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Una scuola meno precaria [parte seconda]

Pubblicato il: 12/03/2015 16:18:15 - e


L’imperdibile occasione che la “buona scuola”, con le sue ingenti misure economiche, sta per fornire, ci impone una riflessione su nuovi modelli che coinvolgano il percorso scolare fino all’educazione per gli adulti.
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Il nuovo che non avanza

La legge finanziaria del 2007, stabilendo nel medesimo quadro legislativo il consolidamento a dieci anni della scolarità obbligatoria e la riorganizzazione dell’Educazione/istruzione/formazione in età adulta a livello territoriale, attraverso reti dedicate, avrebbe potuto mettere in moto un processo positivo, ma gestione burocratica, tagli di spesa, timidezza, scarsa volontà, forse anche mancanza di idee e prospettive strategiche continuano a impedire il cambiamento, a produrre ogni anno la conta degli abbandoni scolastici e a registrare una presunta irrecuperabilità dei Neet (Not in education, employment or training). La stessa stanca e piatta gestione rischia ormai di ridurre a un vuoto, rituale esercizio linguistico la progettazione in termini di competenze e di obiettivi di apprendimento, che pure ormai compaiono anche nei documenti ufficiali del MIUR, nelle certificazioni che gli studenti ricevono ed esibiscono, nelle varie declinazioni che presenta il nostro sistema di valutazione – per fare solo qualche esempio. Qui si pone allora la domanda: cosa faranno i nuovi docenti? Saranno inscatolati nel sistema attuale di discipline poco comunicanti, in un’organizzazione di orari scolastici che riproducono la struttura di organici stabiliti in via amministrativa, che non risponde alla necessità di rendere le strutture organizzative flessibili, capaci di adattarsi a bisogni di apprendimento critico del nuovo, di rinforzo e/o di sostegno, di inseguimento delle curiosità, perché poi questo dovrebbe essere il senso della scuola? La magica parola organico funzionale sembra ora essere la saldatura tra le due esigenze primarie: stabilizzazione del precariato e nuova progettualità dell’autonomia scolastica.

L’organico funzionale

La stabilizzazione del precariato è legata alle condizioni fondamentali della sostenibilità economica del piano e del pieno utilizzo delle risorse professionali neo-assunte. L’organico delle scuole diventa così, ancora una volta, l’anello di congiunzione di queste due condizioni: infatti il previsto intervento finanziario, il più rilevante di questi ultimi anni, necessita di tutte le possibili e realizzabili economie interne, e l’unica economia interna significativa in questo campo consiste nella diminuzione delle spese per le supplenze. Per cogliere il dato essenziale di questa strategia bisogna considerare che, finora, le annuali immissioni in ruolo venivano effettuate esclusivamente per ricoprire, in tutto o in parte, cattedre rimaste senza titolare, quindi in organico di diritto. Tali contingenti di nomine lasciavano inevitabilmente scoperte le altre cattedre in organico di fatto, destinate per lo più ai docenti precari. Ecco che la variegata platea di docenti precari, nonostante le periodiche quote di stabilizzazione, sembra perfino alimentarsi ben oltre “i precari storici”. Nell’anno scolastico in corso le supplenze sono circa 135.000 complessivamente, tra annuali e quelle fino al termine dell’attività didattica (la maggior parte) e circa 70.000 sono i docenti inclusi nelle graduatorie a esaurimento impegnati nelle supplenze. L’organico di diritto è lo strumento che consente di effettuare, oltre alla mobilità del personale, i nuovi contratti a tempo indeterminato; l’organico di fatto configura la spesa effettiva per tutto il personale della scuola, inclusa quella assai rilevante per i contratti a tempo determinato, cioè le supplenze. L’organico delle scuole ha costituito nel tempo la necessaria scacchiera rigida su cui viene collocato, sulla base del numero delle classi, l’orario settimanale delle lezioni e l’orario di cattedra settimanale dei docenti: essa rappresenta un punto di equilibrio rigido tra funzionamento didattico e amministrativo delle scuole, l’organizzazione delle prestazioni professionali dei docenti e la problematica relativa al loro reclutamento. Anche se la sua connotazione di rigidità è andata via via affievolendosi e la sola parola organico flessibile appare come un ossimoro, ora la sfida è che l’organico funzionale non lo sia.

L’assunzione degli oltre centomila andrà a saturare l’intero quadro organico delle scuole italiane nel suo fabbisogno complessivo nel breve periodo e fino all’arrivo dei vincitori di concorso, quindi generalizzando i contratti a tempo indeterminato e modificando la scacchiera con la sostituzione, nelle previsioni più ottimistiche, dell’organico di fatto con l’organico funzionale. Quest’ultima è una figura già presente nell’ordinamento italiano dal 2012 (alla fine degli anni novanta fu introdotta in via sperimentale), ma finora non ha mai superato la prova del fuoco, ovvero quella di realizzare significative economie. Infatti le risorse professionali dell’organico funzionale o dell’autonomia (in buona parte i neo-assunti) saranno impiegate, come prevede il piano, per il potenziamento dell’offerta formativa, per l’estensione del tempo pieno e per le tante e importanti attività complementari all’attività didattica, ma saranno principalmente a disposizione della singola scuola o di una rete di scuole per supplire i colleghi assenti a vario titolo.

A questo punto vale la pena di fare una prima valutazione sulle potenzialità del nuovo organico e sulla funzionalità delle reti di scuole. Infatti, al di là degli aspetti di dislocazione territoriale dei docenti, il nuovo assetto organico è concepito come strumentale ad una più avanzata realizzazione dell’autonomia organizzativa e didattica dell’istituto e al connesso tema di un più razionale e proficuo impiego delle risorse professionali esistenti. Nella fascia d’istruzione primaria, dove le risorse professionali non sono ordinate in classi di concorso, l’organico funzionale può certamente privilegiare meglio quest’ultimo aspetto con un impiego più razionale e meno frammentato dei docenti. Mentre, nella fascia d’istruzione secondaria di primo e secondo grado, l’attribuzione delle risorse alle diverse classi di concorso, effettuata in modo da assicurare gli insegnamenti previsti dai quadri orario dei corsi di ordinamento e dei corsi sperimentali, non trova un facile utilizzo per l’organico funzionale. L’attribuzione delle classi di concorso alle risorse di organico funzionale è comunque effettuata con riferimento alle specifiche competenze richieste dagli insegnamenti integrativi e dalle attività previste dal P.O.F.
La potenzialità delle risorse assegnate si giocherà, dunque, nel bilanciamento di questi tre compiti:
– insegnamento curricolare;
– altre attività individuate nel Piano dell’offerta formativa;
– sostituzione docenti assenti.

Le reti di scuole sono state disciplinate per la prima volta dall’articolo 7 del Regolamento sull’autonomia delle istituzioni scolastiche n. 275/99, secondo cui le istituzioni scolastiche “possono promuovere accordi di rete o aderire ad essi per il raggiungimento delle proprie finalità istituzionali.” A questo punto emerge la necessità di un approccio più sistemico alla nomenclatura delle reti scolastiche, che finora hanno espresso soltanto significative ma sporadiche opportunità. Infatti nell’ottica di un’estensione delle risorse professionali collocate nell’organico funzionale all’autonomia, la singola rete di scuole rappresenterà uno snodo virtuale per l’organizzazione e l’utilizzazione di tali risorse. E ciò potrà realizzarsi al meglio se le singole reti, sia per le loro attività complementari alla didattica e sia per le attività gestionali, andranno a comporre un sistema sufficientemente esteso, fluido e dinamico.

Approfondimenti:
– Gallina V., Letteralismo e abilità per la vita, Roma 2006.
– Isfol Ocse PIAAC – Rapporto nazionale 2013.

Articolo correlato:
Una scuola meno precaria [parte prima], di G. Fiori e V. Gallina

*** Immagine in testata di Solo sapere

Giuseppe Fiori e Vittoria Gallina

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