Home » Politiche educative » La nuova Istruzione Tecnica

La nuova Istruzione Tecnica

Pubblicato il: 28/07/2009 17:30:36 -


L’Istruzione Tecnica ha rappresentato una risorsa decisiva, negli anni del boom economico. L’Italia deve molto a periti industriali, periti agrari, geometri, ragionieri. Oggi come non mai il rilancio dell’istruzione tecnica rappresenta un tassello fondamentale della strategia anti-recessione, che passa inevitabilmente per il rafforzamento della capacità di innovazione e competizione del nostro sistema produttivo.
Print Friendly, PDF & Email
image_pdfimage_print

La competitività delle nostre imprese può essere compromessa dalla mancanza di un adeguato numero di tecnici preparati e motivati. La domanda di tecnici, da parte delle imprese, supera largamente il numero di diplomati che, usciti dagli istituti tecnici, entrano nel mondo del lavoro anche in un momento di crisi dell’occupazione, e, dopo la crisi, sarà indispensabile per le imprese la presenza di un alto numero di diplomati tecnici.

I diplomati tecnici sono una risorsa fondamentale per l’Italia, soprattutto per quel ricchissimo e vitale tessuto d’imprese medie e piccole che costituiscono la dorsale della nostra industria e che ogni giorno combattono alle frontiere dell’innovazione internazionale.

Il 28 maggio scorso è stato approvato in prima lettura in Consiglio dei Ministri il nuovo Regolamento per il riordino degli istituti tecnici che sono finalmente valorizzati per rispondere anche alla domanda di professionalità tecniche delle imprese.

I primi studenti si iscriveranno agli istituti tecnici rinnovati dal settembre 2010, dopo un anno dedicato alla messa a punto del riordino e alla verifica delle criticità.

Negli ultimi 4 anni insieme con presidi di istituti tecnici di eccellenza, docenti motivati a lavorare in una scuola più aperta al territorio, imprese che devono la loro crescita e la loro capacità di competere sui mercati internazionali a queste scuole, abbiamo lavorato molto per raggiungere questo risultato.

Un dato che vorrei subito richiamare è il carattere bipartisan del percorso di rinnovamento dell’istruzione tecnica, un caso assolutamente raro in un Paese dove la scuola è costantemente arena di scontri ideologici. Il Regolamento approvato infatti rappresenta l’applicazione delle norme previste dalla legge n. 40 del 2007 (la cosiddetta “legge Fioroni”) e si ispira al pregevole lavoro svolto dalla Commissione De Toni, insediata dal governo di centro sinistra e riconfermata dall’attuale governo.

Mi auguro che il rilancio della cultura tecnica in un momento di grave crisi industriale sia riconosciuto da tutti come un bene. E cerco di spiegarne le ragioni.

Il riordino degli istituti tecnici dà risposte chiare ai giovani e alle famiglie, che si aspettano dalla scuola percorsi trasparenti e competenze spendibili tanto per l’accesso alle professioni tecniche, quanto per il passaggio ai livelli superiori di istruzione e formazione.

Gli studi tecnici, soprattutto in un periodo di crisi come quello che attraversiamo, offrono la possibilità di trovare un lavoro sicuro e qualificato, non è certamente da sottovalutare.

Non è certo un caso che già oggi ci sia un alto tasso di iscrizioni ai percorsi di tipo tecnico da parte delle famiglie di più o meno recente immigrazione, che vedono proprio in questi percorsi una concreta opportunità di miglioramento economico e sociale.

Circa la metà di coloro che conseguono un diploma tecnico si iscrivono all’università affrontando, con successo, anche corsi di laurea molto impegnativi. Il 30% dei laureati in ingegneria provengono dagli istituti tecnici industriali: valori analoghi si hanno per il rapporto fra la facoltà di economia e i diplomati degli istituti tecnici commerciali, confermando il valore di questo tipo di scuola anche come preparazione all’università.

Il nuovo modello di istruzione tecnica è fondato su percorsi formativi che si svolgono nei laboratori, in azienda e in aula, per consentire alle persone di scoprire le proprie capacità e il lavoro più adatto spingendo i giovani a scegliere, a orientarsi, a valorizzare le loro vocazioni e attitudini. La passione per un lavoro la si scopre attraverso il fare, attraverso la sperimentazione, attraverso la scoperta dei linguaggi della scienza e della tecnologia. Le grandi botteghe artigianali e artistiche hanno creato nei secoli l’eccellenza italiana, consentendo di sviluppare le nostre migliori capacità. Occorre valorizzare questa tradizione italiana, ovviamente in versione aggiornata.

I nuovi istituti tecnici rappresentano un’opportunità di sviluppo per i nostri insegnanti perché consentono una autonomia organizzativa e didattica più ampia rispetto ai licei, per realizzare una efficace collaborazione con le imprese. La loro organizzazione didattica è centrata sull’attività condotta in laboratori ben attrezzati e interconnessi con il sistema produttivo territoriale. L’alternanza scuola-lavoro, i tirocini e gli stage sono parte integrante della progettazione formativa e costituiscono strumenti per l’acquisizione di solide competenze scientifiche e tecnologiche sempre più richieste dalla imprese.

Tali innovazioni didattiche, accompagnate da una più attenta valorizzazione delle propensioni e attitudini di ciascun individuo, dovrebbero contribuire a recuperare la motivazione allo studio da parte di molti giovani, dando senso e significato agli studi attraverso la possibilità, nei laboratori o in azienda, di una applicazione concreta di quanto appreso.

Il Regolamento approvato il 28 maggio 2009 mette in risalto la caratteristica principale degli istituti tecnici come scuole dell’innovazione dove è possibile coltivare insieme il pragmatismo tecnologico, la creatività, i nuovi linguaggi della scienza, la didattica di laboratorio.

Il testo uscito dal Consiglio dei Ministri dovrà essere ulteriormente migliorato prima della definitiva approvazione, evitando di dar peso alle grida corporative e accogliendo invece le proposte ragionevoli che vengono dai presidi e sono state raccolte anche dall’opposizione, ripristinando le ore di laboratorio nel primo biennio già previste dalla riforma Moratti (e inspiegabilmente ridotte di un terzo) e cercando di contenere il numero davvero pletorico di discipline secondo i migliori standard internazionali.

Valutazione, nuova governance, autonomia e flessibilità, innovazioni didattiche, maggior rapporto con le imprese: questi gli ingredienti per una vera svolta dell’Istruzione Tecnica.

Per accompagnare l’attuazione del riordino è stata costituita una delivery unit, di cui fanno parte presidi con eccellenti capacità organizzative oltre a dirigenti ministeriali ed esperti di organizzazione, che dovrà individuare rapidamente le criticità e stabilire chiari piani di azione.

L’anno che ci separa dall’avvio del nuovo ordinamento, nel settembre 2010, non può passare invano. Sono indispensabili azioni concrete che consentano una organizzazione rigorosa ed efficace del riordino garantendo al nuovo sistema di entrare a regime senza ritardi. L’esperienza e il contributo dei dirigenti e dei presidi più eccellenti potranno essere valorizzati attraverso l’individuazione in ogni Regione di Istituti Tecnici-pilota che sperimentino il riordino e forniscano supporto alle altre scuole.

È davvero urgente avviare una rigorosa ed efficace opera di comunicazione, di orientamento, di aggiornamento dei docenti e di preparazione organizzativa. Si tratta di porre mano a misure di accompagnamento che non possono essere a costo zero. Un aspetto davvero importante del riordino risiede nella modifica dei meccanismi di gestione delle scuole. Verranno costituiti dei dipartimenti per favorire l’aggiornamento costante dei percorsi di studio; un Comitato tecnico-scientifico rafforzerà il raccordo tra gli obiettivi educativi della scuola e le esigenze del territorio; soggetti esterni, per esempio le imprese, potranno collaborare con le scuole. Perché il riordino non sia un flop c’è bisogno del consenso e dell’impegno degli insegnanti. Se infatti i protagonisti della scuola vivranno questo momento come un modo per aggiornare le proprie competenze professionali e migliorare l’efficacia didattica della scuola avremo fatto un importante passo avanti. Se prevarrà invece la paura dell’innovazione o la difesa di ogni singolo interesse corporativo avremo perso una occasione storica.

Ci sono segnali incoraggianti: il boom di iscrizioni negli istituti tecnici delle zone più industriali, l’impegno di numerose scuole a favore della riforma, l’ormai largamente condivisa idea della specificità dell’istruzione tecnica (che non può essere confusa né con i licei né con l’istruzione professionale), l’ampio coinvolgimento degli imprenditori nella collaborazione con le scuole, come già sta avvenendo attraverso le sperimentazioni in Veneto, in Lombardia e nei territori provinciali dove più diffusa è l’attività manifatturiera, riuniti nel Club dei 15.

L’istruzione tecnica rappresenta un’opportunità per i giovani, una necessità per il Paese e un’opportunità per le nostre imprese. La crisi globale, una crisi che ha colpito l’economia reale dell’Italia, è stata molto rapida e la ripresa, che auspichiamo seguirà, non potrà prescindere dalla rinascita del settore manifatturiero, settore storicamente collegato agli istituti tecnici. E proprio l’istruzione tecnica potrebbe essere la chiave per restituire competitività alle nostre imprese legando maggiormente il Paese alla realtà e all’industria.

Claudio Gentili

20 recommended

Rispondi

0 notes
1048 views
bookmark icon

Rispondi