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I diritti degli studenti

Pubblicato il: 12/04/2023 06:23:23 -


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La scuola è un continuo laboratorio in cui i docenti si trovano ad improvvisarsi “maestri/educatori” anche se l’uso del verbo improvvisare non sembrerebbe essere pertinente in ambito scolastico, in quanto potrebbe dare l’idea di una mancanza di professionalità o di programmazione, che mal si addice al profilo docente.

Eppure in un laboratorio si fa ricerca sul campo e quindi a volte potrebbe essere necessario improvvisare ovvero sperimentare e verificare come interagire su alcune variabili che coinvolgono gli esseri umani.

Di recente nella società e, quindi, nelle scuole sta prevalendo l’idea che il diritto personale sovrasti il dovere personale, soprattutto, quando entrambi appaiano inconciliabili al diretto interessato. Il diritto dello studente, in ambito scolastico, è codificato in alcuni documenti, tra cui il patto di corresponsabilità, strumento base dell’interazione scuola-famiglia, una dichiarazione di intenti di cui ciascuna scuola è dotata per ordinare i rapporti tra scuola, famiglia e studente.

Rapporti che dovrebbero improntarsi su dinamiche relazionali, atte a favorire l’apprendimento dei discenti. La necessità di normare in un documento i diritti e i doveri delle parti in causa (studenti, docenti, famiglie) non sostituisce tuttavia la possibilità di fondare l’apprendimento/insegnamento sul rapporto di stima e di rispetto con l’adulto che, in campo pedagogico, è funzionale al processo di crescita culturale del ragazzo.

Il rischio è che oggi nelle classi si parlino lingue diverse, quella dei giovani e quella degli adulti, ciascuno infatti, rifacendosi ad una società che sente più vicina, dà un significato diverso al termine diritto/dovere, dove il diritto rischia di risiedere nel settore dell’arbitrarietà e il dovere va piegato ai bisogni individuali o agli interessi di eventuali gruppi nati dalla contingenza.

La scuola investe molte energie nell’ambito della lotta al bullismo e a favore di comportamenti pro legalità, eppure alcune abitudini, spontanee nelle dinamiche dei gruppi classe, vivono una vita a sé, fatta di retaggi tribali che, sfidando le normali leggi della pedagogia e del buon senso, condizionano e sottomettono i più deboli e insicuri del gruppo.

La scuola investe oggi risorse economiche e umane in sportelli a supporto di azioni che sviluppino l’autostima degli alunni, la motivazione allo studio, la relazione in classe; gli studenti di ieri e di oggi, tuttavia, si coalizzano contro il “nemico” comune di sempre, il docente, forti di una chiamata alla rivendicazione del diritto studentesco, che compatta tutti gli alunni anche quelli che normalmente in una classe vivono ai margini.

La vulgata porterebbe a dire non è così, il docente si è trasformato in novello coach, costruendo il proprio bagaglio culturale, rispetto al passato, con nozioni docimologiche, pedagogiche e metodologiche, per cui gli insegnati hanno o avrebbero gli strumenti per svolgere il loro lavoro adeguatamente, rispettati dagli studenti che li guardano come gli adulti di riferimento.

Diversamente non si può dire con chiarezza ciò che uno studente deve saper fare e fare, oggi nel 2023, e di quali strumenti dovrà mettere nel proprio zaino (conoscenze e competenze), che in linea con l’evoluzione sociale lo aiuteranno ad inserirsi responsabilmente e in maniera attiva.

Le conoscenze di uno studente probabilmente nel tempo si sono ridotte e non perché i ragazzi abbiano un quoziente intellettivo inferiore, rispetto al passato, anzi (v. ricerche neuroscienze), uno studente nel 2023 è più fortunato, non avendo nella scuola la sola agenzia educativa di riferimento e potendo così allargare il proprio ventaglio di offerta, non più relegata ad un solo ambiente di apprendimento.

Si potrebbe dire, quindi, che, sebbene le conoscenze/contenuti forniti ai giovani dalle scuole si siano modificati, rispetto al passato, i nostri studenti hanno una conoscenza più ampia e reticolare dei loro colleghi dell’altro secolo.

Verrebbe da chiedersi, allora, perché nelle scuole i ragazzi fanno fatica ad apprendere (dispersione scolastica implicita)?

Perché continua ad esserci un divario così ampio e schizofrenico tra valutazione interna e valutazione esterna (INVALSI)?

Le scuole, soprattutto in primavera, si interrogano sulla valutazione e qualcuno continuerà a chiedersi se sia prioritario il Diritto oppure il Dovere dello studente, per garantire un percorso culturale e personale fatto di una crescita coerente (cittadinanza attiva).

Il problema posto richiede in primis che si faccia chiarezza tra il significato dato al termine Diritto e a Dovere sia in famiglia sia tra le mura scolastiche.

A nostro avviso mantenere in un equilibrio precario il diritto e il dovere non garantisce l’alunno nelle tappe della crescita culturale e personale. Resta, quindi, una domanda di fondo – A chi spetta trasmettere o far scoprire ai ragazzi il giusto equilibrio tra Diritto e Dovere?

Un tempo le famiglie e la società trasmettevano valori più certi, forse esagerando su alcune cose ma aiutando i più giovani a far chiarezza, ora viviamo nel tempo del possibile, del forse, del secondo me, tutto ciò purtroppo non aiuta nessuno né gli studenti a crescere né gli adulti ad essere educatori[1].

Il patto di corresponsabilità fissa le regole ma non educa il ragazzo a diventare adulto, perché se il diritto, come nella attuale società, è sempre prioritario, esso privilegia il proprio interesse e va  a discapito della collettività o di interessi altri, per cui il dovere è sempre quello dell’altro (docenti, scuola, famiglia, Stato) e il diritto è sempre quello “mio” personale, in una terra frequentata da ragazzi e ragazze deboli, che nascondono le loro paure, puntando l’indice sulla responsabilità degli altri, dimostrando di essere incapaci di fare una riflessione seria su: Qual è il mio dovere?

Dissertare tra diritti e doveri tuttavia non intende limitare l’analisi fatta ad un mero esercizio scolastico ma punta ad un osservatorio sociologico più profondo.  La domanda che dovrà accompagnare la scuola, agenzia educativa per eccellenza, è: Cosa ci guadagnerà la società futura, la cosiddetta società della Conoscenza da schiere di giovani che non hanno ben compreso la differenza tra l’esercizio dei diritti e l’applicazione dei doveri?

Archiviare gli episodi di negligenza, lassismo, presenti in tutte le scuole italiane, con frasi generiche del tipo ragazzate non offre un buon servizio a nessuno, i ragazzi meritano di avere delle opportunità di crescita, di costruirsi gli strumenti per leggere la realtà che li circonda, di avere un futuro educativo. Se gli adulti pensano di poter demandare al proprio ruolo di educatori, dovranno essere ben consapevoli che stanno rubando ai propri figli il futuro.

Non si intende trattare qui di banalità del male, ma di avere un legittimo dubbio, vuoi vedere che stiamo banalizzando il senso della vita delle future generazioni?

[1] Z. Bauman, Modernità liquida, 2000.

Sebastiana Fisicaro Già dirigente tecnico. Formatrice per Invalsi e Indire. Coordinatrice Rete SOPHIA 3.0.

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