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Esami di Stato dell’immaturità

Pubblicato il: 25/06/2012 15:52:09 -


Se vogliamo che la scuola prepari giovani seri, studiosi e riflessivi e non soggetti pronti per talk show e vaniloqui mediatici evitiamo di offrire per le prove finali spunti imprecisi utili solo a riempire di luoghi comuni i fogli protocollo.
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Un’abitudine da vecchia insegnante di liceo che attualmente presta la sua opera in una facoltà universitaria, mi porta a leggere ogni anno con interesse e curiosità i testi della prima prova dell’esame di stato conclusivo del percorso scolastico secondario (ma quando è tornato in auge il termine maturità? non era stato saggiamente cancellato perché considerato, giustamente, fuori contesto?).

La prima prova chiede ai giovani di presentare il prodotto, l’esito di quanto hanno appreso, riuscendo a concentrare il senso di tutto questo nel reagire allo stimolo che la traccia prescelta presenta. Si tratta di una prova impegnativa e non solo per chi sostiene l’esame, ma soprattutto per chi propone la traccia; ho sempre considerato ogni singola traccia una specie di biglietto da visita: lo stato esprime il senso che attribuisce al lavoro che la scuola produce, chiede al giovane di misurarsi, esprimendo consenso o argomentato dissenso, rispetto a questo senso (se il tutto è corredato da conoscenze solide e non solo vaghe assonanze e opinioni, tanto meglio).Non la voglio far lunga e reagisco al biglietto da visita presentato questo anno.

Nella tipologia A, analisi del testo, si scaraventa lì un pezzo di Montale che viene liquidato, più che presentato, con poche righe (copio e incollo per non sbagliare) “Eugenio Montale (Genova, 1896 – Milano, 1981) è noto soprattutto come poeta. Merita però di essere ricordato anche come prosatore. Lo stesso Montale raccolse in ‘Farfalla di Dinard’ (Prima ed. 1956) e Auto da fé (Prima ed. 1966) scritti in prosa apparsi in precedenza su giornali e riviste. Il brano che si propone è tratto da un testo pubblicato originariamente nel ‘Corriere della Sera’ del 7 novembre 1961”.

Seguono tre indicazioni di lavoro: Comprensione (si chiede un riassunto!); Analisi di testo (si tratta di quattro quesiti di “comprensione approfondita” del testo, non di analisi, più un quinto quesito che chiede di esprimere le osservazioni e i commenti personali); Interpretazione complessiva ed approfondimenti (“Sulla base dell’analisi condotta, ricerca la ‘visione del mondo’ espressa nel testo e approfondisci la ricerca con opportuni collegamenti ad altri testi di Montale. Alternativamente, soffermati sul grado di attualità/inattualità dei ragionamenti di Montale sul lavoro e sul tempo”).

Qui veramente sono rimasta basita, l’esperto, il pool di esperti che ha formulato il quesito, chiede di fare un’operazione spericolata, se la lingua italiana non è una opinione, lo studente dovrebbe alternare osservazioni sul lavoro e sul tempo? O forse invece il suddetto pool voleva dire in alternativa: non avendo lo studente la possibilità di fare opportuni collegamenti ad altri testi di Montale, in alternativa ecc. Spero che qualcuno spieghi.

La tipologia B ripropone l’annosa e non risolta questione del saggio breve o dell’articolo di giornale, dando libertà allo studente di utilizzare in tutto o in parte “il documento o i dati forniti”. Cerco dati e documenti e non li trovo. Per il primo argomento trovo tre riproduzioni di quadri di cui si fornisce solo autore, titolo e anno di produzione (non si indica nemmeno il museo in cui sono conservati), e quattro citazioni di testi di autori, corredate di una sintetica e sciatta indicazione bibliografica (mancano le indicazioni delle pagine ecc.). Per gli altri tre argomenti trovo solo citazioni di vari testi, con la solita sciatta e incompleta indicazione bibliografica. Tutti gli autori da cui sono tratte le citazioni sono importanti, ma non vengono presentati, semplicemente accostati uno all’altro (da Ariosto a Borges, da San Tommaso a Rousseau, da P. Greco a Margherita Hack ecc.).

Per la tipologia C si propone un pezzo da Hanna Arendt tratto dalla “Banalità del male”, qui l’indicazione bibliografica è più estesa (Hannah Arendt, “La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme”, Feltrinelli, Milano 1964, dal “Capitolo settimo: La conferenza di Wannsee, ovvero Ponzio Pilato”), ma il testo è solo un pretesto, in tono sbrigativo la traccia si conclude così: “Il candidato, prendendo spunto dal testo di Hannah Arendt, si soffermi sullo sterminio degli ebrei pianificato e realizzato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale”.

La tipologia D merita solo una riga da Paul Nizan “Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita” (Paul Nizan, “Aden Arabia”, 1931): “Il candidato rifletta sulla dichiarazione di Nizan e discuta problemi, sfide e sogni delle nuove generazioni”.

Anche Nizan è un pretesto, non mi risulta che questa frase possa essere definita una dichiarazione, se qualche studente penserà che Nizan era uno statista, un politico, un soggetto pubblico responsabile di dichiarazioni ufficiali o ufficiose, non potrà certo essere penalizzato.

Mi scuso se risulto un’antipatica insegnante con la “matita rossa e blu” in mano, ma se vogliamo che la scuola prepari giovani seri, studiosi e riflessivi e non soggetti pronti per talk show e vaniloqui mediatici (e la scuola si sforza in un lavoro molto impegnativo per coltivare nei giovani pensieri e non chiacchiere) evitiamo di offrire per le prove finali spunti imprecisi utili solo a riempire di luoghi comuni i fogli protocollo.

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