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Il caso J.

Pubblicato il: 07/01/2010 16:57:13 -


Nella scuola elementare gli insegnanti avevano rilevato gravi e diffuse carenze in tutte le aree disciplinari, ma ora è necessario convincere tutti, J. compreso, che i giochi sul suo percorso scolastico possono davvero essere tutti riaperti.
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Il caso: J. è un alunno ripetente di prima media. Già nella scuola elementare gli insegnanti avevano rilevato gravi e diffuse carenze in tutte le aree disciplinari. Appena entra in classe, l’insegnante di lettere osserva che J., per scrivere, impugna la penna tenendola stesa sul palmo della mano, a dita aperte, e bloccandola, sul palmo, con l’uso del solo pollice. Il particolare si fa ancora più interessante quando lo stesso insegnante invita gli alunni a completare l’elaborato scritto con un disegno. J. impugna anche la matita allo stesso modo, e lo fa per poter realizzare il disegno con la sua tecnica privilegiata: l’ombreggiatura. Il risultato è notevole. Anche i colleghi che hanno seguito J. nel suo primo anno di scuola media hanno notato la particolarità, che, tuttavia, non è stata approfondita, rimanendo una semplice particolarità. L’insegnante di arte e disegno, anzi, lamenta che J. non abbia mai voluto seguire i suoi consigli circa l’uso di altre tecniche di disegno.

L’analisi: L’insegnante di lettere di J., alla luce della ricerca sulle intelligenze multiple di Howard Gardner “Formae mentis” (1987), ipotizza che si tratti di un caso tipico di sviluppo significativo dell’intelligenza spaziale, fondata sulla capacità di elaborare immagini mentali (194-195), in presenza di uno sviluppo anche molto modesto delle altre intelligenze (204). Proprio l’intelligenza spaziale sembra essere stata tipica di diversi artisti, tra i quali il pittore Van Gogh e l’architetto Le Corbusier (216). Per validare, pur parzialmente, la sua ipotesi, l’insegnante consegna a J., per pochi minuti, una fotografia de “La tempesta” di Giorgione, chiedendogli, dopo aver ripreso la fotografia, di riprodurla.

I risultati sono straordinari, analoghi, per molti aspetti, a quelli evidenziati da Gardner nella piccola Nadia, bambina autistica di cinque anni (209). La questione decisiva, anche ricordando le osservazioni dell’insegnante di arte e disegno, è la seguente: in quale misura e con quali metodi è educabile, e, quindi, sviluppabile, l’intelligenza spaziale di J.? Essa, infatti, oltre che nel più immediato ambito grafico, potrebbe sostenere apprendimenti significativi nei seguenti ambiti: geometria delle figure piane, solide e dei solidi di rotazione (191-200); tecnologia: capacità di immaginare e progettare diverse tipologie di oggetti (211); geografia: comprensione e rappresentazione di contesti anche ampi di territorio. Si tratta inoltre di verificare come e in quale misura sia possibile tradurre in competenze trasversali scolasticamente significative – problem solving… – le capacità ideative (197) e strategiche (213) tipiche dell’intelligenza spaziale. Nel frattempo, sembra essere validata l’ipotesi che alcuni programmi di video scrittura rispondano bene alle esigenze dell’intelligenza spaziale, permettendo a J. un qualche progresso anche in ambito di produzione linguistica. Risultati, pur parziali, ma concreti e immediati: questa è la priorità, per convincere tutti, J. compreso, che i giochi sul suo percorso scolastico possono davvero essere tutti riaperti da una qualche forma di piano educativo personalizzato. Ci sono due/tre mesi di tempo per invertire una tendenza consolidatasi in sei anni di più o meno ampi e profondi insuccessi.

Per approfondire:
• Howard Gardner, Formae mentis, Feltrinelli, Milano 1987

Eugenio Bastianon

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