Bambini silenziosi, emozioni in gioco e inclusività

IL PROBLEMA DI PARTENZA

Anche quest’anno la nostra scuola, la Giacomo Leopardi, è stata terreno fertile per il progetto kidsINNscience.
Se l’anno precedente era stato il lavoro sulle candele e sulla fiamma ad aver attivato un percorso straordinario, quest’anno sarebbe stata la materia e la sua composizione.
Le candele ci avevano “catturati”, soprattutto nel crearle frantumando la cera e mescolando i colori, tanto che abbiamo voluto ripresentarle come ponte fra una nuova attività e l’altra perché nel costruirle eravamo già dentro la materia e le sue trasformazioni.

Avevamo bisogno entrambe di qualcosa che affascinasse i ragazzi che per entrambe erano nuovi e, soprattutto, che i “bambini silenziosi” si fidassero di noi e della nostra capacità di poterli ascoltare, di poter condividere con loro le nostre esperienze conoscitive.

Non è facile ascoltarsi e comprendersi quando non ci si conosce, e il progetto ci è sembrato una valida opportunità di crescita con le nostre classi.
In entrambe erano presenti bambini con disturbi specifici di apprendimento (DSA) che hanno partecipato molto volentieri al progetto delle candele e dello studio della materia.

Questi progetti sono stati l’occasione per svolgere un compito in un contesto concreto, per cui la capacità e la performance sono state facilitate da una didattica inclusiva che ha permesso anche a questi bambini di sperimentare e raggiungere il successo formativo.

L’ESPERIENZA

Descrivere l’esperienza con poche parole è quasi impossibile, perché addentrarci nello studio della materia e in tutto ciò che è stato il percorso è come camminare in punta di piedi nel bosco delle idee e percepire di volta in volta nuovi suoni e nuovi colori.
È emozionarsi con i bambini nel non trovare sempre delle risposte.

Ogni esperienza proposta, dalla ricerca dei materiali alla composizione di miscugli, intrugli e miscele, ha suscitato sempre una serie interminabile di domande nelle quali sia i più piccoli sia i più grandi hanno cercato delle risposte.
Fare scienze cercando attraverso i colori, gli odori, la corposità stessa della materialità è stato costruire quel ponte percorribile che unisce lo studio al gioco, l’impegno al divertimento e porta inevitabilmente al confronto, a un dialogo più aperto fra tutti i bambini e il docente o i docenti.

E i bambini silenziosi?

Emergono attraverso il fare, si aprono con un sorriso o con una diversa disponibilità, proponendosi per esempio per la ricerca del materiale o portando il giorno dopo qualcosa di nuovo da mescolare.
Affondano le dita nella “pappa nauseabonda” (una miscela di acqua e amido di mais che presenta strane proprietà) volendo condividere l’esperienza e abbandonando temporaneamente il guscio dell’insicurezza che si portano dietro.

I silenzi e le paure non li abbandonano ma per un poco lasciano spazio a un’emozione fresca, tangibile, che ci rasserena.

La valutazione degli alunni, anche dei” bambini silenziosi”, è stata effettuata attraverso l’osservazione dei processi di apprendimento e del loro comportamento in relazione alle esperienze proposte: tutti i bambini erano in grado di mettere in relazione gli argomenti trattati con le loro precedenti conoscenze.
Tutti i bambini hanno avuto la possibilità di scegliere la curiosità e la spontaneità come motore di ricerca, riflessione e dialogo.

LE RIFLESSIONI

Non possiamo osservare cosa il progetto ha prodotto nei più grandi che hanno lasciato la scuola primaria per intraprendere il percorso delle medie; per i più piccoli invece l’avventura continua nell’attuale classe quarta.

Nella didattica di quest’anno stiamo cercando di mantenere vivo l’interesse per le scienze, ricordandoci dell’esperienze vissute l’anno scorso e ricordando che i bambini sono intelligenti e possono affrontare argomenti scientifici complessi con un metodo adeguato.

Per quanto riguarda la nostra esperienza di docenti, è stato importante poterci confrontare e condividere, avere un gruppo di supporto formato da tutte le colleghe e da “esperti”.
È stato importante documentare e cercare di farlo in maniera ordinata per poter dare un vero contributo, anche se questo a volte è difficile perché la scuola, l’apprendimento, la documentazione possono avere tempi diversi.

La cosa più bella di ogni percorso o progetto non è, comunque, tanto raggiungere un obiettivo certo, ma percorrere un tratto di strada insieme, divertendoci e condividendo, sapendo di aver fatto quella strada davvero dandoci la mano.

ABSTRACT:
La classe III C della scuola primaria Giacomo Leopardi aveva sperimentato lo scorso anno una didattica laboratoriale basata sull’esperienza e sulle domande che da questa ne sarebbero scaturite. Tutto il “Gruppo Scienze” della scuola aveva scelto di aderire già dall’anno precedente al progetto europeo kidsINNscience che proponeva percorsi alternativi favorendo la partecipazione di tutti, anche e soprattutto di chi ha una disabilità. Questa è la situazione nella quale mi sono trovata. Il nuovo anno scolastico, dunque, mi proponeva una nuova classe e bambini con i quali non avevo mai sperimentato una lezione di scienze; nuove colleghe che compongono un mosaico già ricco di idee, una nuova sfida didattica . Ci ritroviamo allora (noi autrici) quasi per caso a voler condividere lo stesso percorso, con una terza e una quinta. I più piccoli che si affacciano per la prima volta a questo progetto e i più grandi che abbracciano già nella crescita e nelle idee i segni della preadolescenza.

ENGLISH ABSTRACT:
This is a reflection of two teachers who have been dealing with the implementation of an innovative practice taken from the European project kidsINNscience in two different classes (third and fifth grade). They involved all their pupils (including those who usually do not take part to the common activities of the class and stay silent) in explorative experiments designed to raise questions and develop new activities. The fact that everyone felt engaged in the common task and involved with specific responsibilities helped these ‘silent’ children to put aside their problems and work with the others. The teachers were exposed to the ‘risk’ of raising questions to which they had no immediate answers and understood the importance of sharing experiences and problems with colleagues and experts to find their own solutions. They consequently adjusted their attitude giving more importance to the process of building knowledge with children and colleagues rather than to the final product.

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