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Guardare il cielo con le dita

Pubblicato il: 23/05/2013 11:28:22 -


L’educazione scientifica basata sull’investigazione: da una passeggiata sotto le stelle durante una gita all’idea di osservare ed esplorare il cielo attraverso delle app tecnologiche. L’esperienza è stata presentata al III Convegno di Education 2.0.
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Molti anni fa, passeggiando di notte con i miei studenti, insonni come sempre in gita scolastica, mi è capitato di introdurli all’osservazione del cielo.

L’interesse che dimostrarono in quella occasione mi colpì e mi indusse a organizzare un ciclo di incontri serali di osservazioni a occhio nudo, ripetuti poi in anni più recenti anche usando il telescopio di un astrofilo locale.
Ricordo che gli studenti ebbero l’idea di fotografare la Luna con i loro cellulari, accostandoli semplicemente al telescopio e ottennero peraltro foto di imprevedibile qualità.

Dopo quella esperienza pensai che mi sarebbe piaciuto realizzare un’attività che, coniugando osservazione del cielo e nuove tecnologie mobili, desse ai ragazzi una certa libertà di apprendere secondo modalità tipiche dei contesti informali a loro apparentemente più congeniali e in cui l’apprendimento personalizzato fungesse da amplificatore della scelta laboratoriale.

Da allora sono passati anni durante i quali abbiamo assistito alla diffusione di tablet e smartphone insieme all’avvento della banda larga che ci consente di essere connessi (quasi) sempre e ovunque, e per questo la mia idea è diventata realizzabile.

La classe coinvolta è stata una seconda Liceo Scientifico, opzione delle Scienze Applicate.

Un giorno, durante l’ultima ora di lezione, ho consegnato a ciascuno studente un Qrcode chiedendo di scoprire cosa fosse e a che cosa servisse.
A casa avrebbero dovuto trovare un programma tra i tanti gratuiti disponibili in rete, per decodificare il messaggio. Due soli studenti ne sapevano qualcosa.

Il codice apriva un Google form che avevo creato per raccogliere informazioni su quanta tecnologia ci fosse nelle tasche dei nostri studenti (iphone, smartphone, tablet, netbook ecc) e sulla loro disponibilità a partecipare all’attività.

L’esito generalmente positivo del questionario mi ha indotto a proseguire ponendo domande ai ragazzi per far emergere le loro conoscenze pregresse di astronomia o eventuali misconcezioni e credenze ingenue, ma anche per affascinarli, coinvolgerli e motivarli a partecipare.

Con le loro risposte è stata costruita una mappa collaborativa alla LIM alla quale ho poi collegato il mio iPad per mostrare il cielo notturno grazie all’applicazione Star Walk, spiegando brevemente come essa può servire nelle osservazioni astronomiche.

Agli studenti con telefonini Android ho suggerito Google Sky Map e Star Chart come valide alternative.
Uno dei ragazzi ha offerto la terrazza della sua casa come luogo di osservazione poco illuminato e si è fissata la data dell’incontro.

L’applicazione citata è stata usata in tre modi:
• come telescopio virtuale – con il tablet sul banco gli studenti esplorano l’universo spostandosi con le dita e svolgono attività significative come cercare corpi celesti per nome e localizzarli nel cielo o simulare uno scorrimento accelerato del tempo e osservarne i mutamenti;
• come finestra virtuale sul cielo – inclinando il tablet verso l’alto attivano bussola e geolocalizzazione e guardano sullo schermo il cielo che hanno realmente davanti;
• in realtà aumentata – in questo modo attivano anche la telecamera, così il cielo virtuale si sovrappone a quello reale donando loro un’esperienza arricchita e diventando cliccabile e ricco di informazioni.

Una volta tornati a casa dopo l’osservazione gli studenti hanno potuto continuare a osservare il cielo autonomamente, arricchendo la loro esperienza e mettendo in atto un apprendimento autoorganizzato: con l’insegnante avevano appreso una metodologia, avevano imparato a imparare.

La fase successiva è stata quella della ricerca, stimolata da un set di domande alle quali trovare risposte lavorando in piccoli gruppi usando l’integrazione di Star Walk con Wikipedia ma anche con siti web specialistici.
Mentre i gruppi cercavano le risposte gli studenti condividevano informazioni, commenti e volendo anche emozioni via Twitter (integrato anch’esso in Star Walk), mentre alla LIM veniva visualizzato il flusso corrispondente all’hashtag convenuto.

L’integrazione di più tecnologie è stata pensata per semplificare i compiti, ma anche per amplificare il senso di condivisione e la connessione all’interno dei gruppi e tra i gruppi.

La fase finale è consistita nella produzione e presentazione di un testo scientifico illustrato da immagini scattate dagli studenti durante il loro viaggio virtuale.

Le piccole pubblicazioni prodotte con applicazioni gratuite per tablet andavano dal semplice fumetto alla vera relazione scientifica.
Alcuni studenti hanno preferito creare un pdf da condividere perché fosse inserito nelle librerie iBook dei vari devices, altri hanno preferito editare libri sfogliabili a video o produrre brevi filmati.

Infine i gruppi hanno condiviso alla LIM i propri lavori, relazionando sul prodotto ma anche sul processo e sulle sue fasi: l’apprendimento autoorganizzato, l’osservazione sperimentale, l’investigazione, la mediazione didattica del docente, la produzione collaborativa e la capacità, dopo questa esperienza, di guardare la realtà che li circonda con occhio più scientifico e consapevole.

Maria Guida

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