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Ambienti di apprendimento per lo sviluppo umano (seconda parte)

Pubblicato il: 26/09/2011 15:27:36 -


I recenti sviluppi delle neuroscienze sembrano confermare diversi elementi di una didattica socio-costruttivista che vede nell’interazione sociale e nella costruzione attiva dei significati da parte dei bambini il suo fulcro principale. Un ambiente di apprendimento equilibrato dovrebbe incuriosire e sollecitare continuamente la mente dei bambini senza farli mai sentire minacciati o insicuri. In questa seconda parte vengono analizzati alcuni principi che riguardano direttamente la prassi educativa.
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(segue)

ORGANIZZARE LA PRASSI EDUCATIVA

La chiave per una buona organizzazione dell’ambiente di apprendimento risiede nelle capacità di osservazione degli insegnanti. Dato che, come abbiamo visto nella prima parte di questo articolo, lo sviluppo di un bambino attraversa varie fasi e ciascun individuo cresce e apprende con un ritmo diverso, la chiave per saper strutturare attività in grado di stimolare in modo appropriato le diverse aree cerebrali e le attitudini interpersonali dei bambini risiede nella capacità dell’insegnante di osservare il bambino e rispondere ai suoi bisogni in misura adeguata.

Ogni esperienza di apprendimento, se viene vissuta in classe assieme agli altri e viene percepita come significativa per il sé, gioca un ruolo determinante nel configurare delle abitudini cognitive che possono durare per tutta la vita (Rogers, 1981). Ma poiché bambini diversi imparano in modo differente e si relazionano diversamente con il contesto sociale, diviene necessario assicurarsi che le esperienze scolastiche vengano vissute positivamente da tutti. Tale norma ci viene ricordata dal quarto dei Principi Significativi per lo Sviluppo (PSS):

PSS 4: Il modo nel quale le esperienze precoci dell’infanzia agiscono sullo sviluppo è riscontrabile con effetti sia di breve che di lungo termine. Per determinati aspetti dello sviluppo e dell’apprendimento esistono periodi ottimali.

Questo principio ci ricorda che ogni apprendimento ha una duplice valenza temporale; il bambino impara a usare nell’immediato le nuove competenze acquisite, e queste, a loro volta, vanno a interagire e modificare gli altri suoi sistemi – cognitivi, sociali e affettivi – nel lungo termine. Questo principio vale sia in positivo che in negativo, soprattutto perché le neuroscienze ci ricordano che esistono determinate finestre temporali nelle quali l’apprendimento è possibile e raggiunge i massimi risultati. Per esempio gli studi sull’apprendimento del linguaggio in bambini che hanno subito gravi forme di abuso, abbandono o trascuratezza, dimostrano che se non si impara a parlare nei primi anni di vita, diventa poi impossibile recuperare (Davis, 1940). Anche l’apprendimento di una seconda lingua risente dello stesso fenomeno. Bambini con meno di tre anni d’età sviluppano quasi miracolosamente la capacità di parlare, senza uno sforzo apparente e senza bisogno di studiare per ore grammatica e fonetica. Adulti e adolescenti, invece, fanno una enorme fatica per raggiungere livelli di competenza in una lingua straniera e secondo alcuni non riusciranno mai a eguagliare il livello di padronanza di un bambino di cinque anni che parla la sua lingua madre (Meisel, 2011). Un recentissimo numero monografico di Science, contiene uno speciale dedicato proprio all’importanza di una educazione precoce (lo special è disponibile anche online all’indirizzo http://www.sciencemag.org/site/special/education2011/). In esso, uno degli autori (Mervis, 2011) si chiede come mai, nonostante i vantaggi dell’educazione precoce siano ormai dati per acquisiti e sono stati ulteriormente confermati da tre recenti studi longitudinali, i governi non investano in tale direzione e non si preoccupino di offrirli a tutti i bambini?

Per poter raggiungere uno sviluppo ottimale, i bambini hanno bisogno di interagire con gli altri in modo attivo e regolare, di conoscere nuove parole ogni giorno, di costruire il proprio pensiero e comunicarlo ad altri, esprimere le proprie emozioni e soprattutto… fare ampio uso delle proprie capacità motorie e spaziali. E questi principi valgono sin dai primi giorni di vita e proseguono per tutto il periodo della scolarizzazione.

PSS 5: Lo sviluppo segue delle direzioni prevedibili che si basano su principi di una maggiore complessità, organizzazione ed interiorizzazione.

Il cervello umano è costantemente alla ricerca di schemi e collegamenti tra aspetti diversi della realtà esterna e tutto questo viene archiviato nella propria rete neuronale che così cresce e si sviluppa. Quando si sviluppano apprendimenti totalmente nuovi, il cervello crea nuove ramificazioni e connessioni tra i neuroni; quando invece si rafforzano apprendimenti precedenti, si ritiene che le connessioni esistenti si rafforzino per mezzo della mielinizzazione dei dendriti, e questo sembra avere effetti sulla memoria e sulla velocità con cui il cervello è in grado di gestire quel dato compito o azione (Diamond & Hopson, 1998). Il curricolo scolastico viene sempre presentato come un insieme di discipline diverse e separate e raramente le nuove informazioni e conoscenze vengono proposte come parti di una rete di saperi e culture precedenti. In questo modo non si favorisce la crescita di connessioni cerebrali perché le connessioni del mondo esterno vengono nascoste o frammentate. Al contrario, il modo più efficace di apprendere è quello che lega l’apprendimento a reali eventi della vita scolastica e del mondo esterno, dove nuove informazioni vanno ad aggiungersi e connettersi alle esperienze e conoscenze precedenti. La direzione esterno-interno rappresenta il senso nel quale procede l’apprendimento. Secondo l’approccio vygotskiano (Vygotskij, 1966) i bambini sviluppano anzitutto nuove abilità sul piano sociale, grazie all’interazione con altre persone più competenti di loro che li sostengono nello svolgimento di un compito. In un secondo tempo, una volta avvenuta l’interiorizzazione, sono in grado di padroneggiare le competenze e le abilità in modo indipendente. Il bambino è in grado ora di utilizzare in contesti diversi e di richiamare in memoria autonomamente in caso di bisogno le cose che ha imparato.

PSS6: Lo sviluppo e l’apprendimento sono il risultato congiunto di una maturazione biologica e della interazione con l’ambiente. Quest’ultimo è composto tanto da aspetti fisici che sociali.

La comprensione del mondo in cui si vive è modellata dall’ambiente di apprendimento, che va inteso sia in senso fisico – lo spazio, i tempi, i materiali con cui si apprende – che in senso socio-culturale – le norme e i valori, i codici e i simboli, le relazioni affettive – (Copple & Bredekamp, 2009). Il cervello umano è costantemente alla ricerca di informazioni sul mondo esterno; la natura e il flusso di queste informazioni dipendono ovviamente dal contesto in cui ci si trova a vivere e apprendere. Il cervello si occupa poi di selezionare e organizzare queste informazioni per dare loro un senso e interpretarle. Tuttavia, per poter operare in modo corretto, il cervello ha bisogno di un corpo che si trovi in uno stato di calma e benessere, ricco di ossigeno e nutrimento. Se un bambino è stanco, affamato o angosciato non sarà in grado di apprendere nulla, perché la sua mente sarà distratta dai segnali fisiologici di fame, di sonno o di paura. Per arricchire di ossigeno il sangue inoltre è necessario svolgere attività fisica in modo continuo, muoversi ed esercitare con continuità i propri muscoli. Per quanto riguarda i simboli e le relazioni interpersonali, l’ambiente di apprendimento è caratterizzato soprattutto dal linguaggio. La semplice azione del leggere rappresenta una delle sfide più impegnative per il nostro intelletto. Il nostro cervello è programmato per cercare schemi e regolarità percettive. In questo senso, è possibile aiutare un bambino che deve imparare a leggere cercando assieme a lui schemi e ripetizioni nelle lettere che compongono singole parole e nelle parole che compongono un testo. Rime e allitterazioni catturano l’attenzione del bambini in modo particolare. I bambini andranno coinvolti attivamente nelle diverse operazioni preparatorie e successive alla lettura, come per esempio decidere quale libro leggere, ricordare di cosa parla, raccontarlo agli altri, rimettere il libro al suo posto ecc. Bisogna inoltre ricordarsi che i bambini che sono cresciuti in ambienti domestici e che non hanno frequentato asili nido e scuole materne, sono meno abituati a usare il linguaggio in forme decontestualizzate e astratte. Essi sono cioè meno abituati a usare la lingua per descrivere eventi che appaiono lontani nel tempo o nello spazio. Per aiutarli ad acquisire questa abitudine, è utile partire da rappresentazioni grafiche, attività manuali e manipolazione di oggetti fisici (Snow, 1995). I bambini abituati ad ascoltare e parlare delle esperienze che vivono in famiglia e a scuola, hanno più possibilità di stabilire connessioni con la loro cultura e con i loro vissuti precedenti. Dato che nuovi apprendimenti si appoggiano sulle esperienze passate, questi bambini saranno in grado di generalizzare e di allargare la loro mente a concetti sempre nuovi e più complessi.

PSS7 I bambini possiedono diversi modi di conoscere e apprendere, e altrettanti modi di rappresentare ciò che sanno.

Il lavoro di Gardner sulle intelligenze multiple e gli studi che esso ha generato dimostrano come nelle scuole vi sia un primario bisogno di espandere il curricolo verso forme di intelligenza “divergenti”. Per esempio le intelligenze musicale, cinestetica, visuo-spaziale, interpersonale, naturalistica, sono segregate in piccoli spazi curricolari e vengono quasi sempre rigidamente mantenute separate dal resto del curricolo. La ricerca sul cervello ha provato come il sistema cerebrale usato per processare la musica sia strettamente connesso con altre funzioni fondamentali del cervello, comprese le emozioni, la percezione, la memoria e lo stesso linguaggio (Green, 1999). Questo significa che la musica, il movimento, l’educazione alla vita nella natura, possono essere utilizzate efficacemente per rinforzare la memoria, lo sviluppo linguistico, la socializzazione, la stessa facoltà di ricordare. Non solo: usare una molteplicità di codici a scuola significa riuscire a raggiungere un maggior numero di bambini che altrimenti resterebbero tagliati fuori da una comunicazione svolta esclusivamente con modalità linguistico-astratte o matematiche. Rappresentare fisicamente e non solo con il linguaggio gli oggetti e i simboli della propria cultura (per esempio: le lettere, i numeri, le forme geometriche) significa però aiutare tutti i bambini a comprendere e ricordare meglio (Jensen, 2008).

PSS8 Per poter imparare e svilupparsi bene, un bambino ha bisogno di vivere in una comunità dove si senta sicuro e valorizzato, dove i suoi bisogni fisici sono soddisfatti e dove egli possa sentirsi psicologicamente sicuro e protetto.

La percezione di una minaccia può avere risultati controproducenti nella vita quotidiana e in particolare nell’apprendimento degli alunni (Maslow, 1973). Le ricerche su cervello e apprendimento collegano lo stato di ansia del soggetto, la sua mancanza di serenità, alle difficoltà nel prestare attenzione e nell’utilizzare efficacemente le proprie funzioni psicologiche di natura superiore (per esempio la memoria di lavoro o l’attenzione sostenuta), come richiesto da un apprendimento efficace (Caine & Caine, 1997). Una meta analisi svolta su più di trenta ricerche in materia di ansia collegata alla comunicazione pubblica ed interpersonale (communication apprehension) rileva una correlazione tra tale timore e le carenze di performance cognitive del soggetto (Bourhis & Allen, 1992). È inoltre interessante notare che alcune delle ricerche analizzate dagli autori indicano come le caratteristiche istituzionali e organizzative dell’ambiente fungano da mediatori positivi nel mitigare tali effetti. Anche il bullismo è stata correlato a difficoltà di apprendimento e di concentrazione a scuola e ad altre forme di disadattamento sociale e malfunzionamento cognitivo. Uno studio del 2008 (Boulton, Trueman & Murray, 2008) svolto con bambini inglesi di 10 e 11 anni, non solo prova che i bambini che sono stati vittime di bullismo si trovano ad affrontare difficoltà scolastiche, ma che le difficoltà a concentrarsi in classe sono vissute anche da coloro i quali sviluppano semplicemente la paura o la sola preoccupazione di subire aggressioni in futuro. Infine, numerosi studi provano come l’ansia influisca negativamente sulle capacità del soggetto di svolgere compiti matematici. Per esempio il lavoro di Ashcraft e colleghi (Ashcraft & Krause, 2007) dimostra come le abilità di svolgere un compito matematico varino in funzione diretta dell’ansia che il soggetto esprime in connessione a questa materia e che tale ansia compromette il funzionamento della memoria di lavoro. Una scuola che voglia generare apprendimenti significativi, valutandoli e valorizzandoli in modo costruttivo, non può quindi ignorare l’aspetto delle paure e del disagio infantile (Bianchi di Castelbianco & Di Renzo, 2000; Capurso, 2003). Proprio perché è oggi assodato che memoria e apprendimento sono strettamente collegate ai vissuti emotivi, la classe e la scuola devono essere percepite, allo stesso tempo, come un ambiente in grado di sfidare e stimolare cognitivamente il bambino, garantendogli però una base di sicurezza sia fisica che emotiva.

CONCLUSIONI

Negli ultimi venti anni, anche grazie a nuove tecnologie di diagnostica per immagini, le neuroscienze hanno vissuto un notevole avanzamento scientifico. Molte delle loro scoperte vanno a confermare alcuni aspetti che gli educatori conoscevano già da tempo. Per esempio l’idea centrale del costruttivismo sociale, secondo il quale un bambino costruisce attivamente il significato della realtà in cui vive per mezzo della sua interazione con l’ambiente (Bruner, 2003); le modalità educative che si basano su un approccio multisensoriale quale quello proposto dalla Montessori; i concetti generali di assimilazione, accomodamento e adattamento di Piaget (Piaget, 1967); l’importanza dei gruppi eterogenei e del processo di interiorizzazione che ha la sua origine da sistemi socio-culturali, come teorizzato da Vygotskij (Vygotskij, 1966), sono tutte idee che hanno trovato conferma nei recenti progressi delle neuroscienze.

La ricerca sul cervello e sul suo funzionamento, quindi, ci aiuta a spiegare le ragioni per cui determinati modi di organizzare l’ambiente di apprendimento e di sostenere lo sviluppo dei bambini funzionano meglio di altri. Se il lavoro dei neuroricercatori è quello di spiegare in che modo funziona il cervello, la responsabilità di rendere operative tali informazioni e di connetterle empiricamente alla prassi didattica chiama in causa gli educatori e gli insegnanti.

Ma le recenti scoperte delle neuroscienze, che vanno a confermare decenni di buone prassi educative, chiamano in causa anche chi governa e ha ricevuto il compito di organizzare asili nido, scuole e università. Come fa notare Bronfenbrenner, il padre dell’ecologia dello sviluppo umano, tra politiche sociali e mondo della ricerca scientifica dovrebbe esistere un legame diretto (Bronfenbrenner, 2010). Chi si occupa di governare è istituzionalmente chiamato ad agire sull’ambiente di vita di altri esseri umani. Dato che le sue azioni avranno, inevitabilmente, conseguenze sullo sviluppo di altre persone, risulta quanto mai importante saper prendere decisioni basate sui risultati effettivi delle ricerche scientifiche già svolte. Chi sceglie di ignorare tali risultati si assume la responsabilità delle conseguenze che tali scelte avranno sullo sviluppo individuale, sociale ed economico di un intero paese.

Bibliografia:
• Ashcraft M.H. & Krause J.A., “Working memory, math performance, and math anxiety” [Article; Proceedings Paper], «Psychonomic Bulletin & Review», 14(2), 2007, 243-248. doi: 10.3758/bf03194059
• Bianchi di Castelbianco F. & Di Renzo M., “Vivere bene la scuola: esplorazione del disagio infantile nel mondo scolastico”, Roma, Edizioni scientifiche Magi, 2000
• Boulton M.J., Trueman M. & Murray L., “Associations between peer victimization, fear of future victimization and disrupted concentration on class work among junior school pupils”, «British Journal of Educational Psychology», 78, 2008, 473-489. doi: 10.1348/000709908×320471
• Bourhis J. & Allen M., “Metaanalysis of the relationship between communication apprehension and cognitive performance”, «Communication Education», 41(1), 1992, 68-76
• Bronfenbrenner U., “Rendere umani gli esseri umani: bioecologia dello sviluppo” (M. Capurso, Trans.), Trento, Erickson, 2010
• Bruner J.S., “La mente a più dimensioni” (Nuova ed.), Roma, GLF editori Laterza, 2003
• Caine R.N. & Caine G. “Education on the edge of possibility”, Alexandria, Va., ASCD, 1997
• Capurso M., “Relazioni educative e apprendimento: modelli e strumenti per una didattica significativa”, Trento, Erickson, 2003
• Copple C. & Bredekamp S., “Developmentally appropriate practice in early childhood programs serving children from birth through age 8” (3rd ed.), Washington, D.C., National Association for the Education of Young Children, 2009
• Davis K., “Extreme Social Isolation of a Child”, «American Journal of Sociology», 45(4), 1940, 554-565
• Diamond M.C. & Hopson J.L., “Magic trees of the mind: how to nurture your child’s intelligence, creativity, and healthy emotions from birth through adolescence”, New York, Dutton, 1998
• Jensen E., “Brain-based learning: the new paradigm of teaching” (2nd ed.), Thousand Oaks, CA., Corwin Press, 2008
• Maslow A.H., “Motivazione e personalità” (9 rist ed.), Roma, Armando, 1973
• Meisel J.r.M., “First and Second Language Acquisition: Parallels and Differences”, Cambridge, Cambridge University Press, 2011
• Mervis J., “Past successes shape effort to expand early intervention”, «Science (New York, N.Y.)», 333(6045), 2011, 952-956
• Piaget J. (1964), “Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia”, Torino, Einaudi, 1967
• Rogers C.R. (1969), “Libertà nell’apprendimento” (3 rist ed.), Firenze, Giunti Barbera, 1981
• Snow C.E., “SHELL: Oral Language and Early Literacy Skills in Kindergarten and First-Grade Children”, «Journal of Research in Childhood Education», 10(1), 1995, 37-48
• Vygotskij L.S., “Pensiero e linguaggio”, Firenze, Universitaria-G. Barbera, 1966

Michele Capurso

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