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Una soluzione c’è… tra chimica e parole

Pubblicato il: 03/05/2013 12:55:27 - e


Laboratorialità e linguaggio nella costruzione dei concetti in un percorso di chimica nella scuola primaria. L’esperienza è stata presentata al III Convegno di Education 2.0.
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INQUADRAMENTO DEL LAVORO

Il percorso didattico illustrato di seguito è stato elaborato con il gruppo di ricerca in Didattica della Chimica dell’Università di Genova coordinato dal Prof. Aldo Borsese, con l’obiettivo di esplorare un nuovo approccio all’insegnamento delle scienze e in particolare alla costruzione del linguaggio scientifico relativo alla chimica nella scuola Primaria.

Abbiamo collegato le attività relative alla costruzione di concetti basilari della chimica, con il campo di esperienza(1) delle produzioni (si producono beni da vendere al Mercatino di Natale o da regalare ai genitori, come sali da bagno, sciroppi,…), per contestualizzare e rendere significativo l’apprendimento e per garantire la complessità necessariamente interdisciplinare della realtà a cui il bambino può far riferimento nell’esperienza quotidiana, fornendogli la possibilità di elaborare, sotto la guida dell’insegnante, un modello adeguato alla sua enciclopedia cognitiva(2) senza però banalizzare la realtà.

L’esigenza di un percorso didattico indissolubilmente legato a esperienze condivise e significative per i bambini è nata dalla particolare eterogeneità cognitiva e culturale di due classi prime della scuola primaria “F. Mignone” di Savona, in cui era presente un elevato numero di alunni disabili o con difficoltà di apprendimento.

Abbiamo cercato quindi di costruire un lessico comune concettualmente condiviso sulla base di esperienze effettuate, analizzate e in parte progettate in classe dai bambini sotto la guida dell’insegnante.

L’ESPERIENZA

Abbiamo iniziato a costruire in classe il concetto di solubilità partendo dal linguaggio naturale posseduto dai bambini per farli arrivare ad associare nuovi significati a parole nuove o già presenti nel loro vocabolario con significato diverso (come ad esempio “sciogliere”).

Durante il primo ciclo abbiamo curato in modo particolare l’acquisizione dei requisiti lessicali e concettuali necessari per le attività successive, arrivando alla costruzione di una definizione condivisa di “sostanza solida solubile in acqua” (ad esempio “Una sostanza solida è solubile in acqua, cioè si scioglie in acqua, quando… non si vedono più granelli e il liquido è trasparente colorato o trasparente incolore”), fino a giungere, negli anni successivi, ai concetti di conservazione della massa, concentrazione e saturazione.

Nel secondo ciclo si sono ripresi i concetti acquisiti e si è proceduto a un approfondimento degli aspetti osservati (“I granelli non si vedono o non ci sono più? Cosa possiamo fare per stabilirlo? Possiamo sciogliere quanto sale vogliamo in un bicchiere d’acqua? Come posso fare a produrre una quantità maggiore di soluzione della stessa tonalità di colore?”) fino ad arrivare alla definizione di “concentrazione” come rapporto tra grandezze non omogenee, collegando le esperienze svolte in diverse situazioni durante tutti i cinque anni (misure, rappresentazione decimale, concetto di frazione e di percentuale, concetto intuitivo di proporzione).

Dalla discussione di bilancio(3) volta a ricordare cos’è una soluzione, come la si riconosce, quali soluzioni sono state preparate in passato e quali caratteristiche sono state individuate, è seguita una produzione individuale: “Da cosa dipende la concentrazione di una soluzione?”.

Dopo la condivisione delle risposte abbiamo proposto la scheda di verifica (Allegato 1), divisa in due parti: una di riflessione in classe (punti 1 e 2), l’altra da svolgere in laboratorio.

I risultati sono stati complessivamente soddisfacenti: anche i bambini che hanno commesso errori hanno dimostrato di aver interiorizzato molti dei concetti trattati e di avere un’idea dei processi da utilizzare (Allegato 2).

RIFLESSIONI CONCLUSIVE

Molti bambini hanno confuso i ml di soluzione con i ml di acqua, nonostante nella consegna fosse chiaro che i ml da considerare nel rapporto erano quelli di soluzione. Abbiamo allora ripreso il campo di esperienza che avevamo usato per introdurre le percentuali, cioè le ricette: il 30% di cacao in una tavoletta di cioccolato da 100 g non significava 30 g di cacao su 100 dei rimanenti ingredienti, ma 30 g di cacao su 100 g di cioccolato, in cui c’era anche lo stesso cacao.

I bambini affetti da autismo hanno reagito molto positivamente alla parte operativa e di osservazione e descrizione. Dando loro solo una consegna per volta sono stati in grado di compilare le schede o rispondere oralmente. Tutti hanno comunque dimostrato di aver interiorizzato i concetti su cui abbiamo lavorato e di saper utilizzare il relativo lessico correttamente (e autonomamente) in contesti diversi da quello prettamente scolastico.

In situazioni complesse come quella proposta per la verifica finale, per alcuni non è stato possibile prescindere dal supporto di un adulto.

Nonostante le due classi fossero profondamente diverse in termini di dinamiche interpersonali e di situazioni individuali di difficoltà, i risultati sono stati invece molto simili, e questo ci ha confermato la loro oggettività e indipendenza dal contesto specifico del gruppo classe; il progetto è stato sperimentato anche in altre classi ed è certamente trasferibile anche ad altri contesti scolastici, in particolare a quelli in cui gli insegnanti, dovendo gestire situazioni di disagio o di disparità culturale e cognitiva, vogliono sviluppare le potenzialità di ciascun allievo, senza trascurarne alcuno.

Bibliografia:
(1) P. Boero, “The Crucial Role of Semantic Fields in the Development of Problem Solving Skills…”, in “Mathematical Problem Solving and New Information Technologies”, pp.77-9, ASI series, Springer-Verlag, Berlin, 1992.
(2) A. Borsese, “Il problema della comunicazione nella didattica e la questione della formazione degli insegnanti”, in “Fondamenti Metodologici ed Epistemologici, Storia eDidattica della Chimica”, vol. 1, a cura di E. Niccoli, P. Riani, G. Villani, S.T.A.R., pp.179-275, Pisa, giugno 1998.
(3) M. Bartolini Bussi, M. Boni, F. Ferri, “Interazione sociale e conoscenza a scuola: la discussione matematica”, Rapporto tecnico n°21, Nucleo di ricerca in Storia e Didattica della Matematica, Dipartimento di Matematica Pura e Applicata, Università degli Studi di Modena, 1995.

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Immagine in testata di Photl (licenza free to share)

Ilaria Rebella e Barbara Mallarino

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