insegna Filosofia del linguaggio (Teoria e sistemi dell’Intelligenza Artificiale) e Filosofia della Scienza presso l’Università di Bologna.
Studioso poliedrico, ha rivolto la propria attenzione alla corrente logicista rappresentata da Leibniz e dagli esponenti della tradizione leibniziana, maturando un profondo interesse per gli autori della scuola di logica polacca (in particolare Lukasiewicz, Lesniewski e Tarski).
Lo studio delle categorie semantiche e delle grammatiche categoriali rappresenta uno dei temi centrali della sua attività di ricerca.
Tra le sue ultime pubblicazioni: “L’occhio della mosca e il ponte di Brooklyn – Quali regole per gli oggetti del second’ordine?” (in “La regola linguistica”, Palermo, 2000), “Why Artificial Intelligence is not a science” (in Stefano Franchi and Güven Güzeldere, eds., “Mechanical Bodies, Computational Minds. Artificial Intelligence from Automata to Cyborgs”, M.I.T. Press, 2005), “La teoria della forma” (Roma 2012).
Ha svolto il ruolo di coordinatore di numerosi programmi di ricerca di importanza nazionale con le Università di Pisa, Salerno e Palermo.
Fra il 1983 e il 1985 ha collaborato con la IBM e, a partire dal 1997, ha diretto diversi progetti di ricerca per conto della società FST (Fabbrica Servizi Telematici, un polo di ricerca avanzata controllato da BNL e Gruppo Moratti) riguardo alle tecniche di sicurezza in informatica, alla firma digitale e alla tecniche di crittografia. È tra i promotori del gruppo dei “Docenti Preoccupati”.

Andrea Mameli (1965) lavora al CRS4 – Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori – in Sardegna dal 1996, dove coordina il gruppo di comunicazione.
Laurea in Fisica (Università di Cagliari) e Master in Comunicazione della Scienza (Sissa, Trieste).
Ha scritto un libro illustrato per bambini, “Alieni in visita. Esplorazioni scientifiche nel cosmo” (Taphros, Olbia, 2010) e due saggi: “Scienziati di ventura. Storie di cervelli erranti, tra la Sardegna e il mondo” (CUEC, Cagliari, 2007) e “Manuale di sopravvivenza energetica” (Scienza Express, Torino, 2011).
Cura un blog di divulgazione scientifica e tecnologica: Linguaggio Macchina.

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Andrea Mameli

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