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“Quale memoria per quale società?”

Pubblicato il: 27/04/2015 18:23:02 -


Quale memoria per quale società. I musei della Shoah nel terzo millennio: è questo il tema del Convegno, tenutosi il 14 aprile 2015 presso la sala Aldo Moro di Palazzo Montecitorio.
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Il Convegno sul tema dei Musei della Shoah nel terzo millennio è stato promosso da diverse organizzazioni (IRSIFAR, Istituto Romano per la Storia in Italia del Fascismo e della Resistenza, HANS JONAS, Associazione di cultura ebraica, AMIS, Associazione per il museo delle intolleranze e degli stermini, A BUON DIRITTO, Associazione per la libertà) ed è stato aperto dai saluti di Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati, Stefania Giannini, Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, di Renzo Gattegna, Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, oltre che dalle lettere di Ignazio Marino, Sindaco di Roma, e di Leone Paserman, Presidente della Fondazione Museo della Shoah.
L’incontro si è proposto una riflessione sul senso e sul significato oggi di un nuovo museo che ricordi la “strage” degli ebrei e di altre minoranze culturali, sociali, politiche nel ventesimo secolo in Europa.
Dopo una lectio magistralis di Marcello Floris d’Arcais, si sono tenute due tavole rotonde. La prima, moderata da Saul Meghnagi sul tema Spazi fisici e spazi virtuali: ad essa hanno preso parte Piero Angela, Corrado Augias, Micaela Procaccia, Luca Zevi. La seconda, moderata da Anna Foa, sul tema Memoria e storia per un’educazione alla democrazia: ad essa hanno preso parte Luigi Manconi, Franco Lorenzoni, Giavanni Maria FlicK ai quali si è aggiunto un messaggio di Cristina Zucchermaglio.

Perché questo incontro, a settant’anni dall’apertura dei cancelli di Auschwitz?
Le ragioni sono diverse e, in parte, le richiamiamo, senza un ordine di importanza.
La prima riguarda la necessità di fare il punto sulle molteplici iniziative connesse con la “Giornata della memoria”, istituita, in Italia, per legge (211/ 2000) “al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”.
Ragionare su quanto accaduto in Europa, nel Novecento, vuol dire che siamo fedeli, ma critici, verso un passato e che vogliamo, su questa base, ragionare sul presente e formulare ipotesi sul futuro. A tal fine, ha chiarito, nel Convegno, Marcello Flores d’Arcais, l’analisi storica e l’asse del ragionamento deve riguardare tutti coloro che sono stati coinvolti nella tragedia, deve riguardare la filosofia, le idee, la cultura di coloro che sono stati gli ideatori, organizzatori, artefici delle stragi, di coloro che hanno assistito senza intervenire, dei testimoni silenziosi, degli indifferenti. L’individuazione degli spazi fisici e virtuali con i quali dare conto di tutto questo è stata affrontata a tutto campo dai relatori della prima sessione di lavoro che ha evidenziato come l’idea dell’annientamento del popolo ebraico e di altri ”diversi”, nel ventesimo secolo, si sia sviluppata in quell’Europa che ha partorito le idee di libertà e di uguaglianza che oggi sono alla base delle nostre Costituzioni. E’ questo si è affermato, con altrettanta fermezza, nella seconda sessione del Convegno che rende peculiare la Shoah: per certi versi, essa può non essere altro rispetto alla pluralità di eccidi che l’umanità è stata capace di compiere, ma è un evento che fa parte della storia e della costruzione identitaria dell’Europa. La Shoah, nei fatti, non stata opera dei soli tedeschi: in diversi paesi europei i nazisti hanno trovato collaborazione e connivenza, l’Italia stessa ha avuto un ruolo non banale nel fissare, nel 1938, una legge a “difesa della razza” e nel contribuire allo sterminio.

Oggi, si è detto, fenomeni di razzismo e di antisemitismo riemergono senza remore che in passato li hanno tenuti nascosti: “negazionisti” della Shoah agiscono, seppure condannati, nelle università, sedicenti “comici” si esprimono pubblicamente contro gli ebrei, posizioni xenofobe sono dichiarate senza vergogna, diversità di colore della pelle sono oggetto di insulto, sensibilità di genere tema di offesa. Con precisi richiami, Giovanni Maria Flick ha annunciato, nel Convegno, la prossima approvazione della legge contro il negazionismo: un compromesso corretto ha consentito di salvaguardare la libertà di opinione, rendendo reato non le parole, ma l’istigazione alla violenza che in esse può essere contenuto.

Lo sviluppo della società e della democrazia non appare univoco ma esito di una dialettica tra valori diversi e storicamente determinati. Nelle società occidentali, l’unificazione politica, la diffusione dell’istruzione scolastica, l’omogeneizzazione linguistica, il riconoscimento delle differenze di genere, lo sviluppo delle tecnologie, le forme crescenti di interdipendenza economica ed estensione della comunicazione, hanno modificato vincoli comunitari tradizionali. Il Convegno ha ricordato come la sfida di fronte alla quale si trova oggi l’Europa è nella forza dei principi e dei diritti su cui potrà e dovrà fondarsi il confronto, il dialogo, la rappresentanza, la tutela di ogni persona.

In questo senso, la progettazione di un Museo, come quello della Shoah, è una delle forme con cui ricordare il passato per proseguire nel difficile e, a volte, contraddittorio percorso di costruzione della democrazia.

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Immagine in testata del progetto del Museo della Shoah di Roma

Saul Meghnagi

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