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Per rafforzare la  filiera tecnico-professionale non basta l’intervento sugli ITS. Ombre e vuoti del PNRR

Pubblicato il: 09/06/2021 06:20:09 -


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Come in tutto il PNRR anche la missione 4 ( istruzione e ricerca ) prevede sia  investimenti specifici cui destinare i finanziamenti europei  che  interventi riformatori. Molto consistenti i primi (oltre 20 mld in 5 anni) e  appropriati anche i temi  oggetto dei secondi. L’insieme continua però a non convincere, come una somma che non fa ancora un disegno. Un  limite –  ha osservato su queste pagine Giorgio Allulli – è la mancata definizione, in più casi, dei passi concreti con cui realizzare gli obiettivi. Ma a rivelare fragilità e parzialità dell’approccio  è  l’ assenza di  temi cruciali, e il tradizionale non coordinamento, in materie che lo richiederebbero, con le politiche  del lavoro. Qualche esempio? Intanto il silenzio sull’istruzione degli adulti e sul mai edificato sistema di apprendimento permanente, proprio mentre incombono ampi e profondi  processi di riconversione professionale indotti, oltre che dagli effetti della pandemia, dalla digitalizzazione e dalla transizione ecologica  (lo sanno, gli estensori del Piano, che la povertà educativa riguarda anche ampi settori di adulti?  Che non riguarda solo il digitale ma  anche le competenze di base e  che non potranno essere  la formazione delle imprese e i Fondi interprofessionali a farsene carico?). 

Ma sconcerta anche il vuoto di interventi sul cosiddetto ‘anello debole’ del sistema, quella scuola media e quell’ultimo miglio dell’obbligo decennale di istruzione  dal cui funzionamento e  risultati, anche in termini di orientamento degli studenti,  dipende largamente una secondaria di II grado connotata dall’irresistibile ascesa  dei licei a scapito dell’istruzione orientata al lavoro. Proprio a scapito di  quegli istituti tecnici che non crescono e  di quei professionali che perdono iscritti, proprio a scapito di quell’istruzione e formazione professionale territorialmente diseguale e costretta in un canale cieco, indirizzi formativi che dovrebbero essere invece il terreno di sviluppo  della formazione professionalizzante di livello terziario cui il  Piano pur dedica  investimenti e  propositi di riforma.  Come si fa a sviluppare dal basso la filiera tecnico-professionale se non riorganizzandola e riqualificandola per liberarla  dagli effetti di una cultura sociale e di un orientamento  scolastico che  nella formazione al lavoro vede per lo più un  canale di serie B o C cui indirizzare  gli studenti scolasticamente più scadenti o quelli – i più poveri, gli stranieri –  con back ground problematici? 

Nel PNRR sembra esserci l’idea che  un forte investimento sugli ITS, quindi sulla possibilità di conseguire competenze e titoli di pari valore rispetto alle lauree triennali,  possa bastare a illuminare di luce nuova anche i percorsi secondari  orientati al lavoro, e questa è certo una carta da giocare. Ma non ne è scontato il successo  se l’approccio  duale tipico  degli ITS dovesse non svilupparsi anche nei percorsi successivi alla scuola media,  intercettando e valorizzando vocazioni e talenti, in forme e modalità attrattive anche per gli studenti migliori, e omogeneamente  in ogni area regionale. 

Il superamento del gap tra istruzione e lavoro non passa infatti  solo dal rafforzamento nei curricoli  delle discipline Stem. Sono tanti i ragazzi insofferenti di percorsi scolastici lunghi e di apprendimenti prevalentemente teorici che si perdono per strada (più del 20% dei Neet ha solo la licenza media ), e tanti quelli che potrebbero, come in altri Paesi, trovare migliori opportunità di sviluppo professionale e di occupabilità attraverso apprendimenti fortemente ancorati a contesti operativi, apprendistato formativo per competenze, titoli di livello medio-alto  incluso.  Che cosa sta succedendo, per esempio, nell’istruzione e formazione professionale che sta  tra istituti professionali statali  e enti formativi accreditati dalle Regioni? Quali sono le criticità su cui intervenire, le potenzialità da sviluppare, i divari territoriali da superare? Che prospettive nuove si aprono con l’istituzione ( in tutte le Regioni tranne 6 ) del quarto anno per il diploma, e con i percorsi che sperimentano un autentico approccio duale ? 

 Il XVIII Rapporto di monitoraggio curato da Inapp di questo sistema, nato per contrastare gli abbandoni  attraverso la possibilità di concludere l’obbligo decennale conseguendo  insieme un primo livello di qualificazione,  presenta una realtà fatta di  luci e  ombre, ma con dinamiche  e potenzialità evolutive interessanti.  Nel 2018-19 gli allievi sono stati più di 288.000, con un calo del 6,8% rispetto al 2017-18, tutto a carico però dei percorsi gestiti in sussidiarietà dagli IPS, mentre sono in costante crescita gli iscritti al modello meno ‘“scolastico’ e più ‘duale’ attivato dagli enti formativi accreditati. Tra le novità degli ultimi anni c’è che il 46,5% degli iscritti al primo anno sono 14enni, quindi una non una seconda scelta determinata da fallimenti nelle prime classi della superiore e il progressivo consolidarsi, invece, frutto di  decisioni di tipo  vocazionale. Ma gli allievi restano per oltre il 60% maschi ( i più esposti all’insuccesso già nella scuola media) ed è netta  la sovrarappresentazione dei ragazzi di provenienza o origine straniera (13,9% ). Gli abbandoni sono ancora troppo alti, più del 25% nei percorsi triennali di qualifica, attorno al 20%  nel quarto anno per il diploma. Il sistema continua a essere assai  più solido nel Nord che nel Sud (proprio dove gli abbandoni sono più diffusi), mentre i percorsi ad approccio duale, in forte crescita, rappresentano  quasi l’11%, e vedono una presenza consistente di 17enni e oltre. Le figure professionali prevalenti  -– nei campi del benessere e della ristorazione – rivelano forse un’offerta troppo schiacciata sulla domanda e  non abbastanza attenta ad altri fabbisogni professionali dei contesti di riferimento.   A tre anni dalla qualifica il 62% trova lavoro,  e si sale al 68%  nel caso dei diplomati. Ma, come segnalato da Odifreddi su queste pagine, il  limite è che con il diploma quadriennale non si può accedere agli ITS, e che ancora non ci sono dispositivi omogenei in tutte le Regioni tesi ad  agevolare il passaggio

Per andare all’intervista di Emanuele Crispolti

Di seguito il riferimento al Rapporto INAPP  Istruzione e Formazione Professionale e sistema duale nella IeFP    www.INAPP.com 

 

Fiorella Farinelli Politica e saggista,  docente esperta di  istruzione e formazione, componente dell’Osservatorio nazionale per l'Integrazione degli alunni stranieri

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