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L’educazione alle sessualità per una scuola al passo coi tempi ?

Pubblicato il: 16/05/2025 21:31:26 -


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Tra le mancanze del sistema educativo e scolastico italiano si riscontra ancora oggi quella dell’Educazione alle Sessualità (EaS),un tema che, in un dibattito lungo quasi un secolo , è stato considerato colpevole di promuovere promiscuità e amoralità. Eppure, in un contesto socioculturale e pedagogico fortemente disinformato – o formato tramite il web – l’EaS risulta piuttosto un’urgenza educativa.[1] Un’educazione del silenzio, repressiva e trascurante delle questioni sessuali, conduce, paradossalmente, a sensi di colpa, paure, ansie, comportamenti a rischio, a una maggiore disinformazione, confusione e rinforzo di falsi miti sulla sessualità (Carmichael & Amiri, 2024; Petruccelli, 2002). In quanto strumento nella guida e sostegno dello sviluppo delle persone, l’EaS guarda alla sessualità in tutti i suoi aspetti – cognitivo, emotivo, sociale, relazionale e fisico – e si caratterizza come un processo di lifelong learning dalla prima infanzia (Unesco, 2018).

Educare alle sessualità vuol dire affrontare temi sessuali e affettivi. Nello specifico, le macroaree dell’EaS sono: sviluppo corporeo e identitario; emozioni, affetti, e relazioni; consenso e rispetto; comportamenti sessuali a rischio e non (es. differenza tra parti del corpo private o meno, avere rapporti in luoghi pubblici o meno); contraccezione, riproduzione, infezioni/malattie sessualmente trasmissibili; tipologie di famiglie; stereotipi di genere e violenza di genere; inclusione e intersezionalità; e infine influenze socioculturali e valori (es. abuso di pornografia, trasmissioni culturali di stereotipi ecc.) .

Le raccomandazioni internazionali indicano già da tempo la necessità di introdurre nei curriculum l’EaS, adeguando le informazioni alle diverse fasce di età, rispettandone l’accuratezza scientifica (WHO & BZgA, 2010 Centro Federale per l’Educazione alla Salute, BZgA (Germania) Colonia 2010). Attualmente, al di là  di posizionamenti, valori e credenze personali, l’EaS produce risultati positivi in termini di salute e benessere e di promozione di atteggiamenti rispettosi nelle relazioni interpersonali e romantiche e/o sessuali. La sua applicazione potrebbe avere funzione preventiva aumentando consapevolezze e conoscenze, costantemente minate in e da un contesto altamente illogico e contraddittorio: la sessualità è un tabù, continua ad essere uno strumento comunicativo capace di recare danno alla persona, ad esempio minacciandone la reputazione (Vallauri, 2020); sebbene la società offra continuamente molteplici casi di “sessualizzazione”, la introduzione della EaS permetterebbe all’Italia di essere “al passo coi tempi”, con le necessità del contesto e le richieste di studenti e studentesse. Inoltre, potremmo finalmente adeguarci  alle pratiche educative presenti da anni nel contesto europeo ( il sistema scolastico italiano si può considerare  “Cenerentola” cfr.Stettini, 2004,  rispetto all’introduzione dell’EaS  insieme a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania.)

In Italia, l’EaS non rientra nei programmi scolastici per diversi motivi. Se è pur vero che  l’autonomia scolastica rende dirigenti, collegi e docenti responsabili di una progettazione ad hoc, in base a scelte personali o bisogni delle scuole stesse, i progetti tuttavia sono spesso contrastati , impediti o ostacolati  a causa di un contesto chiuso e restio alla discussione di temi sessuali e affettivi. C’è anche chi punta il dito contro la presenza della Chiesa cattolica, ma, nella realtà, ciò che si evince va al di là dei credi personali.

Da un secolo i dibattiti sull’EaS vedono contrapporsi due fazioni in relazione ai tentativi di  introduzione nelle scuole dell’EaS come materia trasversale e multidisciplinare; a prescindere dalla appartenenza a credi o posizioni, c’è chi è a favore e chi no. Le persone a favore manifestano un’attenzione e preoccupazione attraverso raccolte firme, progetti e attivismo. Dall’altra parte, diverse persone si posizionano sul versante opposto spesso motivando le proprie opinioni riferendosi all’art. 30 della Costituzione italiana[2], che sancisce il diritto e il dovere della famiglia di educare figli e figlie. Eppure, parlare di temi sessuali e affettivi in famiglia non è scontato; a volte è causa di imbarazzo e scontri, altre volte trasmette informazioni scientificamente erronee o comporta ansie per mancanza di competenze e strumenti.

Ma tra tutti i fattori ostacolanti, il primo risulta essere la mancanza di una legge a supporto. Dalla prima proposta di legge (PdL) del Partito Comunista Italiano (1975)[3], si contano  47  tra PdL e disegni di legge (DdL). La maggior parte (30) provenienti dai Partiti di sinistra, 12 dei Partiti di destra. La natura ciclica di mezzo secolo di dibattito legislativo, evidenzia  un’instabilità dell’istituzione; il succedersi di ripetute legislature e diversi governi non sembrano permettere il raggiungimento di un reale accordo sulla tematica. Sembra infatti che il processo deliberativo sia destinato a non avere fine, stando anche alle recenti vicende  come quelle del Sindaco di Roma Gualtieri e quelle della Regione Liguria per le diocesi, o anche l’ultima proposta del Governo. Quest’ultima, nello specifico la PdL n. 2271 di Febbraio 2025 del Partito Fratelli d’Italia, indica come necessario il consenso genitoriale per studenti e studentesse minorenni a partecipare a incontri o progetti su temi sessuali, affetti ed etici.

Il  CONSENSO DEI GENITORI

Dopo la prima iniziativa riguardante il consenso dei genitori – DdL n. 664 del 2018 del Partito Lega Salvini Premier (LSP) – e sulla scia della PdL del 2024 n. 1885 (LSP) sul divieto di introduzione di tematiche legate all’identità sessuale nelle scuole, la nuova PdL non sembrerebbe approdare a  una soluzione equilibrata, ma favorire piuttosto una sola fazione  anziché porre finalmente rimedio al duraturo scontro ideologico che accompagna l’EaS da tempo.

Sorgono di conseguenza alcune riflessioni. Prima tra tutte, c’è da chiedersi quale fosse la necessità di istituire un consenso per progetti esterni – a discapito delle tematiche specifiche – quando per ragioni etiche i progetti vengono presentati, accordati e svolti anche su consenso genitoriale. O ancora, perché un o una docente, che volesse trattare alcuni temi legati all’EaS, dovrebbe chiedere un consenso? Ciò ovviamente non è necessario se si volesse approfondire un algoritmo matematico;  non accade quando nelle lezioni di scienze si affrontano gli apparati genitali o se in quelle di filosofia si discute il pensiero di Freud. Infine, chi, in casa, si sentirebbe in grado di educare in modo scientificamente accurato, senza imbarazzo, parlando di tutte le tematiche dell’EaS? Quanti genitori firmerebbero il consenso? E inoltre, chi non ricevesse il  consenso, non sentirebbe parlar dei temi discussi tra compagni e compagne di classe? Le informazioni non potrebbero essere reperite, con rischi e conseguenze negative, ancora attraverso Internet?

Seppur la proposta non sia in modo esplicito  un divieto di progettazione educativa, risulta di fatto fortemente limitante  delle possibilità di inserire e affrontare l’EaS a 360°, nonché di permettere a tutti e tutte di usufruirne allo stesso modo. Inoltre, l’obiettivo attuale dovrebbe essere quello di rispettare le richieste del contesto socioculturale e offrire informazioni, consapevolezze e competenze, oltre ad opportunità di sviluppo sano e rispettoso per chiunque. Di conseguenza, sarebbe necessario ripensare le formazioni accademiche, professionali e personali di insegnanti di ogni ordine e grado e genitori per rispettare il concetto, che è alla base  di una efficace EaS: la responsabilità educativa condivisa. E ancora, la tematica richiederebbe un approccio onesto, scientifico e scevro di opinioni personali, che  amplierebbero i confronti e sensibilizzerebbero al rispetto di punti di vista anche divergenti.

Per raggiungere l’obiettivo di vedere concretizzata una reale Educazione alle Sessualità, vi è bisogno di invertire la rotta. È necessario un cambiamento di prospettiva a più livelli – sociale, culturale, politico, ideologico, educativo e formativo – per avviare una trasformazione intenzionale, intersezionale e collaborativa di tutte le parti.

 

Rifermenti bibliografici

Carmichael, N., & Amiri, A. (2024). Sexuality education for school-aged children and adolescents: A concept analysis. Journal for Specialists in Pediatric Nursing, 29, e12436. https://doi.org/10.1111/jspn.12436

Petruccelli, F. (2002). L’educazione sessuale. In Simonelli C. (Ed.), Psicologia dello sviluppo sessuale e affettivo (pp. 221–233). Carocci Editore.

Stettini, P. (2004). L’educazione sessuale tra nuovi paradigmi, evidenze e sfide. Rivista di sessuologia clinica, 1(X), 47–65.

UNESCO (2018). International technical guidance on sexuality education: an evidence-informed approach. https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000260770

Vallauri, E. L. (2020). Ancora bigotti. Gli italiani e la morale sessuale. Giulio Einaudi editore s.p.a.

WHO & BZgA (2010). Standards for sexuality education in Europe: A framework for policy makers, educational and health authorities and specialists. https://www.bzga-whocc.de/en/publications/standards-for-sexuality-education/

 

[1] Negli ultimi anni, studi internazionali hanno evidenziato come i programmi diComprehensive Sexual Education (CSE), raccomandati dall’UNESCO e dall’OMS, siano fondamentali per prevenire la disinformazione e contrastare fenomeni come la violenza di genere e il cyberbullismo.

[2]  Art. 30 della Costituzione Italiana. www.governo.it/it/costituzione-italiana/parte-prima-diritti-e-doveri-dei-cittadini/titolo-i i-rapporti-etico-sociali

[3] 13 marzo1975 fu presentata la proposta di legge ¨in materia di iniziative per l’informazione sui problemi della sessualità nella scuola statale; prima firma  quella del deputato Giorgio Bini¨ del Partito comunista italiano

Valeria Bruno - Pedagogista esperta in Educazione alle Sessualità, PhD Student presso Sapienza Università di Roma.

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