Home » Didattica e apprendimento » Il ‘non formale’ e la legge 107. L’operatività della roadmap

Il ‘non formale’ e la legge 107. L’operatività della roadmap

Pubblicato il: 28/10/2015 15:40:19 -


Dall’intervento svolto a EXPERIMENTA4 – Firenze 29 settembre 2015.
Print Friendly, PDF & Email
image_pdfimage_print

“Per realizzare una scuola aperta, quale laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica … la presente legge dà piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche”: così recita il primo capoverso del comma 1: un manifesto in cui non possiamo non riconoscerci.

E poi continua con il comma 7, individuando fra gli altri “obiettivi formativi prioritari”:

– sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica

– sviluppo di comportamenti responsabili sviluppo delle competenze digitali degli studenti, con particolare riguardo … ai legami con il mondo del lavoro

– potenziamento delle metodologie laboratoriali e delle attività di laboratorio

– incremento dell’alternanza scuola-lavoro nel secondo ciclo d’istruzione

E continua introducendo la possibilità di aprire le scuole anche nei periodi di sospensione dell’attività didattica (c. 22), di inserire insegnamenti opzionali nel triennio (c. 28), e insieme imponendo all’amministrazione un Curriculum dello studente che consenta “una trasparente lettura della progettazione e della valutazione per competenze”.

Ma soprattutto introduce l’obbligo di percorsi di alternanza scuola-lavoro anche nei licei per 200 ore nel triennio (400 ore negli istituti tecnici e professionali) per “incrementare le opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti”. E’ questo a mio avviso il più potente grimaldello per aprire la scuola all’extrascuola e per imporre una cultura del fare scuola che veda, come diciamo nel documento di lavoro per questo convegno, la scuola “quale canalizzatore di processi educativi che hanno luogo al suo esterno”.

Insomma il quadro c’è, ma restano molti nodi da sciogliere, in particolare il problema della valutazione. Su questo tema domani ci saranno occasioni di riflessione: è evidente comunque che solo una valutazione delle competenze, e in particolare delle competenze chiave di cittadinanza, potrà consentire alla scuola di descrivere e misurare tutto l’insieme di apprendimenti ‘nuovi’, ma fondamentali per la persona e per il mondo del lavoro, che nell’incontro fra formale e non formale lo studente acquisirà: si tratta di promuovere una cultura e un’etica del lavoro, valorizzando comportamenti responsabili, creatività e attitudine all’autoimprenditorialità. Questa sì, una bella sfida.

Vorrei ricordare, last but not least, che nella legge 107 questa nuova idea di scuola si sostanzia di strumenti: dal Piano Nazionale Scuola Digitale, al Portale unico, ai Laboratori territoriali per l’occupabilità. Finalmente insomma finanziamenti, dopo un decennio di tagli: quasi raddoppiato il Fondo per il funzionamento, incrementato il FIS, previsto il bonus per la premialità delle eccellenze docenti, assegnati i 500 euro per la formazione. Per non parlare poi dei finanziamenti dichiarati (per l’alternanza, per l’edilizia, per il portale unico, ecc.), che ancora non abbiamo visto, ma che si può sperare concretamente arrivino, visto il buon esito di quanto già accaduto.

Dunque dal quadro ora descritto quali risultati possiamo aspettarci, quali possibilità per la roadmap che nel documento abbiamo provato a disegnare? Ne vorrei sottolineare 3:

1. scardinare i modelli: superamento dell’idea della centralità e unicità della scuola come agenzia formativa, di pratiche metodologiche solo trasmissive, di valutazione delle sole conoscenze;

2. ridefinire le modalità della valutazione: ampliare alla valutazione delle competenze, in particolare di quelle trasversali, distinguendo una valutazione di processo attraverso il portfolio e una di prodotto, attraverso la certificazione delle competenze;

3. costruire cornici operative (attraverso protocolli di intesa, reti, convenzioni, ecc.) per sostenere il rapporto interno/esterno alla luce di una ‘libertà giudiziosa’ nell’uso della flessibilità e dell’ampliamento del tempo scuola.

Il dibattito sui temi che ci vedono qui riuniti non è certo nuovo, ma è stato sempre bloccato dall’affermazione/denuncia di un quadro normativo troppo rigido e chiuso. Vero. Adesso tuttavia la situazione è cambiata: eppure non sento plausi, e incoraggiamenti, e liete speranze dal mondo della scuola, sì critiche, e denunce di velleitarismo, e rilievi di persistenti difficoltà. Certo non tutto è risolto – e la prossima uscita di un documento normativo sull’alternanza conferma quanto anche solo questa specifica materia sia vasta e bisognosa di una radicale rilettura. Ma appunto questa nuova sintesi viene offerta.

Mi pare quindi che la resistenza sia prima di tutto il segno di un invecchiamento e un forte tradizionalismo della scuola, che utilizza il ‘non si può’ come alibi per non mettersi in discussione, per reiterare comportamenti che denuncia come stantii, eppure vive come rassicuranti. Si sa, il nuovo spaventa.

La sfida che si prospetta è invece quella di una sintesi nella complessità: la capacità di salvaguardare la dimensione conoscitivo/trasmissiva della scuola, riletta alla luce di tutte le nuove esigenze illustrate, sarà la misura del vero successo di questo percorso; non resistenze di retroguardia, né gattopardeschi nominalismi perché “tutto rimanga com’è”, ma nemmeno il rifiuto del prezioso per liberarsi dall’indesiderato.

Perché questo traguardo sia colto, è necessaria, a mio avviso, la sinergia di diversi fattori:

– le teste ben fatte dei docenti: la formazione in situazione;

– la leadership dei Dirigenti Scolastici: guidare il rinnovamento con la lucidità dei traguardi per lo specifico profilo della propria scuola e lo sguardo’riflessivo’ al proprio contesto e alle proprie risorse umane; trainare insomma in velocità, ma senza strappi;

– il supporto dell’Amministrazione: la tempestività e la snellezza della decretazione in applicazione della legge faranno la differenza;

– l’interesse del mondo del lavoro e della società civile: disponibilità a costruire percorsi integrati nell’interesse stesso del mondo del lavoro, coinvolto nella formazione del lavoratore e nella diffusione di un’etica e di una cultura del lavoro, fattori, con tutta evidenza, di miglioramento della produttività e positiva dialettica sociale, in futuro.

Credo perciò che la scuola ora debba essere aiutata a compiere il balzo di una vera metamorfosi, aiutata a volare, a rigettare i fantasmi del passato. Ci vogliono sguardi più visionari, volontà più coraggiose, desideri più alti. Per non morire.

Micaela Ricciardi

65 recommended
1796 views
bookmark icon