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Alfabetizzazione come educazione alla cittadinanza

Pubblicato il: 10/01/2024 02:16:21 -


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Una doverosa premessa

 E’ difficile affrontare questo problema nella situazione attuale, nel momento in cui  tutti gli equilibri/disequilibri, che finora  sono serviti come  descrittori dei contesti politici e socio-culturali delle trasformazioni in atto, sono violentemente messi in discussione e si evidenziano più drammatici  dis-equilibri che linee evolutive.

(Le analisi di seguito esposte riguardano gli anno 2021 e 2022, pubblicate nei primi mesi del 2023)

I Saperi necessari

Quali sono i saperi necessari oggi ai cittadini del mondo globale? E’ questa la domanda presente nei rapporti che UNESCO ed OCSE dedicano allo stato dei processi di formazione  nei vari paesi,  ai risultati  conseguiti ed ai problemi emergenti. Mancano ancora i dati relativi alla indagine PIAAC OCSE 2 perché, a causa del covid,  l’indagine, avviata nel 2018 ( 30 i paesi partecipanti), si è svolta tra settembre 2022 e luglio 2023,  quindi i risultati saranno disponibili solo nel 2024. Tuttavia è interessante notare che i documenti preparatori e l’articolazione delle ricerca permettono di cogliere come il nuovo  ciclo  si colloca nella logica della domanda sui saperi necessari,in relazione alle profonde trasformazioni che si sono prodotte/si stanno producendo nelle società di riferimento e che erano ben evidenti  già   prima della pandemia e dei drammatici eventi bellici degli ultimi due anni.  

Accanto alle abilità cognitive, il nuovo ciclo di PIAAC identifica le  abilità sociali ed emotive come  “competenze chiave”, necessarie per il successo nel mercato del lavoro e nella vita, e le correla con i risultati di apprendimento attesi dai  diversi sistemi di istruzione e formazione. E’ evidente che si tratta di abilità che mostrano elementi di continuità ed elementi di cambiamento nel tempo e con l’età, sia per quanto riguarda gli individui sia in relazione alla presenza / non presenza di un’attenzione  del discorso pubblico/istituzionale a queste tematiche. Per questo motivo è presente un modulo facoltativo ( che non è stato scelto per l’indagine in Italia)  rivolto ad un campione di datori di lavoro che indaga  sulle difficoltà riscontrate nella ricerca di lavoratori “ competenti” e quindi  sulla capacità delle  politiche di mettere in atto strategie adatte ed efficaci.

Education  GRALE  5  Global Report Adult LEarning offre una  nuova riflessione sui processi di literacy che ormai devono e dovranno  sempre più comprendere l’educazione alla cittadinanza, come elemento essenziale della alfabetizzazione. 

A partire da quanto  l’Unesco ha già prodotto negli anni sulla alfabetizzazione di base, definendola  come strumento fondamentale, precondizione all’esercizio di una cittadinanza democratica ed a un positivo  inserimento sociale entro le comunità accoglienti, questa prospettiva oggi deve essere rapportata a situazioni nuove.  “Trasformare il nostro mondo “ è l’obiettivo che sintetizza i 17 goal dell’SDG (Sustainable Development Goals  agenda per il 2030). Porsi  questo obiettivo significa intendere l’alfabetizzazione come pratica sociale: azione agita da un soggetto, che  attiva le sue potenzialità trasformative nella prospettiva del cambiamento. Non si tratta solo infatti di operare in riferimento alla realtà in cui si è inseriti, ma di disporre di strumenti adatti ad orientare ed orientarsi per collegarsi  con altri mondi e società.  

“Quanto più la persona è alfabetizzata tanto  più è  capace di impegnarsi nel mondo che è fuori dal  proprio villaggio e comunità di riferimento” . 

Già esistono attività di EDA orientate in questo senso, ma ancora mancano studi precisi sugli effetti/ risultati di una formazione volta a promuovere impegno politico, coesione sociale, tolleranza della diversità, prevenzione e risoluzione dei  conflitti, con lo scopo di  costruire le “condizioni della pace”. In queste esperienze si evidenzia bene la necessità di cambiare i metodi di insegnamento per finalizzarli allo  sviluppo di  creatività e autonomia.

L’educazione alla cittadinanza riguarda tutti, non solo i migranti

Educazione alla cittadinanza, questa è la riflessione fondamentale del rapporto di quest’anno, non significa solo rivolgersi alla popolazione immigrata ma anche alla popolazione “ospitante”: nel mondo attuale circa  una su 10 persone è  migrante intra-nazionale o internazionale ed una  su otto fugge da conflitti, catastrofi naturali e povertà.  

Nel 2016 una indagine dell’IPSOS ( Indagini sociali di mercato e sulle opinioni)  metteva  già in luce come l’aumento dei migranti suscita la crescita di sentimenti  anti- immigrati nei paesi ospitanti, questo riguarda anche i rifugiati, che spesso sono considerati incapaci di integrarsi e non vengono naturalizzati come cittadini. 

Quanto spesso si sente ripetere la frase “nel nostro paese ci sono troppi immigrati !“.  GRALE  formula una sorta di programma di formazione per le popolazioni ospitanti ed indica quali temi devono essere trattati per   coltivare spirito di tolleranza e combattere   gli stereotipi di coloro che sono/ si presentano  come anti –immigrati.  Gli immigrati  devono essere aiutati ad adattarsi   e a comprendere le norme culturali, sociali e politiche dei paesi dove sono giunti, per diventare attivi  nelle nuove società in cui vivono, promuovendo interventi atti ad impedire che si formino, tra gli immigrati stessi, gruppi  posti ai margini: in genere si tratta di gruppi di soggetti vulnerabili ( giovani, donne ecc. ). 

Le società multiculturali si trovano di fronte alla sfida di dar vita a “stati nazione”, che incorporano   Cittadini diversi,  e a  stabilire  un insieme  condiviso/condivisibile di valori , ideali  e obiettivi per  tutta la popolazione. 

Questi valori (diritti umani, giustizia, eguaglianza) possono garantire libertà a gruppi culturali etnici e religiosi diversi, rendendoli capaci di sperimentarla, imparando a gestire la tensione tra unità e diversità ed agendo in questa prospettiva. 

Molto spesso le politiche di integrazione trattano i migranti come se fossero strutturalmente mancanti di competenze, saperi, ecc., è questo pregiudizio che rende impossibile ai migranti di dimostrare  e costruire a partire dai capitali  di culture e competenze  che possiedono. 

Gli studi sulla ALE ( Adult learning education) evidenziano come  spesso gli stessi interventi formativi  tendono a rinforzare un messaggio fortemente escludente:  i nuovi arrivati devono abbandonare i patrimoni socio -culturali delle loro  origini, le loro abitudini, la loro lingua ecc ...
Già GRALE 3( 2013) aveva mostrato  come il riconoscimento nel paese ospitante del sapere posseduto possa  essere utile, spesso infatti  i migranti sono portatori di saperi e competenze importanti, utili anche nei nuovi contesti. 

Rimuovere questa barriera iniziale significa, per  i paesi ospitanti, predisporre percorsi di apprendimento flessibile,  collegabili a diverse qualifiche, attraverso accordi  istituzionali  regionali e interregionali.  Standard e accrediti potrebbero essere costruiti in modo da renderli adattabili in caso di trasferimenti e utilizzabili  anche  a livello internazionale.

Appare utile concludere queste letture con un riferimento al recente OECD International Migration Focus 2023- 

I temi trattati sono:

  • Sviluppi recenti dei movimenti migratori e delle politiche  dedicate
  • Impatto della guerra di aggressione russa all’Ucraina (oggetto di un  capitolo specifico)
  • Recenti cambiamenti delle modalità di inclusione nel mercato del lavoro dei migranti nei paesi OCSE

Due capitoli approfondiscono questi argomenti:

  •  I modelli di fertilità della popolazione migrante nei paesi OCSE
  • La relazione tra formazione delle famiglie e effetti sull’inserimento nel mercato del lavoro delle donne immigrate

Il focus, pubblicato a gennaio dell’anno 2023, evidenzia, in estrema sintesi, che la migrazione di quanti vogliono restare nei paesi OCSE è cresciuta del 26% nel 2022 rispetto al 2021 (sono 6.1 milioni) e che i primi dati rilevati nel 2023 suggeriscono ulteriori aumenti.

 La migrazione per motivi familiari è la categoria prevalente per i nuovi arrivi (il 40% intende restare “permanent migration”), la migrazione contrattata/ gestita (managed) per il lavoro e la mobilità libera ( free mobility) riguardano rispettivamente il 21% dei nuovi arrivi.

I paesi di origine dei richiedenti asilo all’inizio del 2023   è prevalentemente Venezuela, Cuba, Afganistan e Nicaragua.

In più della metà dei paesi OCSE il tasso di occupazione dei migranti è il più alto degli ultimi decenni, ma i migranti spesso sono occupati in lavori poco qualificati. 

Le madri immigrate si trovano a fronteggiare condizioni di grande svantaggio nel mercato del lavoro (nell’ occupazione femminile il gap tra immigrate e native è di 20 punti percentuali). 

L’inserimento nel mercato del lavoro è molto problematico, soprattutto per i migranti in transito, questo accade anche perché molti richiedenti asilo fuggono dai paesi di origine  senza un progetto preciso, aumentando così la migrazione di transito; la conseguenza è che molti paesi OCSE hanno ristretto il riconoscimento dell’asilo, inasprito le  politiche di frontiera e ridotto la quota di quanti possono aspirare all’insediamento regolare. E’ vero che in genere si risponde ai bisogni di protezione, ma non si progettano percorsi verso  la  “residenza lunga” e si danno risposte diverse all’asilo umanitario, attraverso  programmi specifici che settorializzano i vari tipi di migrazione e rendono più difficile processi di vera inclusione.

Vittoria Gallina

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