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La gamba mancante del sistema di valutazione

Pubblicato il: 05/09/2025 13:18:07 -


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Nel 2013 il DPR 80 ha regolamentato il Sistema nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione, specificando che il procedimento di valutazione delle istituzioni scolastiche si sarebbe dovuto sviluppare nelle seguenti fasi:

  1. autovalutazione delle istituzioni scolastiche, basata sull’elaborazione di un rapporto di autovalutazione predisposto dalla scuola, utilizzando i dati disponibili (forniti dal Ministero, dalle rilevazioni Invalsi sugli apprendimenti, ecc.)
  2. valutazione esterna, condotta da nuclei esterni di valutazione esterna (NEV), secondo il programma e i protocolli di valutazione adottati dalla Conferenza per il coordinamento funzionale del Sistema Nazionale di Valutazione.

Il complesso di queste attività dovrebbe portare alla definizione (o ridefinizione) e attuazione da parte delle istituzioni scolastiche di interventi migliorativi ed alla rendicontazione sociale (ovvero alla pubblicazione e diffusione dei risultati raggiunti).

Mentre l’attività di autovalutazione ha preso velocemente l’avvio, sulla base dei protocolli predisposti dall’Invalsi, non altrettanto si può affermare per l’attività di valutazione esterna. Dal 2015 al 2019 i nuclei di valutazione esterna hanno visitato su tutto il territorio nazionale 1.013 istituzioni scolastiche di primo e secondo ciclo; successivamente tale attività venne sospesa causa Covid e venne ripresa nel 2023 con una sperimentazione finanziata dal PON che ha raggiunto un campione di 159 scuole e testato le funzionalità della piattaforma SVEVA (Sistema Integrato Valutazione Esterna Valutazione Autovalutazione), messa a punto dall’INVALSI nel triennio 2020-2023. 

Si tratta con tutta evidenza di numeri insufficienti: calcolando che le istituzioni scolastiche, incluse le paritarie, sono circa 10.500, ed ipotizzando la necessità di una visita di valutazione esterna almeno ogni 4 anni, vi sarebbe la necessità di organizzare ogni anno oltre 2.500 visite; se le visite si svolgessero ogni 6 anni sarebbe necessario organizzare 1750 visite all’anno.

Come si può vedere, a dispetto di una previsione normativa che risale ormai a 12 anni fa, l’attività di valutazione esterna delle scuole, dopo un avvio che si può definire promettente, anche se non sufficiente, ha subito una brusca frenata.

La lentezza dell’avvio di questa fondamentale componente del sistema di valutazione costituisce un grave problema, perché toglie spessore all’intero sistema. Non si tratta tanto di verificare la credibilità dei rapporti di autovalutazione, quanto di sostenere un processo il cui fine non èattribuire un giudizio di merito alla scuola, quanto di sfruttare le potenzialità informative e strategiche dell’autovalutazione per migliorarne l’azione. L’autovalutazione richiede tempo e risorse, umane e materiali: se viene intesa solamente come un adempimento burocratico che deve in qualche modo assolvere o giustificare la scuola allora diventa una perdita di tempo. La valutazione esterna serve proprio a questo: a garantire che vengano sfruttate al meglio tutte le potenzialità informative dell’autovalutazione per migliorare l’unità scolastica.

Questa considerazioni non sono solo teoriche, ma nascono dalla lettura di un Rapporto di autovalutazione (RAV) predisposto da un prestigioso liceo classico; questo rapporto infatti sembra ignorare le evidenze dei dati raccolti sugli studenti dalla stessa scuola.

Prendiamo il capitolo su Ambiente di apprendimento, che secondo il rapporto di autovalutazione merita il punteggio di 7 (il massimo), perché, tra l’altro le relazioni tra studenti e tra studenti e docenti sono molto positive. I conflitti con gli studenti-si afferma– sono gestiti con modalità ottimali. Peccato però che le risposte degli studenti dell’ultimo anno, intervistati da Almadiploma sul rapporto con i loro docenti e riportate nel documento di rendicontazione sociale  della stessa scuola, evidenzino una realtà ben diversa:

Chiarezza nell’esposizione

  • Decisamente sì 5,8
  • Più sì che no 45,6
  • Più no che sì 32,0
  • Decisamente no 14,6

 

Disponibilità al dialogo

  • Decisamente sì 5,8
  • Più sì che no 34,0
  • Più no che sì 41,7
  • Decisamente no 17,5

 

Capacità di valutazione

  • Decisamente sì 2,9
  • Più sì che no 31,1
  • Più no che sì 44,7
  • Decisamente no 20,4

Se tornassero indietro, si iscriverebbero (%):

 

  • Allo stesso indirizzo/corso nella stessa scuola 58,3
  • Ad un altro percorso scolastico 41,7:
  • Stesso indirizzo/corso, ma altra scuola 10,7
  • Stessa scuola, ma altro indirizzo/corso 11,7
  • Altro indirizzo/corso in altra scuola 19,4

 

 

Com’è possibile affermare che le relazioni tra studenti e docenti sono molto positive se la maggioranza degli studenti ritiene che non ci sia disponibilità al dialogo? E che i conflitti con gli studenti sono gestiti con modalità ottimali quando quasi i due terzi degli studenti ritengono che non ci sia capacità di valutazione? E quando il 30% degli studenti, se tornasse indietro, si iscriverebbe ad un’altra scuola?

Il Rapporto evidenzia incongruenze simili per quanto riguarda il giudizio sulle attività di orientamento condotte dalla scuola: Le attività di orientamento -si afferma- sono ben strutturate e pubblicizzate e coinvolgono anche le famiglie. pPurtroppo  anche in questo caso gli studenti diplomati mettono in evidenza un’altra realtà:

Ritengono rilevanti le attività di orientamento organizzate

dalla scuola secondaria di secondo grado nella scelta postdiploma?

  • Decisamente sì 2,5
  • Più sì che no 21,3
  • Più no che sì 40,0
  • Decisamente no 36,3

Il problema di fondo non proviene tanto dalla rappresentazione di una realtà edulcorata: il problema è la sottoutilizzazione o addirittura la distorsione di uno strumento, il RAV, la cui finalità è aiutare la scuola nel suo percorso di miglioramento; ma la scuola come potrà migliorare se non prende in seria considerazione i segnali di disagio provenienti dagli studenti, che affermano in maggioranza che i loro insegnanti non sono disponibili al dialogo e che non c’è capacità di valutazione? E ricordiamo che stiamo parlando di un prestigioso Liceo classico e di aspetti cruciali del rapporto educativo insegnanti/alunni. L’attività di autovalutazione che, presumiamo, ha consumato tempo e risorse materiali ed umane diventa allora una occasione persa.

Ecco perché è fondamentale integrare l’autovalutazione con la valutazione esterna: non per assegnare un voto alle scuole ma per aiutarle a sfruttare tutte le potenzialità degli strumenti messi a disposizione per favorirne il miglioramento.

Giorgio Allulli Vicepresidente della Rete europea della qualità dell'Istruzione e formazione professionale (EQAVET); già direttore delle aree sistemi formativi del Censis, dell'Isfol e della Conferenza dei Rettori.

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