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ClanDESTINI (cinquantanovesima puntata)

Pubblicato il: 07/03/2014 12:51:08 - e


Al freddo del primo mattino, su quel dosso di carcasse d’auto Kamal aveva tirato fuori dalla misteriosa valigia rubata al porto di Montelusa un binocolo ed erano ormai dieci minuti che aveva puntato la sua preda: “Eccolo laggiù, l’uomo con la cicatrice. Didier mi ha detto tutto di lui, non posso sbagliarmi”.
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Quel ragazzino, ancora una volta, l’aveva stupita, in quei luoghi sembrava muoversi con la determinazione di chi segue una pista, senza tralasciare indizi, ma con l’istinto del cacciatore. Arrivati al porto di Chisimaio le aveva detto: “Se vogliamo trovare Didier, dobbiamo inseguire Buruli, perché ora il Fratello maggiore della morte è molto più visibile, dopo che è entrato in possesso del carico d’armi”.

Kamal aveva certamente ragione: Didier era come un ago in un pagliaio mentre l’altro disponeva di mezzi di trasporto e uomini armati e quindi era una presenza più facile da individuare.

C’era subito stato un nutrito scambio di comunicazioni con le sue consorelle, fino a quando non era arrivata l’informazione più attendibile: intorno al territorio urbano di Nairobi sorgevano moltissime baraccopoli, nella più grande, Kibera, era stata avvistata una fila di camion con guardie armate accanto ai guidatori. Nel camion di testa c’era un uomo con una spaventosa cicatrice sulla faccia.

Kamal l’aveva letteralmente trascinata e la fortuna li aveva aiutati. Quando l’informazione era arrivata avevano già varcato il confine somalo con il Kenia e, dal canto suo, Buruli aveva fatto tappa a Nairobi per i rifornimenti.

Suor Annunciazione stava fissando Kamal intento a scrutare con il binocolo il convoglio dei camion parcheggiato in una radura di carcasse d’auto all’estrema periferia di Nairobi. A Kibera, il più grande slum della città, c’era anche il convento dove li avevano accolti per la notte. C’erano stati disordini tra musulmani e cattolici e i cattolici avevano avuto la peggio. Le monache erano preoccupate ma continuavano a fare il proprio lavoro.

Al freddo del primo mattino, su quel dosso di carcasse d’auto Kamal aveva tirato fuori dalla misteriosa valigia rubata al porto di Montelusa un binocolo ed erano ormai dieci minuti che aveva puntato la sua preda: “Eccolo laggiù, l’uomo con la cicatrice. Didier mi ha detto tutto di lui, non posso sbagliarmi”. Suor Annunciazione prese il binocolo e guardò a sua volta “Se solo potessimo sbirciare sotto i teloni dei camion, potremmo sapere se davvero trasportano armi”.

“Non abbiamo bisogno di altri riscontri” le disse Kamal con tono sicuro “ora dobbiamo trovare il modo di seguire i camion e alla fine, sulla nostra strada, incontreremo Didier”.

* * *

Buruli, dopo i rifornimenti, aveva aggirato Nairobi “la città verde nel sole” e si era diretto verso gli slum più lontani, scegliendo poi il più popoloso di tutti: Kibera. In quella radura di metalli contorti e di motori sventrati era arrivato la sera prima e aveva fatto una tappa per tutta la notte dopo il lungo viaggio.

Alcuni copertoni d’auto bruciavano, la notte era stata rigida e il sole era spuntato da poco, così gli uomini di Buruli avevano trovato il modo di scaldarsi.

L’interprete afrikaner si avvicinò al gruppetto con un piccolo marchingegno in mano “l’avevano piazzato sotto il parafango del camion dove stavamo noi due”, disse rivolto a Buruli.

Il Fratello maggiore della morte guardò l’oggetto e lo prese con delicatezza “è un segnalatore di posizione particolarmente sofisticato, e questo è il piccolo magnete che lo teneva attaccato all’interno del parafango… ora sanno esattamente dove ci troviamo”.

“Chi?”

“Hansen. Solo il Venditore bianco può averlo piazzato… meno male che l’ho tolto di mezzo…, ma il problema è che i segnali emessi da questo gioiellino possono essere stati captati da altri ricevitori”.

“Hansen certamente era tipo da fare doppi e tripli giochi!”

“Credo che tu abbia ragione. Questa mossa avrebbe potuto avvantaggiarlo agli occhi della sua organizzazione statale: così aveva trovato il modo di conciliare i suoi affari privati con i suoi pubblici doveri!” Buruli guardava ancora la piccola emittente, finché un ghigno gli allungò la cicatrice.

“Cosa c’è?”

“Ho un’idea che scompiglierà quei doppi e tripli giochi… ma, ora preoccupiamoci dei diamanti, il nostro sicario congolese avrebbe dovuto raggiungerci già stanotte”. Buruli riconsegnò il piccolo apparecchio all’interprete e cavò di tasca il suo cellulare.

Digitò il numero e rimase a lungo in attesa “possibile che non sia riuscito a ucciderlo e che quello spione sia ancora in giro con i miei diamanti grezzi?!”

“E se il marinaio si fosse tenuto i diamanti e fosse scomparso?” chiese l’interprete.

“Non è possibile. Ho io sua moglie e i suoi tre figli, e neanche per una miniera di diamanti farebbe una cosa del genere”. Mentre parlava Buruli provava ancora a chiamare, ma il telefono suonava inutilmente.

Vide due suoi uomini armati allontanarsi dal fuoco e dirigersi verso una catasta di auto. Il sole nascente aveva riflettuto un bagliore su qualcosa d’insolito.

“Vai al camion e riattacca la calamita nello stesso punto dov’era”.

L’interprete lo guardò stupito “Perché vuoi farci seguire?”

“Fai come ti ho detto… devo salvare il carico d’armi e magari riprendermi anche i diamanti e l’unico modo, a questo punto, è che ci vengano dietro… per il finale ho in mente una bella sorpresa!”

Un uomo si avvicinò a Buruli e gli porse in una ciotola una bevanda scura e calda mentre l’afrikaner raggiungeva il camion.

“Guarda” l’uomo che aveva portato il caffè indicava un punto alla base della catasta d’auto”, hanno catturato una cristiana e un ragazzino!”

Adesso intorno al fuoco c’erano anche Suor Annunciazione e Kamal con le mani legate dietro la schiena da legacci di plastica e la valigia aperta davanti ai loro piedi.

Buruli frugò nella valigia e ne sparse tutto il contenuto per terra: una strana tuta di colore rosso che copriva anche la testa, un cinturone di cuoio nero con due fondine, un paio di stivali, una mascherina per gli occhi e due grosse Colt 45 automatiche. Esaminò le pistole e sparò un colpo in aria.

“Sono caricate a salve!” osservò stupito.

“È un gioco” si affrettò a dire la monaca in italiano “una carnevalata, stiamo preparando una festa in maschera per gli orfani ospitati nel convento a Kibera ed io sono l’insegnante…”.

L’interprete afrikaner, che era tornato indietro per seguire la scena, tradusse immediatamente la frase.

Buruli storse le labbra “ci stavate spiando con quello” indicò il binocolo al collo di Kamal “e queste pistole con i proiettili veri possono essere armi molto potenti”.

Kamal scosse la testa violentemente, era terrorizzato da quel volto, da quella cicatrice.

Un uomo con il mitra a tracolla si avvicinò a Buruli e bisbigliò “che ne facciamo? Ammazziamo la monaca!”

Il Fratello maggiore della morte non rispose, stava scrutando Kamal “dai lineamenti sei del Nord Africa, ma non sei né tunisino, né algerino, potresti essere un marocchino…”.

“Sono nato nel Saharawi” rispose Kamal con fierezza.

“È strano” intervenne l’interprete rivolgendosi a Suor Annunciazione “lei è italiana e il suo allievo viene da tutt’altra parte dell’Africa. Dove viveva in Italia?”

Suor Annunciazione non rispose e si mostrò adirata “lasciateci andare, che c’entrano gli interrogatori e i mitra contro una suora e un bambino?”

Buruli ascoltò la traduzione poi le rispose con una calma agghiacciante “no. Le cose mi sono state dette nei particolari, non potete imbrogliarmi. Le informazioni che mi hanno fornito via via dall’Italia sono che Didier con un suo compagno del Saharawi, aveva trovato un rifugio in un ospedale, in Sicilia. Dove non sono nemmeno stati capaci d’ucciderlo. Ora è tornato certamente in questa parte dell’Africa e voi due lo cercate quanto me. Ho fatto un quadro esatto della situazione?”

Suor Annunciazione scosse la testa più volte dopo aver ascoltato la traduzione “non sappiamo chi è questo Didier, lasciateci andare”, si avvicinò a Kamal e lo strinse a sé.

L’interprete afrikaner sorrise “bene! Abbiamo trovato come esca per la nostra trappola una leonessa e un leoncino, sono perfetti per farci cadere dentro il cacciatore. Questo sarà un safari alla rovescia!”

“Hai rimesso a posto il segnalatore?” tagliò corto Buruli “voglio muovermi tra due ore, non c’è tempo, tanto ormai ho capito che i miei diamanti non arriveranno a Nairobi. Tu continua a interrogare la suora e il ragazzino, ma tienili lontani dai qaedisti…, io vado in città a vedere la moglie del marinaio, che è ormai la vedova di un killer. Abita nella zona orientale nel quartiere di Dandora e avrà bisogno di qualche soldo per tirare avanti. I suoi tre figli potrebbero comunque tornarmi utili… dopotutto gli farei seguire le orme paterne”.

I due uomini risero di gusto.

(continua)

(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).

TUTTE LE PUNTATE PRECEDENTI


L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

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Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

http://www.luigicalcerano.com

http://www.giuseppefiori.com


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