L’esame che non matura: riflessioni su una scuola ferma
La celebrazione del rito dell’Esame di Stato torna a suscitare ogni anno un qualche interesse sulla scuola. Ma è raro che le trasmissioni radio-televisive e i giornali – cronache nazionali e locali – vadano oltre il solito format: i dati sul numero e la provenienza dei maturandi (percorsi scolastici, tipologia di scuole), le percentuali degli ammessi alle prove (in genere la quasi totalità); la tipologia delle prove che studenti e studentesse dovranno sostenere. Seguono, nei giorni delle prove scritte, i commenti sulle tracce della prima prova e (limitatamente ai licei tradizionali) della seconda. Commenti di solito estemporanei, per lo più inutili, come se non fosse materia su cui riflettere il successo o l’insuccesso dell’una o l’altra traccia nell’ apprezzamento e nelle scelte degli studenti. E poi niente, silenzio fino all’anno successivo, quando dal cassetto – dei giornali ma anche della politica – si tirerà fuori il solito copione. Non si impara niente dall’esperienza, i primi a non imparare sono quelli che a viale Trastevere elaboreranno o decideranno le tracce della prossima volta. Le osservazioni che vengono proposte di seguito si collocano in questo primo atto della commedia, riguardano in particolare le tracce della prima prova scritta, presentano perplessità e domande sollecitate dalle tracce ministeriali.
Prima del fatidico 18 giugno 2025, data dell’avvio delle prove, il ministro Valditara ha annunciato la volontà di ripristinare la definizione “esame di maturità”, cancellando la formula “esame di Stato” (legge 425/1997) perché troppo ”fredda”e inadatta ad una scuola che vuole “la valorizzazione integrale della persona “; in questo modo l’esame finale dovrà costituire il momento valutativo di giovani che stanno superando l’adolescenza guardando alla “formazione integrale ed armonica della persona“ e alla “capacità di affrontare le sfide future della vita con responsabilità e autonomia”, parole del ministro. Non più quindi solo verifica di apprendimenti, ma valutazione del livello formativo raggiunto dai giovani. Se questa è l’idea ( non solo istruzione, nella scuola, ma anche educazione ), e se questo è l’obiettivo, si direbbe che la prima prova dovrebbe essere costruita in modo da cogliere e soddisfare queste aspettative. Ma di questo nuovo approccio valutativo nell’esame – di Stato o di maturità, comunque lo si voglia chiamare – di questo 2025 non c’è neppure il più pallido indizio. Gli enunciati esplicativi delle proposte sono ancora gli stessi[i] che ogni anno danno indicazione agli studenti sul cosa fare in relazione alle tracce da svolgere. Non stupisce quindi che anche le scelte delle tracce da parte degli studenti, e il modo di reagire alla consegna rispecchino propensioni e consuetudini tradizionali, sempre le stesse degli ultimi anni. Più del 40% dei maturandi di questo anno si è misurato con l’articolo di R.Maccioni “Rispetto” è la parola dell’anno Treccani. E serve per respirare ( Avvenire, martedì 17 dicembre 2024), il 15,4% si è impegnato su un altro articolo di giornale Anna Meldolesi e Chiara Lalli, L’indignazione è il motore del mondo social. Ma serve a qualcosa? ( 7-Sette – supplemento settimanale del ‘Corriere della Sera’, 13 dicembre 2024), il 13,6% ha scelto Paolo Borsellino, I giovani, la mia speranza ( Epoca, 14 ottobre 1992), il 12,8% Piers Brendon, Gli anni trenta. Il decennio che sconvolse il mondo ( Carocci editore, Roma, 2005), l’8,2% Telmo Pievani, Un quarto d’era (geologica) di celebrità ( Sotto il vulcano, Feltrinelli, Milano, 2022) ,il 7,4% ha commentato la poesia di P.P.Pasolini, e un 2,3% ha affrontato un brano di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (da Il Gattopardo, prefazione di Giorgio Bassani, Feltrinelli, Milano, 1962) .
Se le reazioni della stampa sono state di moderata approvazione delle tracce ministeriali – testi interessanti, scelte equilibrate e nell’insieme ragionevoli – anche gli studenti non sembrano avervi percepito niente di particolarmente innovativo ( non poteva essere altrimenti ) o comunque di molto stimolante, ed hanno replicato scelte e modalità consolidate da anni. Il solito plebiscito, insomma, per ciò che viene definito sinteticamente il “tema di attualità”, a partire da testi non impegnativi come gli articoli di giornale. Pochissimi hanno scelto i testi letterari ( entrambi, peraltro, di autori non proprio tra i più frequentati a scuola ), pochi si sono lasciati sollecitare da temi o argomenti complessi, di tipo storico o attinenti alle problematiche ambientali ed esistenziali della modernità. Anche sull’indignazione come motore del mondo social i nostri studenti nativi digitali hanno per lo più preferito scantonare. Conformismo o impreparazione ? Forse solo la scelta della via più facile.
Sarebbe utile, comunque, un’ analisi accurata da parte del Ministero degli elaborati che gli studenti hanno prodotto il 18 giugno , almeno da tre punti di vista
- La qualità delle proposte, non solo in relazione a quello che potrebbe apparire un diffuso conformismo nella calibrata scelta degli autori presentati, ma nelle consegne, che dovrebbero essere veicolanti, ma non lo sono, nell’indirizzare la lettura ed interpretazione dei testi.
Appare evidente, per esempio, che non è stata appropriata, e ha prodotto difficoltà e disorientamento, la scelta dei due testi letterari di Pasolini e di Tommasi di Lampedusa , su cui giustamente solo pochissimi studenti si sono cimentati perché veniva richiesto loro uno sforzo inventivo/ creativo , ma non interpretativo dei testi stessi, così come nei testi di Brendon e di Piovani , che accennano a temi e problemi, più che fornire elementi di conoscenza su cui misurarsi
- Qual è la cultura diffusa tra i giovani di oggi in relazione a problemi drammatici di una società che non sembra affatto fare del rispetto la base della convivenza sociale, in cui fenomeni quali l’ingiustizia, la diseguaglianza, la mafia stessa, la malavita rischiano, se presentati in forme di fatto frammentate e semplificate, di ridursi ad argomenti da talk show televisivo ?
- Come è possibile valorizzare e dare ai giovani la consapevolezza della attualità, ancora oggi, della esperienza e della grande lezione di civiltà contenuta nelle parole del giudice Borsellino? E’ appropriato, è sufficiente, ripescare un articolo d’epoca?
Oggi il tema del disincanto dei giovani, della tendenza a sottrarsi ai compiti della età adulta, e peggio il loro disorientato disimpegno, andrebbe trattato con maggiore rispetto e con una serietà culturale che non c’è nel rituale conformismo di parole vuote. Che poi questi giovani vivano in una realtà in cui la guerra è drammaticamente, quotidianamente presente non sembra riguardare la nostra scuola così come del tutto assente nelle proposte ministeriali è l’impegno per un confronto formativo tra pari e tra generazioni, che, proprio nei momenti più difficili, dovrebbe essere costruito e sollecitato da istituzioni che si vogliono educative. Il ritorno al passato, che sostanzialmente le nuove indicazioni ministeriali presentano come soluzione a tutti questi problemi, non sembra essere proprio proponibile e sostenibile.
[i] ( TIPOLOGIA A – ANALISI E INTERPRETAZIONE DI UN TESTO LETTERARIO ITALIANO
TIPOLOGIA B – ANALISI E PRODUZIONE DI UN TESTO ARGOMENTATIVO
TIPOLOGIA C – RIFLESSIONE CRITICA DI CARATTERE ESPOSITIVO-ARGOMENTATIVO SU TEMATICHE DI ATTUALITÀ )
Vittoria Gallina