ClanDESTINI (diciannovesima puntata)

All’aeroporto il taxi giallo imboccò la corsia Partenze, accostò al marciapiede e fece scendere il cliente.

Il tassista ripartì subito verso Arrivi scuotendo la testa. Si accodò alla fila dei taxi e scese “Qua ce stamo più de n’ora.”

“Ce riposamo, co ‘sti matti che entreno fanno venti telefonate col cellulare e escheno, senza ditte neanche bongiorno.” L’altro tassista si accese una sigaretta.

“L’urtimo mio ne ha fatta una sola, doveva da esse un prete travestito da capoccia, da manager.”

“Perché che ha detto?” Gli chiese il collega.

“Ha cominciato co’ chiede se avevano chiuso bene il peccatore nel confessionale, poi è annato avanti raccomandandosi che ce fossero due angeli a proteggelo…”

“E l’altro chi era er sagristano?”

“Boh, però glie deve avè proposto un angelo che non andava bene, perché il passeggero mio s’è incazzato e ha detto: No, l’angelo bruno va bene, ma quello biondo deve, per forza, essere… insomma ha preteso un angelo salvatore!”

L’altro tassista aspirò una lunga boccata e tossì “Puro tra i peccatori ce stanno i raccomandati…”

“Comunque era uno” riprese il primo tassista “che spostava l’angeli come sordatini, perché dopo ha aggiunto che un altro angelo, col camice bianco, doveva da corre all’ospedale a protegge un certo Totuccio, ma non doveva fasse scoprì da nessuno.”

Dopo un colpo di tosse cavernosa il secondo tassista commentò “Facile, tanto l’angeli mica se vedeno!”

La fila delle autopubbliche era rimasta immobile.

“Ma la cosa più incredibile l’ha detta quanno ha abbassato la voce pe’ non famme sentì: tutto il movimento avviene domani, hai sentito il Generale, abbiamo bisogno di una giornata buia.”

***

Il Suv grigio con i vetri oscurati aveva lasciato Punta Raisi da quasi un’ora.

“Eccoci arrivati alla villetta, maggiore. Calogero Valaci è a sua esclusiva disposizione per tutto il pomeriggio e per tutta la notte, come mi ha ordinato per le vie brevi, domani mattina avvisiamo il p.m. e parallelamente il Ministero per attivare il programma di protezione pentiti.”

Il sottufficiale lasciò la strada asfaltata, imboccò una stradina sterrata e proseguì. “Ho predisposto che tutti i nostri verbali inizino da domani mattina, oggi è una giornata completamente al buio…”

“Anche il mio rientro da Roma” lo interruppe Hansen “è avvenuto domani a quest’ora. Ho già provveduto a far registrare il check in per domani e a cancellare quello di oggi.”

“Senza informare Alitalia, scommetto.”

“Hanno altro da fare, coi bagagli…”

I due sorrisero, il Suv si fermò nello spiazzo davanti alla villetta. Un carabiniere in borghese si avvicinò all’auto e scattò sull’attenti.

“Ciao Salvatore” lo salutò Hansen scendendo “come sta don Calogero?”

“Sta ancora vestito da clown, ma non fa ridere.”

“Che cosa aveva addosso?” Chiese rivolto al sottufficiale.

“Solo la sua Smith & Wesson 500” l’uomo aprì lo sportello sul cruscotto e prese l’arma riposta in un sacchetto di plastica col cartellino “è già repertata, come vede, non aveva nient’altro a parte il naso finto, la parrucca e gli occhialoni.”

“E il figlio malato all’ospedale è protetto in maniera invisibile?” chiese il maggiore.

“Non se ne accorgeranno neanche i medici e gli infermieri, certo, però, che entro domani dovremo trasferirlo più lontano.”

Il maggiore Hansen prese il reperto e si avviò verso la villetta. All’ingresso comparve un altro carabiniere in borghese che lo salutò mettendosi sugli attenti.

Nel cucinino, a fianco della porta d’ingresso, una grande caffettiera era già sul fuoco. Il maggiore Hansen si diresse subito verso la stanza più grande in fondo al corridoio.

Il clown si era tolto la parrucca e il naso finto, si era pulito la faccia alla meno peggio con un asciugamano. Guardava, con disappunto, le sue lunghe scarpe “Dovreste darmi un paio di scarpe normali, numero 43… e anche un vestito e una camicia.”

“Perché? Mica devi uscire.” Hansen si sedette su una poltroncina e guardò a lungo don Calogero “Finalmente ci conosciamo… come sta Totuccio?”

“Ora sta in pericolo, vorranno vendicarsi su di lui per colpire me, dovete muovervi subito, l’ho già detto a quell’altro, da questa notte poi si accorgeranno che sono sparito, avranno capito che li ho traditi.”

“Abbiamo provveduto per tuo figlio, stai tranquillo e col programma protezione per i parenti dei collaboratori di giustizia lo porteremo in un ospedale lontano e sicuro, dove lo potrai vedere tutti i giorni. Ma ora mostrati degno di questo programma, chi dovevi uccidere all’ospedale con questo cannone?”

Hansen tirò fuori dal sacchetto il grande revolver e lo posò sul divano accanto a lui.

“Cominciamo subito?”

“Subito. Sai che non possiamo perdere tempo.”

“Dovevo uccidere un bambino africano ricoverato all’Ospedale, m’hanno detto che si chiama Didier e che era un incarico importante, di quelli che portano il massimo profitto all’organizzazione.”

Hansen annuì, anche se sembrava perplesso.

“E per ammazzare un bambino in un letto d’ospedale hanno incaricato uno che era il loro killer migliore e che ormai non faceva più tanto spesso questi servizi? Magari col rischio che tuo figlio ti riconosceva e ti denunciava… C’è una intercettazione, abbiamo registrato le telefonate tra te e Totuccio, è un bambino sveglio che prima o poi avrebbe smesso di bersi tutte le tue favole sulla mafia.”

“Proprio vero. Totuccio mi ha riconosciuto, nonostante questa mascherata… e non ho potuto sparare con lui in braccio che mi guardava con gli occhi felici dopo tanto tempo. L’avrei stroncato, avrei ucciso due bambini e uno era mio figlio, sono cose che non si possono chiedere a un uomo.”

“Per chi ti ha incaricato questi sono solo danni collaterali, senza importanza, lo sai bene. Ora però ti devi guadagnare la nuova vita… devi cominciare a scoperchiare la pentola dei tuoi segreti.”

In quel momento entrò nella stanza Salvatore con un vassoio, tre tazze con il caffellatte, pane e biscotti.

Don Calogero guardò stupito il vassoio, mentre l’uomo lo poggiava sul tavolo.

“Com’è il servizio?” chiese Salvatore sorridendo.

“Questo succede domani mattina” spiegò il maggiore “tu hai passato la notte nascosto dove ci dirai, e poi domattina sei venuto da noi. Ti abbiamo portato qui, abbiamo fatto colazione insieme, e telefonato in Procura per dare notizia immediata della tua possibile collaborazione. Nel corso della mattinata è arrivato il pubblico ministero e sono cominciati gli interrogatori formali. Hai capito bene?”

Calogero Valaci assentì.

Hansen si alzò, prese due biscotti e dopo averli messi a coppia li inzuppò nella tazza.

“Bevi, se no si fredda.” disse Salvatore rivolto a don Calogero.

“Ho capito, ho capito bene: lei oggi vuole decidere quello che devo dire domani e quello che si vuole tenere per sé.”

Salvatore fece una smorfia. “Prima ‘i parari mastica i paroli. Stai attento a come parli, il maggiore lavora per i Servizi, e ai Servizi va la sua prima lealtà, la Giustizia viene dopo” sorrise “un giorno dopo!”

Valaci scambiò uno sguardo col maggiore.“Il picciotto ha imparato bene la lezione, diremmo noi.”

Don Calogero avvicinò la seggiola al tavolo e bevve una lunga sorsata dalla tazza “Comincio dal Ragioniere?”

Hansen prese un blocco dalla giacca e tirò fuori la penna, poi fece un cenno a Salvatore che uscì dalla stanza.

“Abbiamo un fascicolo con questo nome, è uno della cupola, ma non sappiamo ancora chi è.”

Don Calogero scansò la tazza e iniziò.

“Il Ragioniere si chiama in realtà Gerlando Cascio Ferro, detto anche Lando, ma a lui non piace, che gli ricorda il comico, San Gerlando, invece, è patrono di Girgenti. Il nonno suo, don Vito, fu l’inventore del racket delle estorsioni, il pizzo, “fateci bagnare u’ pizzu” fateci bagnare il becco… Fu arrestato, don Vito, per l’assassinio di Joe Petrosino, ma fu prosciolto dall’accusa a causa dell’alibi fornitogli da un deputato dell’epoca, che affermò di aver ospitato Vito Cascio Ferro a Bivona proprio la sera dell’omicidio. Il nonno di Gerlando era una gran testa, espertissimo di rapporti coi politici, una caratteristica di famiglia, e di rapporti con le banche svizzere e i paradisi fiscali.”

“Lando Cascio Ferro… proprio uno di qui…” disse il maggiore Hansen “A proposito di nomi anche il tuo è un cognome fatidico per l’organizzazione. Sei parente di chi ha rivelato i segreti di cosa nostra… il soldato e autista di Vito Genovese?”

“No, quello si chiamava Valachi, Joe Valachi. Il cognome è diverso. E diverso sono io, che, non fosse stato per mio figlio, non sarei qui.”

(continua)

(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).

Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.

Qui le modalità per l’acquisto del libro.

Le puntate precedenti

Prima puntata

Seconda puntata

Terza puntata

Quarta puntata

Quinta puntata

Sesta puntata

Settima puntata

Ottava puntata

Nona puntata

Decima puntata

Undicesima puntata

Dodicesima puntata

Tredicesima puntata

Quattordicesima puntata

Quindicesima puntata

Sedicesima puntata

Diciassettesima puntata

Diciottesima puntata

L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

http://www.luigicalcerano.com

http://www.giuseppefiori.com

Calcerano e Fiori