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Una circolare per Gaza

Pubblicato il: 24/09/2025 19:17:44 -


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Si tratta, forse, solo  della sindrome comunemente definita  “essere più realisti del re”. O forse no, è proprio il re a suggerirlo, lo si capirà  più avanti. E’ comunque inquietante la circolare che l’Ufficio scolastico regionale del Lazio ha inviato qualche giorno fa  ai dirigenti scolastici. Il tema è Gaza, o meglio come si debba discuterne nelle scuole, e  soprattutto dove e quando non si debba farlo. Non solo, infatti, si invitano le Signorie Loro a “garantire la massima serenità nell’organizzazione di occasioni di confronto e di dibattito nell’ambito delle occasioni didattiche” ( ci sono casi in cui non è successo ? ), ma si sottolinea “l’esigenza di assicurare la specificità dei luoghi e dei momenti della vita scolastica, quali le riunioni degli organi collegiali, che devono essere esclusivamente finalizzate alla trattazione delle tematiche relative al buon funzionamento dell’istituzione scolastica e sottratte a qualunque altra finalità”. Tra le righe, ma neanche tanto, trapela  la contrarietà a che nei collegi docenti si presentino e si approvino mozioni di solidarietà o di partecipazione al grande sommovimento civile ed etico che attraversa e scuote, anche indipendentemente dagli schieramenti politici, la società italiana, e quindi anche gli istituti e le comunità scolastiche.  Come si deve interpretare, inoltre, che si sia voluto protocollare la circolare  come  “riservata” ? Che cosa c’era, cosa c’è in questo caso, che è sembrato meglio nascondere  ?

Su quest’ultimo aspetto sembrano essersi un po’ seccati anche i dirigenti scolastici, o alcune loro associazioni  che, pur “plaudendo” a un’iniziativa  che dicono essere impeccabile  dal punto di vista normativo,  dicono che avrebbero  preferito un testo in chiaro, probabilmente un’indicazione pubblica ed esplicita capace di fornire indiscussa copertura politica ad eventuali decisioni dei presidi di regolamentazione o limitazione del dibattito. Non è una novità il modo imbarazzato e cauteloso con cui tanti dirigenti interpretano la responsabilità di gestire, promuovendola e tendendola autorevole, l’autonomia scolastica.  Ma la questione è  soprattutto  un’altra, e sta nella negazione che possano occuparsene gli insegnanti in sede di collegio, quindi come corpo professionale nel suo insieme a cui pure la normativa riconosce  competenze e responsabilità in tema di indirizzi e di progettazione dell’offerta educativa. I bambini e i ragazzi non vivono sulla luna, nella manifestazione romana per Gaza del 23 settembre gli studenti  erano molte migliaia, la scuola  non può essere indifferente alle emozioni, alle domande, al bisogno di sapere, di parlare, di confrontarsi su una guerra, su un massacro che scuote le coscienze, sui bambini innocenti che ogni giorno vengono uccisi, mutilati, affamati, costretti alla fuga. Sulle ragioni antiche di un conflitto che non si vuole risolvere con strumenti diversi dalla guerra. Deve, anzi, fornire gli strumenti culturali, e gli ambienti  comunicativi adatti  per misurarsi con consapevolezza   con quello che sta succedendo.  Perché non dovrebbero occuparsene i collegi dei docenti ? Che senso ha questa puntigliosa e burocratica separazione  tra ciò che gli insegnanti fanno nelle classi ( o nelle cosiddette  “occasioni didattiche”) e ciò che si propone e si programma nella comunità professionale ?  Si ha paura che la scuola diventi veicolo di schieramenti e di propaganda politica ? 

Non sono mancate, ovviamente, le  dichiarazioni di contrarietà e di dissenso, se ne preparano, sembra, anche in parlamento.  C’è chi ha parlato di censura, chi di minacce alla libertà di insegnamento, chi di mancato rispetto dell’ autonomia scolastica, con toni talora  eccessivi o inutilmente perentori. Il tema dovrebbe essere discusso anche in altro modo.  I ragazzi di oggi sono la prima generazione, in Italia e in Europa, a cui sta toccando di vivere e di crescere in un contesto dove la guerra non è un’eccezione lontana  nel tempo e nello spazio, ma un’emergenza e un rischio incombente sul loro presente, un cambiamento non da poco rispetto alle generazioni dei genitori e dei nonni. Che bisogni educativi sta generando tutto ciò? Come si prepara la scuola a leggerli e a rispondervi con obiettivi e modalità educative appropriate? La storia  che tanto piace a Valditara, quella dedicata a una formazione nazional-identitaria, non sembrano, rispetto a questo cambiamento di orizzonte, la strada giusta.

Fiorella Farinelli Politica e saggista,  docente esperta di  istruzione e formazione, componente dell’Osservatorio nazionale per l'Integrazione degli alunni stranieri

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