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La riforma delle superiori tra draghi ed elefanti

Pubblicato il: 16/06/2010 18:36:47 -


Per tentare di capire l’effettiva natura e portata della contestata riforma prossima ventura delle superiori della Repubblica, bisogna uscire dalla pura logica quantitativa ed educativa e inserirsi nelle dinamiche mondiali della globalizzazione.
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L’Occidente euro-americano si trova ad affrontare una crisi economica che è anche sociale, culturale ed educativa senza precedenti. Non si parla chiaro né si dice ai cittadini, in particolare italiani, che gran parte di questa crisi non è soltanto congiunturale e strutturale, ma anche e soprattutto epocale. I responsabili di questi drammatici avvenimenti si trovano in Cina e India. Il Dragone Cinese e l’Elefante Indiano sono i protagonisti di questa trasformazione epocale.

In un primo momento si è cercato di rispondere alla concorrenza orientale, che limitava sempre più l’accesso occidentale ai mercati, con robuste iniezioni di privatizzazioni nella sanità, nella previdenza e nella formazione, nel tentativo non riuscito di ritagliarsi in questi settori interni in gran parte statalizzati quegli spazi di investimento e di profitto capitalistico perduti sui mercati mondiali sempre più monopolizzati dalle merci orientali.

Alcuni economisti e non certamente dei pedagogisti hanno fatto notare che i due Giganti Asiatici di cui prima, grazie anche alla loro tradizione educativa e formativa, e non solo alla loro forza economica, sono balzati sui mercati mondiali come nuovi e quasi invincibili antagonisti globali.

Nel nostro continente e specialmente in Italia, non sappiamo fino a che punto consapevoli di tale sfida asiatica non tanto sul piano economico quanto su quello culturale ed educativo, si è creduto di rispondere rispolverando e “rinazionalizzando” le nostre istituzioni educative in gran parte non certamente all’avanguardia, per non dire obsolete. Sia i licei che i tecnici e la formazione professionale sono stati incardinati in un sistema istituzionale che, pur facendo ancora primeggiare la cultura umanistica dei Licei, introduce notevoli dosi di scienza e tecnologia. Alla “radice” di questa impostazione vi è la convinzione che con il ritorno all’astrazione teoretica e alla specializzazione scientifica e tecnologica, scaturite dall’umanesimo e dall’illuminismo e sostenute dall’atomizzazione meritocratica strettamente connessa a una visione di una società individualistica, vi possa essere una “Rinascita” e un ringiovanimento di un sempre più attardato capitalismo.

Ma, ovviamente, la situazione è molto più complessa di quanto questa impostazione rinazionalizzatrice e neo-occidentale fa emergere.

Un sistema dei Licei, anche quando rivisitato e rafforzato da dosi massicce di scienza e tecnologia, non solo italiano, poteva forse andar bene in una civiltà e in una società dominante, egemonica e perciò autoreferenziale che non temeva confronti e scontri per il semplice fatto che di fronte alla sua “Ragione” non esistevano altre ragioni sostenute da forza economica e da tradizioni educative alternative o comunque in concorrenza.

È difficile, molto difficile, confrontarsi con tradizioni educative e forze economiche che nei propri curricoli e nelle proprie maestranze non hanno mai conosciuto o praticato approcci umanistici o illuministici, ma, che, al contrario, si misurano col mondo in termini naturalistici o mistici che non si escludono a vicenda e che praticano e vivono le relazioni sociali in termini di armonia cosmica.

L’introduzione, là dove è avvenuta, nelle nostre scuole, delle “dottrine” costruttivistiche ha ulteriormente “soggettivato” e “idealizzato” l’approccio educativo, allontanando ulteriormente, se non addirittura negando, l’incontro con il naturalismo e con la realtà.

Non è solo una questione di nuovi immaginari e di linguaggi alternativi figli dell’elettronica e dell’informatica. I nostri adolescenti e i nostri giovani, attraverso i mille rivoli di una globalizzazione ricorrente e permanente, rivendicano strategie e stili educativi che la Riforma neanche intravede. L’enfatizzazione di un modello educativo fortemente “culturalistico” nelle nostre istituzioni formative non coglie e non accoglie dinamiche mente-corpo e processi di apprendimento non necessariamente scuola-centrici. I rapporti “naturali” non solo ecologicamente intesi non sono minimamente considerati. Le relazioni e le transazioni uomo-natura sono ancora intrise e “insegnate” nella logica del superomismo.

Tutto ciò che si apprende è ancora finalizzato a una logica di dominio umano sulla natura, ma anche sul proprio corpo. La natura è vista come una nemica al contrario di quanto accade in Oriente dove si apprende nelle scuole l’importanza di un rapporto armonico con la natura in cui anche la società è immersa.

Il costruttivismo dilagante in Occidente nei curricoli e nelle transazioni educative separa ulteriormente natura e cultura. La tecnologia retorica e quella scientifica affiancano, sostengono e potenziano l’artificialità dell’educazione e della vita quotidiana. L’enfasi posta sul merito divide e atomizza artificialmente la classe. Gli esclusi dal club meritocratico, la maggioranza degli allievi, risponderanno sempre di più col bullismo e col disagio a una scuola sempre più atomizzata e tecnologizzata dal merito individuale che costruisce ulteriori barriere e divisioni sociali e “naturali”.

Gennaro Tedesco

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