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Dalle aule di un Liceo: lavori in corso sul riordino

Pubblicato il: 07/12/2009 10:35:42 -


Vedo un riordino dei licei di basso profilo, molto centrato sulle economie e poco sulle idee. Soprattutto un’operazione che elude totalmente una rilettura del profondo cambiamento sociale che ha investito i giovani che arrivano al Liceo.
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Si rinvia o no l’approvazione dei Regolamenti? Confesso che come dirigente scolastico ho tenuto per me, nella fase iniziale, le mie convinzioni. Credo che i regolamenti arriveranno. Questo non è né il mio auspicio né la mia convinzione; anzi, sono convinto che la proposta del rinvio, sostenuta dalla Flc-cgil e giustamente posta tra gli obiettivi dell’imminente sciopero generale, sia fondata e motivata. Non so se una buona riuscita dello sciopero riuscirà a conseguire questo risultato, ma sono certo che comunque esso potrà risultare molto importante anche nella fase che si sta per aprire.

Vedo un riordino dei licei di basso profilo, molto centrato sulle economie e poco sulle idee. Soprattutto un’operazione che elude totalmente una rilettura del profondo cambiamento sociale che ha investito i giovani che arrivano al Liceo.

Sopravvive, è vero, una impostazione classista. Continuano infatti ad arrivare al Liceo, soprattutto classico e scientifico, gli studenti con “buoni” e “ottimi risultati”. E questo la dice lunga sul drammatico vuoto che la scuola registra sul tema dell’orientamento. Eppure quei ragazzi sono diversi; non c’è più una rigida provenienza di classe sociale “alta” a segnare la loro scelta; la composizione sociale è sempre più eterogenea. Ed è un bene, ovviamente. Ciò significa che non le riforme o la scuola ma i processi sociali hanno rimesso in discussione il perno sul quale Gentile pensò e costruì il Liceo: la scuola delle classi dirigenti.

Insomma il Liceo si è fatto “scuola di massa”; ma allora che cosa significa, oggi, parlare di Liceo? Sono queste le domande che purtroppo non sono state poste a monte della proposta di riordino.

Nel gruppo di lavoro, intanto, c’è una bella dialettica; un confronto vero che guarda alla sostanza delle cose senza perdere la passione politica che in questi casi emerge. Sul tabellone dove si fissano i punti condivisi scompaiono i sì e i no e si inizia a scrivere. I si prevalgono ma non per un consenso più o meno esplicito alle proposte del Governo, ma per alcune considerazioni che meritano di essere segnalate:
• troppo forte il conflitto maggioranza opposizione per immaginare una tregua; anzi, nel conflitto, le ragioni politiche diventano intoccabili: i regolamenti perciò saranno varati.
• l’iter formale non sarà completo ma il Governo andrà avanti. Con contenziosi e polemiche? Si.
• il peso economico del provvedimento (ragione non certo marginale del provvedimento stesso) non lascia spazio a illusioni. Si va avanti.
• un’opposizione politica e sindacale in ordine sparso non è in grado di fermare la macchina, ma può avere ancora carte da giocare se saprà recuperare un ruolo attraverso una interlocuzione forte con il mondo della scuola. Bene lo sciopero della Flc-cgil se questo sarà il segno di una nuova fase di offensiva anche sui contenuti della manovra che avanza.

Se il gruppo di lavoro ha ragione, i regolamenti dunque ci saranno e si aprirà la fase attuativa.

Ma è proprio qui, secondo il gruppo, che esploderanno tutte quelle contraddizioni tecniche e operative che potranno ridare fiato a una capacità di iniziativa che in questi mesi è stata dormiente come è nella tradizione della scuola: gli insegnanti affrontano i problemi che concretamente si pongono; fino a quel momento “osservano”.

Ora scoprono un processo in cui non sono stati coinvolti; iniziano a leggere i testi, a scoprire che, almeno nei licei, non solo c’è una discutibilissima continuità con il passato ma persino un bel taglio ad alcune discipline. Ma allora a settembre che succede?

Succederà tutto ciò che sarà fatto entro il 27 febbraio, evidentemente.

E allora il gruppo inizia a selezionare i problemi e a dislocarli lungo un cronogramma. I Regolamenti costruiscono l’ordinamento, ma i contenuti, gli obiettivi di apprendimento? Seguiranno, affermano i Regolamenti; del resto non saranno certo i profili di uscita dello studente, così spesso retorici e generici ad offrire la soluzione del problema. Ma allora quale idea di orientamento dovranno farsi i docenti delle scuole medie e delle superiori per preparare la campagna verso l’utenza? Che orientamento è quello che elenca orari e discipline ma non il senso, il contenuto di fondo di un indirizzo? E chi (quando, con quali risorse) formerà gli orientatori per un compito così delicato?

Ogni scuola intanto simula ipotesi e annota: che succede a quei docenti che si ritrovano “tagliati”? Non si sa. Ma certamente la nostra scuola chiederà che un eventuale esubero sia gestito nella scuola stessa, lavorando sull’arricchimento della offerta formativa e sulle materie opzionali.

E quelle tabelle sulle classi di concorso… ma hanno capito al Ministero quale delicatissimo meccanismo hanno messo in moto’? Quale valanga di contenzioso è pronta ad invadere le scuole se quel lavoro non sarà fatto con estrema attenzione e il coinvolgimento pieno dei sindacati? Ma se non sono ancora chiari questi punti, come si fa a costruire gli organici per settembre? Semplicemente impossibile.

Bisogna assolutamente conquistare una fase di transizione in cui questi problemi possano gradualmente essere affrontati e risolti. A settembre bisognerà partire dalla situazione esistente, attivando quegli indirizzi che non richiedono altro organico e mettendo da parte le domande di nuove istituzioni sulle quali dovrà decidere la Regione (che intanto dovrà costruire un progetto per l’offerta formativa del territorio; operazione sostanzialmente impossibile prima delle elezioni della prossima primavera).

Nella fase di transizione bisognerà affrontare il nodo della formazione del personale, della riconversione, delle nuove tabelle delle classi di concorso e relative confluenze.

Ora che il cronogramma è completo, almeno nel suo asse fondamentale, ci si rende conto che saranno necessari almeno due anni per andare a regime. Nessuno azzarda l’eretica definizione di “fase sperimentale”, ma tutti convengono che questi saranno i tempi minimi necessari.

In quella fase, forse, sarà anche possibile recuperare un dibattito che non c’è stato e una capacità propositiva delle scuole e dei diversi soggetti che lavorano intorno e dentro la scuola, per modificare alcuni contenuti, strappandoli alla guerra di lobby che ora è in corso per aggiudicarsi gli ultimi premi.

Sempre che la “fase di transizione” non sia solo una conseguenza tecnica dei problemi interni ai Regolamenti ma un obiettivo politico inseguito alla luce del sole.

Dario Missaglia

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