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Omaggio a Margherita Hack, amica delle stelle

Pubblicato il: 23/02/2022 02:15:02 -


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In suo onore nel 1995 due astronomi  hanno battezzato con il suo nome un nuovo asteroide appena scoperto, “8558 Hack”, diventato poi anche il titolo di uno spettacolo teatrale che accompagna gli spettatori in un viaggio spaziotemporale, in cui il percorso biografico di Margherita Hack si intreccia con le scoperte storiche nel campo dell’astrofisica[1].

Margherita nasce nel 1922 a Firenze, proprio in via Centostelle, e in questa città vive per oltre trent’anni; l’ha sempre sentita come la sua città e vi è sempre ritornata per brevi periodi con emozione, pur sentendosi “decrepita” al solo pensiero di quanti anni fossero trascorsi da quando giocava a nascondino, a palla prigioniera e a pallone nei vicoli e nei giardini o li percorreva in sella alla bicicletta[2].

Il meccano era il gioco che fra tutti l’appassionava di più da bambina, una serie di scatole che permettevano di fare costruzioni sempre più complesse; tuttavia riuscì ad averne in dono soltanto due scatole, perché il costo elevato non era accessibile per la sua famiglia di umili origini.

In laboratorio da scienziata continuò a divertirsi ad armeggiare, a smontare e rimontare cose, come era sua abitudine anche con la bicicletta e con il meccano.

Al Liceo Galilei, il più vecchio e famoso Liceo ginnasio di Firenze, studiava come “un onesto impiegato, che fa coscienziosamente il suo dovere, nulla di più”. Non nutriva nessuna passione particolare per le materie di studio dei primi anni, come il latino, l’italiano e la storia; in particolare la sua ‘bestia nera’, come racconta nella sua autobiografia, era la filosofia, in cui paradossalmente ebbe otto, non capendo nulla, e sei in matematica e fisica che erano il suo forte.

A scuola espresse con vigore le proprie posizioni antifasciste e secondo la legge di allora avrebbe dovuto essere allontanata da tutte le scuole del Regno; tuttavia, grazie al sostegno di tanti insegnanti, antifascisti in segreto, se la cavò con una sospensione di venti giorni. Quella sua forte passione civile e politica rimarrà viva anche in età adulta e per tutta la sua lunga vita.

Non ebbe mai esitazione di fronte al desiderio cambiamento, né trovò ostacoli in famiglia: le bastò infatti una sola ora di lezione, peraltro tenuta da un famoso critico letterario, per decidere che la facoltà di Lettere decisamente non faceva per lei e così si iscrisse a Fisica per cui si sentiva certamente più portata. Un corso per pochi quello di Fisica nell’anno accademico 1940-41: tre ragazzi e tre ragazze. L’interesse e la vera passione per lo studio si accesero in lei solo dopo questa scelta.

L’astronomia non è mai stata una forte passione giovanile, come è stato invece per tanti miei colleghi e come spesso si legge nei racconti romanzati sulla vita dei grandi scienziati. L’ho scelta un po’ per caso, come un po’ per caso mi sono iscritta a Fisica, forse perché al liceo era tra le materie che mi interessavano di più, insieme alla matematica. Certo a quel tempo nessuno si preoccupava di illustrarci i vari corsi di laurea per aiutarci a scegliere.  Andavo completamente alla cieca, avendo un’idea anche abbastanza confusa di cosa fosse l’università stessa. Mi consola l’aver saputo in seguito che Harlow Shapley, uno dei più famosi astrofisici del Novecento, fosse così confuso al momento di decidere sul suo futuro universitario da scegliere, come racconta lui stesso, il primo corso in ordine alfabetico e scelse appunto Astronomia.

In prospettiva della laurea Margherita richiese una tesi in elettronica, ma il direttore dell’Istituto gliene propose una in elettrostatica, argomento a suo parere vecchio e poco stimolante. Anche in questo caso, dopo due sole settimane di lavoro sulla bibliografia, decise di cambiare con l’argomento che fra tutti l’attirava di più: l’astronomia. Così la sua tesi fu preparata durante la Seconda guerra mondiale, facendo osservazioni con il telescopio sulla terrazza dell’Osservatorio – dove cadevano continuamente schegge di colpi di artiglieria – e scritta alla luce di un lume a petrolio, perché a casa non c’era l’elettricità. Proprio l’impegno dedicato alla tesi presso l’Istituto di Arcetri le fece scoprire il significato della parola ‘ricerca’ e non le ci volle molto per capire che questa era la sua vera passione e che avrebbe continuato a fare ricerca per il resto della vita.

Dopo la laurea le furono sufficienti, infatti, dieci mesi di lavoro nel reparto di ottica della Ducati, per comprendere che l’industria non faceva per lei e che voleva fare ricerca a ogni costo. Appena fu possibile tornò part-time all’Osservatorio e finalmente ebbe l’incarico di assistente e poi la libera docenza, l’equivalente dell’odierno dottorato.

Non c’erano ancora i computer e quindi si doveva fare a mano ogni singolo conticino; ci voleva un anno di lavoro per fare ciò che oggi richiede pochi minuti e le osservazioni con il telescopio nelle notti serene, negli Osservatori di Arcetri, e poi di Brera e di Merate, venivano effettuate con strumenti semplici e poco tecnologici. Poi il giorno più bello della vita di Margherita Hack, l’incarico di professoressa ordinaria di Astronomia all’Università di Trieste.

La sua curiosità e la vivace intraprendenza la portarono a incontri fondamentali per la sua formazione scientifica nei laboratori più all’avanguardia, sia in Europa che in America, dove seppe guadagnarsi la stima e la fiducia di illustri astronomi, tutti maschi, naturalmente.

Grazie alla sua visione lungimirante l’Osservatorio di Trieste è decollato dalla marginalità provinciale di fanalino di coda dell’astronomia italiana alla ribalta internazionale in soli vent’anni. La tenacia e la determinazione di Margherita, unite al piglio di giovane direttrice (dal 1964 al 1987), ribaltarono velocemente la situazione drammatica dell’Osservatorio: da poco personale a gruppi di ricercatori specializzati in spettrografia stellare, in galassie e in radioastronomia stellare, accreditati a livello europeo e ben collegati ai circuiti della ricerca internazionale; da un ‘telescopino’ paragonabile a quelli con cui oggi giocano i ragazzi, a una strumentazione sofisticata e innovativa.

A oltre trent’anni dalla fine della sua direzione, l’Osservatorio ha continuato a crescere ed evolversi  e la spettroscopia ne è senz’altro un fiore all’occhiello.

Un unico rimpianto per Margherita: se fossi nata cinquant’anni più tardi avrei potuto fare molto di più sul piano scientifico grazie alla tecnologia. Donna degli anni Venti, la Hack è comunque riuscita a decodificare tanti enigmi delle stelle e a diventare un’icona dell’Astrofisica.

E’ stata sempre anche una scienziata attenta alla divulgazione e ha mantenuto viva la convinzione che divulgare sia anche un po’ un dovere, perché in fondo lo scienziato è pagato dallo Stato, quindi è giusto che si faccia sapere a che cosa serve la ricerca[3]. Ha saputo raccontare la scienza attraverso i mezzi di comunicazione, diventando nel tempo un personaggio apprezzato dal grande pubblico, capace di infondere curiosità per l’astrofisica e soprattutto di renderla accessibile.

Nel centenario della sua nascita Milano la celebra con una statua, la prima dedicata a una scienziata in Italia, che verrà collocata nel mese di giugno di fronte all’Università degli Studi,.

Il cielo è stata la sua vera passione: E’ così bello fissare il cielo e accorgersi di come non sia altro che un vero e proprio immenso laboratorio di fisica che si srotola sulle nostre teste. “Sguardo fisico”, l’opera artistica realizzata da Daniela Olivieri, la ritrae intenta ad osservare le stelle mentre emerge da un vortice corrispondente alla galassia.

Scrive la Olivieri nello studio che correda il bozzetto in argilla della statua: Margherita Hack ci insegna che l’essere umano non è cosa altra rispetto all’universo, ma ne è parte integrante: non guarda il cosmo dall’esterno, ma dal suo interno. E’ una visione cosmologica che invita alla fratellanza, perché ci insegna che siamo tutti costituiti della stessa materia, fatti degli stessi atomi, un tempo creati all’interno delle fornaci stellari. In un’intervista, alla domanda su cosa succederà dopo la sua morte, ella risponde tranquillamente che gli atomi che costituivano le sue cellule le sopravviveranno, ritornando in circolo nell’atmosfera e quindi nell’universo.

Questa statua non è volta soltanto a ricordare la memoria della Hack, bensì, anche a valorizzare il ruolo delle donne nella scienza e a lanciare un messaggio emblematico alle ragazze, perché siano sempre più numerose a intraprendere facoltà scientifiche[4]. 

Il mondo scientifico ancora oggi è piuttosto scettico nei confronti delle giovani scienziate e i dati non sono troppo confortanti: secondo l’ultima ricerca realizzata da Ipsos per Save the Children, in occasione dell’ottava Giornata Internazionale istituita dall’Unesco per le Donne e le Ragazze nella Scienza, solo 21 ragazze su 100 scelgono le materie Stem (scienze, tecnologia, ingegneria, matematica e, in generale, il sistema di conoscenze scientifiche)[5].

Occorre incentivare la partecipazione delle ragazze al mondo scientifico e riconoscere il loro ruolo nella scienza, come agenti di cambiamento per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall’Agenda 2030.

La scienza è un mestiere per donne e l’uguaglianza di genere in questo campo è una strada da percorrere con convinzione[6]. In questo Margherita Hack, protagonista del Secolo breve, rimane un esempio e un punto di riferimento anche per le donne delle giovani generazioni.

[1] https://edu.inaf.it/approfondimenti/personaggi/8558-hack-storia-in-musica-e-parole-di-margherita-hack/

[2] M. HACK, Qualcosa di inaspettato. I miei affetti, i miei valori, le mie passioni, Laterza, 2004.

[3] M. HACK, Idee per diventare astrofisico. Osservare le stelle per spiegare l’universo, Zanichelli, 2005.

[4] https://www.casadegliartisti.net/2022/01/13/una-scultura-per-margherita-hack/

[5] https://www.msn.com/it-it/notizie/other/studio-per-ragazze-materie-scientifiche-ancora-poco-adatte-a-loro/ar-AATIHEP

[6] R. PALOMBA, Sognando parità. Occupazione e lavoro, maternità, sesso e potere, violenza e povertà: le pari opportunità, se non ora quando?, Ponte alle Grazie, 2013. S. SESTI-L. MORO, Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie, Ledizioni, 2018.

 

Rita Bramante Già Dirigente scolastica, membro del Comitato Nazionale per l'apprendimento pratico della Musica

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