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Il Baccalauréat fra “Aller de l’avant!” e “Oral à l’italienne” – di Maria Grazia Ceccobelli

Pubblicato il: 21/03/2018 20:58:28 -


Alcune riflessioni sulla riforma dell’insegnamento secondario in Francia.
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Come promesso nella scorsa primavera durante la campagna elettorale, il Presidente Emmanuel Macron ha presentato l’attesa riforma dell’insegnamento secondario e, soprattutto, dell’intoccabile “baccalauréat”, creato nel 1808 e ormai immutato da molti decenni.

Se, infatti, già in passato piccole modifiche alla struttura del “Lycée” erano state apportate, la forma dell’esame di diploma finale, incubo ed orgoglio dei Francesi, non era mai stata modificata in modo significativo da molti anni.

Ma adesso, il cambiamento era nell’aria: il Presidente aveva già da mesi affidato ad uno dei suoi prestigiosissimi collaboratori, (eh già, perché oltralpe la scuola è un argomento serio!) il compito di studiare una rimodulazione dell’accesso alle facoltà universitarie. E in gennaio, Pierre Mathiot, 51 anni, professore universitario ed ex rettore di “Sciences Po” a Lille (oltre che maratoneta), ha consegnato il suo rapporto.

Il sistema attualmente in vigore, infatti, non soddisfa più gli atenei: Si tratta del dispositivo APB (Admission Post Bac), nato nel 2009 e gestito dall’Institut Polytechnique di Tolosa che, tenuto conto dei risultati dell’ultimo triennio di studi e degli apprezzamenti specifici richiesti sistematicamente ai docenti del liceo su ciascuna opzione del candidato, distribuisce gli aspiranti nelle diverse facoltà,

La recente introduzione di un criticatissimo algoritmo, nato per armonizzare ulteriormente le ambizioni e le formazioni ottimizzando l’assegnazione dei candidati a facoltà più conformi alle loro aspettative, si è dimostrato poco efficace diventando sempre più spesso bersaglio delle critiche feroci di tutti gli attori del processo e dei media.

L’APB, infatti, sostanzialmente efficace per le facoltà più selettive et les “Grandes écoles”, che spesso presuppongono percorsi preparatori pre-ammissione, si è rivelato ultimamente inadeguata nella gestione dell’ammissione alle facoltà più affollate, come Droit o Psychologie, costrette spesso ad affidarsi, in caso di forti eccedenze nelle richieste, a criteri discutibili quali la provenienza geografica del candidato o, addirittura, l’estrazione a sorte.

Tale sistema, oltre ad ingolfare certe facoltà di studenti poco motivati e non sempre adeguatamente formati, ha esposto l’amministrazione ad una valanga di ricorsi ai Tribunali amministrativi, con conseguente spreco di fondi dello Stato, in quanto i criteri di selezione seguiti non corrispondono esattamente alle disposizioni del codice dell’educazione. ( Il “Côde de l’éducation”, voluto nel 1991 da Lionel Jospin, riunisce le disposizioni legislative e i decreti riguardanti l’educazione. Può essere consultato sul sito Légifrance e viene regolarmente aggiornato. Dopo aver presentato i principi generali dell’educazione e della sua amministrazione, il codice enuncia le disposizioni riguardanti gli insegnamenti scolastici, poi quelli universitari, regolamentando in entrambi i casi anche l’organizzazione degli insegnamenti e degli istituti e la vita scolastica; la parte conclusiva è dedicata alle disposizioni sul personale.)

Bref! È su raccomandazione della Corte dei conti che il Presidente Macron ha messo in moto una gigantesca riforma dell’accesso ai corsi universitari che, giustamente, implica una modifica sostanziale dell’esame conclusivo del percorso liceale, il “Baccalauréat” appunto, che i nostri cugini d’oltralpe abbreviano affettuosamente in “bac”.

E così, il 14 febbraio scorso, Emmanuel Macron ha ufficialmente presentato la proposta di riforma elaborata sulla base del dossier redatto da Pierre Mathiot. Riforma che, per effetto del sistema elettorale in vigore in Francia, maggioritario e che assicura quindi in Parlamento, al partito di maggioranza che sostiene il Presidente, una pressoché assoluta capacità decisionale, verrà certamente approvata in tempi brevissimi. Infatti, la sua entrata in vigore è prevista per la “rentrée” di settembre 2018, in modo che la prima sessione del “nouveau bac” si concluda nel giugno del 2021.

Lo affiancava il suo ministro de l’Éducation Nationale, Jean-Michel Blanquer, cinquantenne che unisce una formazione filosofica a specializzazioni nel campo dell’economia, docente universitario ed ex rettore di diverse “Académies” (istituzioni da cui dipendono i licei, da noi di competenza degli USR, e le università presenti sul territorio) e che vanta un curriculum a dir poco stupefacente per noi poveri Italiani!

Ma vediamo, nei dettagli, qual è la tendenza del legislatore del XXI secolo in materia di formazione delle nuove generazioni.

I “bacheliers” del 2021 non sosterranno più che quattro prove, che costituiranno, con il “grand Oral, il 60% del voto finale. Nulla di nuovo per “Français”, che resterà alla fine del penultimo anno, in première, scritto e orale. Come già avviene scomparirà quindi dall’orario dell’ultima classe e sarà, come attualmente, sostituito da “Philosophie”, che i Francesi studiano tradizionalmente solo nell’anno che conclude gli studi. A questo proposito è bene ricordare che si tratta di “philosophie” e non di storia del pensiero filosofico: l’insegnamento è quindi organizzato non in ordine cronologico ma in modo modulare su problematiche che vengono approfondite trasversalmente attraverso la lettura di testi di grandi filosofi.

L’ultimo anno verranno affrontati due scritti di “spécialitées”, intorno a Pasqua e lo scritto di Philosophie a fine giugno; più, “un grand oral” che ha spinto qualche giornalista a parlare, forse ironicamente, di “Oral à l’italienne”: il candidato dovrà esporre per 20 minuti, davanti ad una commissione composta da due professori del suo liceo ma non suoi ed un “esterno” ancora da definire, un progetto elaborato individualmente o in gruppo nel corso del penultimo anno e che dovrà essere centrato su almeno una disciplina di “spécialité”. Il Presidente Macron ha espresso l’intenzione di ribattezzare questa prova, peraltro già presente nei licei tecnologici, “oral de maturité”.

Tutto ciò è molto diverso da ciò che esiste attualmente, poiché gli studenti oggi sostengono uno scritto in tutte le discipline alla fine della “Terminale”, in media 7 prove scritte più 2 orali in due lingue straniere.

Le prove d’esame costituiranno dunque il 60% del voto finale, a cui si aggiungerà un 30% proveniente dalle prove parziali “anonymisées”, e probabilmente corrette da docenti dello stesso liceo ma che non conoscono gli studenti e che verranno somministrate, a livello nazionale e su traccia ministeriale, ogni semestre nel penultimo e nell’ultimo anno di corso. Il restante 10% sarà calcolato sul “livret scolaire”, in pratica le nostre pagelle, e corrisponderebbe quindi al “credito scolastico” dell’Esame di Stato italiano.

Per il momento non è chiaro se verrà mantenuto il sistema di valutazione attuale, che attribuisce a ciascuna disciplina un “coéfficient” per cui vengono moltiplicate le votazioni ottenute e che risulta, di fatto, molto diverso da quello adottato nella scuola italiana; si tratta, di fatto, di attribuire un’importanza molto diversa alle materie, anche in funzione del percorso liceale scelto. Per esempio, in un bac scientifico l’insuccesso nelle prove letterarie risulta ininfluente e viceversa.

Altro che “Oral à l’italienne” quindi! Con l’Esame di Stato la riforma Blanquer-Macron ha purtroppo in comune giusto la parola “MATURITÉ”

 

Maria Grazia Ceccobelli

Docente di francese nei licei e responsabile del progetto ESABAC del liceo linguistico “Aristofane” di Roma.

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