Limiti e ombre del disegno di legge Valditara sull’educazione sessuale

Il Governo ha presentato nei giorni scorsi un disegno di legge che,  tra le altre misure, prevede l’obbligo per le scuole di chiedere ai genitori il loro consenso per organizzare corsi sull’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, limitando così,  di fatto, l’autonomia didattica e progettuale da parte delle scuole.  Inoltre, il disegno di legge contiene  un ulteriore vincolo per la scuole, in quanto il contenuto dell’attività di formazione (in particolare per la scuola primaria) dovrà limitarsi ad affrontare il tema dal punto di vista biologico e riproduttivo, un approccio decisamente obsoleto, non coerente con le principali linee guida internazionali che adottano da tempo il termine educazione sessuale estensiva (comprehensive sexual education, definita anche con l’acronimo CSE) che punta a un’educazione sessuale concentrata soprattutto sugli aspetti affettivi, sulle emozioni, sul corpo e sul rapporto con il sé e l’altro. 

Educazione sessuale – affettiva e consapevolezza del sé corporeo

Alla base delle recenti prese di posizione del Ministero dell’Istruzione e del Merito nei confronti dell’educazione sessuale-affettiva è l’assoluta mancanza del concetto di Consapevolezza del Sé corporeo.  Una cultura educativa del sé corporeo si prefigge, infatti, il fine di costruire un sentimento di sé attraverso sistemi cognitivi e sensitivi di comprensione del proprio stare nel mondo. Il corpo, il movimento, le sensazioni, le emozioni, i sentimenti, la sensibilità, l’esperienza, ci permettono, infatti, di costruire un pensiero della realtà ed un rapporto essenziale con essa.  Quando il Ministro Valditara considera la sessualità un argomento-tabù che non può essere affrontato se non sotto forma di somministrazione di nozioni sul corpo umano, sulla riproduzione e sull’evoluzione delle specie, opera una vera amputazione non solo del concetto di educazione corporea ma anche del concetto di apprendimento.

Infatti, la stessa strutturazione di un apprendimento attraverso il corpo (le emozioni, i segni, le relazioni costanti che il soggetto ha con il mondo), non interessa soltanto gli aspetti biologici fisici e funzionali del corpo, ma anche la capacità di edificare il senso di sé grazie alla visione di un corpo percepito e forgiato in rapporto alle aspettative che vengono attribuite ad esso, grazie agli schemi cognitivi che abbiamo di esso.  Visione, peraltro, non statica ma dinamica, tanto che Umberto Galimberti parla di “intenzionalità del corpo” e del nostro agire nel mondo e su di esso, dal momento che ogni soggetto è destinato ad un mondo verso cui non cessa mai di “progettarsi”.

Ovviamente questa concezione di Galimberti   supera una visione del corpo come entità esclusivamente fisica e scientificamente osservabile ed opera un’importante trasformazione della visione epistemologica del concetto di corporeità, interpretandolo quale costruttore cognitivo: luogo di un sapere personale, pensiero espressivo, esplorativo, simbolico, affettivo, esperienziale non riconducibile quindi alla sola  dimensione biologica.

L’ educazione corporea, in questo senso, non si ingabbia nella dimensione tecnica, ma favorisce la creazione di un’identità personale, corporeamente cognitiva del soggetto.

I recenti contributi delle Neuroscienze in ambito pedagogico e didattico considerano il corpo come parte integrante dell’apprendimento in quanto il cervello e il corpo sono integrati e in piena interazione con un ambiente fisico e sociale.

Un altro elemento importante da non sottovalutare nello studio del rapporto tra corporeità e apprendimento è anche l’affettività, che condiziona l’apprendimento ed i processi cognitivi: gli affetti sono il “magma originario dell’ io”, “i mattoni della sua identità”, poiché tra questi processi emotivi esiste una fortissimo legame. L’emozione è fondamentale nei processi di apprendimento, proprio perché non soltanto dà forma e colore ai concetti, ma soprattutto perché ogni apprendimento personalizzato vede operare insieme mente e corpo, quindi, l’elemento psicologico è legato a quello biologico.

Il corpo rappresenta il primo strumento di apprendimento, di comunicazione e di sviluppo relazionale; in esso, infatti, si imprimono attraverso il sistema percettivo, “le prime memorie primordiali delle esperienze umane”.

Le neuroscienze, quindi, contribuiscono a rivisitare le teorie e le metodologie didattiche, la stessa educazione non è più vista come un processo intellettualistico e immediatistico, ma rappresenta nel soggetto la capacità di mettere in atto la correlazione e l’interazione tra mente, corporeità ed emotività. In questo scenario si deve tenere senza dubbio conto della dimensione corporea, psicologica ed operativa del soggetto; così facendo l’insegnante può intervenire sul  singolo  in  qualità  di  facilitatore  sociale considerando anche l’ambito culturale in cui si trova a lavorare. Oggi grazie ai cambiamenti culturali profondi sopraesposti assistiamo al positivo recupero del corpo vissuto: il linguaggio corporeo assume particolare importanza nel momento in cui il corpo ci aiuta a contattare noi stessi in profondità, a percepire le nostre emozioni, a leggere quelle dell’altro e a relazionarci in modo diretto e spontaneo.

Infatti, il linguaggio corporeo, che precede quello verbale più formale e strutturato, ha la caratteristica di mettere in contatto la persona con aspetti di sé molto profondi, che appartengono all’inconscio e per questo favoriscono l’accesso ad emozioni antiche.

Tutto questo perché esiste un legame tra azione ed emozione, emozione e sensazioni corporee. A questo punto il problema più importante e irrisolto è definire in modo univoco  il concetto di Sé. È impossibile raggiungere un consenso generale su cosa sia esattamente il sé. Noi adulti abbiamo un senso reale e concreto del sé che permea la nostra esperienza sociale quotidiana e si presenta in molte forme: c’è il senso del sé corporeo, c’è il sé che compie un’azione, quello che sperimenta emozioni e sentimenti, quello che produce intenzioni, che fa progetti, che traduce le proprie esperienze in parole, che comunica e condivide conoscenze. Spesso tutti questi sensi del sé sono al di fuori della nostra coscienza consapevole, sono come il respiro. Il senso del Sé, nella forma che potrà assumere durante la crescita, influisce sullo sviluppo interpersonale. Il modo in cui un individuo sviluppa il Sé è essenziale per la costruzione delle interazioni sociali.  Il sentire corporeo è un fatto dinamico poiché le sensazioni interne cambiano continuamente. Questo cambiare continuo è il movimento stesso della vita. Ha a che fare col grande movimento lineare della crescita, della maturità.

Dentro questo movimento lineare avvengono tutti i movimenti ciclici ricorrenti e le oscillazioni momentanee legate agli umori, alle condizioni di salute psicofisica, alla  sessualità, ecc.

Un buon rapporto col proprio corpo, con le sensazioni e i vissuti permettono di percepire un senso di integrità, interezza del proprio corpo, di armonizzare la percezione del proprio spazio col senso di esistere, permanere e avere una continuità nel cambiamento.

Le persone percepiscono la presenza di un nucleo centrale e più stabile di sensazioni fisiche, in cui si riconoscono e a cui sentono di potersi ancorare stabilmente.

La consapevolezza della rete di sensazioni, contenuta ed accettata dentro i confini del proprio corpo costituisce il nucleo più primitivo della persona ed è alla base del processo di individuazione e di tutte le innumerevoli individuazioni che hanno luogo nel corso della vita.

La consapevolezza delle sensazioni interne permette di dire: io ci sono e la responsabilità personale definisce di volta in volta chi sono attraverso i grandi mutamenti del tempo, della crescita, attraverso i piccoli e grandi mutamenti del quotidiano.

 

Giancarlo Gambula – Dirigente Scolastico