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ClanDESTINI (quarantatreesima puntata)

Pubblicato il: 20/11/2012 18:18:09 - e


“Quando sei venuto via - gli chiese suor Annunciazione - hai lasciato la tua famiglia o anche loro sono diventati esuli?”. “Mio padre non l'ho mai conosciuto, mia madre un giorno, prima che morisse di tifo, mi ha fatto capire che si trattava di un uomo bianco. Chi è nato nel deserto ha un destino di nomade e io ho accettato il mio destino...”
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La tempesta stava diminuendo di violenza e alla Capitaneria di porto di Montelusa qualcuno trovò finalmente il tempo di fare un caffè.
“Le comunicazioni di cui ti ho detto parlano di tre navi che stanno rientrando. Solo tre!”.
“E le altre?”. chiese il tenente di vascello Gigetto.
Il guardiamarina Bepo vuotò la tazza ancora fumante “Pare che abbiano proseguito, ma da loro non c’è nessun segnale radio… questa storia è alquanto misteriosa”.
“Ora preoccupiamoci di ricevere i tre grossi pescherecci, saranno in difficoltà così carichi di naufraghi, certamente qualche centinaio… vanno sistemati almeno in due o tre centri di identificazione e di accoglienza. Guarda… – Gigetto indicò al di là del finestrone il molo del porto – è arrivata anche la guardia di finanza a darci manforte…”.

Intanto la prima delle tre navi, quella di Cola, aveva iniziato le manovre per rientrare nel porto, era carica fino all’inverosimile di uomini, donne e bambini con i volti stremati e i panni fradici. Nonostante il gran numero di persone, la scena si svolgeva in un silenzio irreale, come se non accadesse davvero.
Cola, nella cabina di comando, aveva un volto preoccupato ma radioso, alla fine della carriera aveva avuto un vero e proprio comando… in fondo, quello poteva essere il suo ultimo viaggio, gli andava bene chiuderla lì, la sua storia di marinaio senza bandiera. Chiuderla, lontano da Cascio Ferro.

Sul molo, per seguire lo sbarco, erano arrivate diverse guardie, a loro si era unita Suor Annunciazione che teneva per mano Totuccio; Kamal la seguiva da vicino, con lo sguardo vagante tra tutti quei volti che affollavano il molo.
“Sai, l’uomo mascherato che ho visto qui col lupo, può essere lo stesso personaggio di cui parlava il griot, lo story-teller del mio paese… Raccontava delle sue imprese a fianco del Fronte Polisario per la liberazione e l’indipendenza del popolo Saharawi, la mia gente del deserto. Un combattente che vagava per l’Africa seguendo soltanto la sua bussola delle cause perse. Una volta, prima che io nascessi, salvò la vita di mia madre… ci fu un’incursione nel villaggio da parte di un drappello di militari marocchini che volevano rapire le donne più giovani. Quell’uomo mascherato, da solo, racconta la leggenda, li mise in fuga con il tuono delle sue grandi pistole”.
“Quando sei venuto via – gli chiese suor Annunciazione – hai lasciato la tua famiglia o anche loro sono diventati esuli?”.
“Mio padre non l’ho mai conosciuto, mia madre un giorno, prima che morisse di tifo, mi ha fatto capire che si trattava di un uomo bianco. Chi è nato nel deserto ha un destino di nomade e io ho accettato il mio destino…”.
La suora lo guardò commossa, poi mentì: “Non ho visto nessuno qui, solo un cane lupo…”.
“Ma ti ha chiamato Nunzia! Tu come ti chiami quando non sei monaca?”.
“Sono sempre monaca, hai capito male!”.
Kamal la fissò e notò che era veramente arrabbiata. Didier gli aveva parlato di un aviatore e di una foto con suor Annunciazione ma non gli aveva creduto. Rimase a guardarla in mezzo al casino del porto senza più parlare. La suora sembrava almeno credere che l’uomo mascherato era stato nel Saharawi. Perfino Didier non gli aveva prestato fede, all’inizio.
“I bambini malati… – stava dicendo la suora a un ufficiale – vanno tutti portati al nostro Ospedale pediatrico…”.
“Ma qui sono tutti denutriti e febbricitanti…”.
Il guardiamarina Bepo e il tenente di vascello Gigetto accolsero volentieri l’aiuto di quella suora autoritaria e pallida.
Suor Annunciazione, infatti, stava già occupandosi con energia dei primi arrivati, assicurava che il personale dell’ospedale era per strada e che avrebbe provveduto ai primi soccorsi sul posto, poi nelle prime ore avrebbero pensato a come dislocarli.
Kamal si allontanò da lei, quella scena gli ricordava tante cose, il suo arrivo e come lo avevano strapazzato; era coinvolto totalmente e sentiva il bisogno di stare in mezzo a quei nuovi arrivati. Presto si accorse che era l’unico là in mezzo ad avere gli abiti asciutti. Udiva intorno a sé lingue che non conosceva, poi il diesel affannato di un camion le coprì tutte. Erano arrivate le coperte di Montelusa! Kamal si riavvicinò con l’intenzione di aiutare, ne prese una pila dalle mani della suora e cominciò a distribuirle, prima alle donne e ai bambini, sempre più allegramente. Non era più solo! Anche dopo la partenza di Didier non era più solo.
“Kamal!!! – urlò Suor Annunciazione, sistemandosi meglio il braccio appeso al collo – mi serve un’altra cosa, che lingue conosci? bastano anche poche parole, ci aiutiamo con i gesti tanto per capire le emergenze, le esigenze più urgenti!!!”.

Mentre la monaca e Kamal erano al centro di primissimi soccorsi, sul lungo molo stavano cercando di farsi largo, in mezzo a quell’incredibile confusione, il guardiamarina e il tenente di vascello della Capitaneria di porto. Puntavano dritti verso la prima nave ormeggiata mentre Cola scendeva da una scaletta affollata.
“Blocchiamo quello lì – disse Bepo – ha l’aria di essere del mestiere… ”.
Anche Cola puntò sui due ufficiali e fece in modo di avvicinarli.
“Le altre navi hanno proseguito la rotta verso la Somalia – si affrettò a dichiarare il marinaio – noi, invece, abbiamo preferito scaricare in mare le casse che erano sui ponti e caricare i naufraghi per condurli in porto…”.
“Le casse di armi?” domandò Bepo.
Cola lo guardò con occhio sospettoso e disse: “Io non lo saccio che c’era dentro, il capitano ci ha detto di buttarle in mare… che dovevamo far posto ai naufraghi. Grave è? Buono abbiamo fatto?!”. “Dov’è il suo capitano?”. chiese Gigetto. Cola non rispose subito. Come poteva dirgli che si era tuffato in mare con il cane lupo all’inseguimento del resto della flottiglia?
“È caduto in mare… durante le operazioni di salvataggio”.
“E l’ufficiale dei servizi segreti che si è imbarcato qui al Porto?”.
“Nessuna spia conosco, sono solo un secondo di bordo che ha rispettato la legge del mare e che adesso si va a buttare su una branda, da qualche parte”.
“Dopo essere passato in Capitaneria – aggiunse Bepo in tono perentorio – per raccontarci tutti i dettagli della vicenda”.
“Uno lo dico subito, qui sul molo: guardate la linea di galleggiamento dei tre pescherecci”.
“È ancora bassa nonostante abbiate scaricato tutte le casse con le armi” osservò Gigetto dopo un’attenta valutazione.
Cola sbottò: “Già, fossi in voi andrei a ispezionare le stive: sono piene di barili di rifiuti tossici che avremmo dovuto affondare con le navi al largo delle coste somale… adesso sono un problema vostro”.
I due ufficiali si guardarono perplessi, persero interesse per Cola e guardarono verso la Capitaneria… poi Bepo se ne uscì: “La prima idea sarebbe quella di rispedirli al mittente informando la Procura… ora andiamoci a fare una bella chiacchierata a carte scoperte”.
Cola sorrise. Lui, ogni tanto, barava.

(continua)

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IL CALENDARIO 2012
Di Lidia Maria Giannini, studentessa. Dono per tutti i lettori e le lettrici di Education 2.0.

L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.

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Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
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http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

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2011 – “Che fine ha fatto il principe azzurro?”, di Luigi Calcerano
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2011 – “Un fantasma detective”, di Luigi Calcerano
2012 – “Gratta e Fiuta”, di Filippo Calcerano e Luigi Calcerano
2012 – “Meminisse Iuvabit – Sarà bene ricordare”, di Luigi Calcerano
2012 – “Solo un’altra vita”, di Luigi Calcerano
2012 – “Come ti racconto il doping”, di Luigi Calcerano
2012 – “Il breve addio”, di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori
2012 – “Sherlock Holmes a Roma”, di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori.

Calcerano e Fiori

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