La Maturità autoreferenziale
![Colpisce il modo semplicistico e un po’ affrettato con cui il MIM ha messo mano alla riforma dell’Esame di Stato al termine della scuola secondaria superiore. Esame di Stato che, per il modo con cui è andato evolvendosi negli ultimi anni, è diventato veramente un grosso problema, e non tanto perché quattro ragazzi, alla luce dei punteggi già conseguiti, hanno pensato bene di non sottoporsi alla prova orale, ma per il ruolo ed il peso specifico che ha via via […]](https://www.educationduepuntozero.it/wp-content/uploads/2025/09/202100392-2612a531-0c5a-4582-afe7-8db40f115423-360x204.jpg)
Colpisce il modo semplicistico e un po’ affrettato con cui il MIM ha messo mano alla riforma dell’Esame di Stato al termine della scuola secondaria superiore. Esame di Stato che, per il modo con cui è andato evolvendosi negli ultimi anni, è diventato veramente un grosso problema, e non tanto perché quattro ragazzi, alla luce dei punteggi già conseguiti, hanno pensato bene di non sottoporsi alla prova orale, ma per il ruolo ed il peso specifico che ha via via assunto nel percorso degli studenti, promossi nel 99,7% dei casi. Colpisce anche la mancanza di un dibattito approfondito su questa “riforma”, divenuta legge per decreto, anche se si spera che in sede di conversione emergano i punti deboli di questo provvedimento.
L’Esame di Stato oggi (o Esame di maturità, come dovrebbe tornare a chiamarsi? Ma come si può valutare la maturità di uno studente in un colloquio di qualche minuto o attraverso la correzione di un compito scritto? Sembra un obiettivo del tutto irrealistico), al di là dell’enfasi con il quale viene presentato ogni anno sulla stampa, rappresenta oggi solo un passaggio formale, e per di più del tutto inattendibile.
E’ formale, perché viene promosso più del 99% dei candidati, e dunque non costituisce un reale strumento di verifica della qualità del percorso compiuto, ma un semplice rito finale.
E’ inattendibile, perché c’è una totale incoerenza tra i punteggi conseguiti dagli studenti nell’esame di Stato e gli esiti delle prove Invalsi, esiti che si ripetono puntualmente tutti gli anni ed in tutti gli ordini di scuola e mettono in evidenza una maggiore debolezza di apprendimenti tra gli studenti meridionali, che invece conseguono regolarmente le votazioni più alte nell’esame finale.
Questa difformità tra punteggi dei test e voto scolastico finale costituisce un grave problema per diversi motivi:
- Perché dimostra che la nostra scuola non costituisce un sistema ma è frammentata in tanti sistemi locali, che seguono standard qualitativi molto diversi;
- Perché non promuove un qualsivoglia riallineamento degli standard qualitativi tra le diverse scuole e le diverse aree, premiando invece le scuole ed i docenti che largheggiano nell’assegnazione dei voti; senza arrivare allo scandalo dei diplomifici, ancora in attesa di una soluzione valida, è noto che talvolta le scuole vengono scelte non per la loro qualità ma per la maggiore “capacità di comprensione” delle manchevolezze degli studenti;
- Perché premia studenti non meritevoli e punisce studenti molto più preparati
- Perché illude studenti che escono dalla scuola convinti di aver ricevuto una preparazione eccellente e finiscono per scontrarsi con una realtà del mondo del lavoro (o dell’Università) molto meno indulgente, che metterà in luce le loro debolezze;
- Perché non attribuendo il giusto riconoscimento al diverso impegno degli studenti frena qualunque possibilità di mobilità sociale, in quanto l’unico elemento che finisce per contare nella carriera successiva al termine di un percorso scolastico nel quale tutte le vacche sono grigie è il peso dello status sociale.
- Perché con le sue alte percentuali di successo assegna un riconoscimento di buon funzionamento alla nostra scuola secondaria superiore, che viene invece regolarmente smentito dalle rilevazioni internazionali.
La funzione originale dell’esame finale della scuola secondaria superiore era inserire un elemento di moderazione ed omogeneizzazione della qualità dell’insegnamento impartito, introducendo un momento finale di verifica “terza” al termine del percorso scolastico. Questo ruolo di verifica terza della preparazione dello studente è tuttora rispettato negli altri principali Paesi europei:
- In Francia nell’organizzazione del Baccalaureat le prove scritte ed il colloquio finale (ai quali viene attribuito il 60% del punteggio finale del diploma) sono rigorosamente affidati a docenti esterni.
- Anche in Germania, sebbene le prove di esame sono gestite da commissioni interne, vengono predisposti elementi nazionali e regionali di moderazione (prove standardizzate oppure seconde correzioni centralizzate) per garantirel’ omogeneità della prova di Abitur tra Länder e scuole.
- In Inghilterra non esistono commissioni locali. Le prove scritte dell’A level (l’esame finale del percorso secondario superiore) vengono inviate a Exam boards (enti certificatori nazionali, come AQA, Edexcel, OCR) che le correggono centralmente.
- In Spagna il diploma di Bachillerato viene gestito dalla scuola (dai docenti interni) ed assegna il 60% del punteggio, ma successivamente per accedere all’università gli studenti devono affrontare l’esame PAU, che è preparato e corretto da commissioni universitarie regionali, che conta per il 40% del punteggio.
Il ruolo di terzietà dell’esame finale da noi è via via venuto meno, sia per il crescente peso attribuito nella Commissione d’esame ai docenti della classe (i quali tendono a percepire l’esame anche come un passaggio di verifica del loro stesso operato e dunque sono oggettivamente portati ad assumere un atteggiamento difensivo), sia per il peso crescente attribuito nel punteggio finale dell’esame al curriculum scolastico, fino ad arrivare al paradosso degli studenti che non si sono sottoposti al colloquio finale avendo ottenuto già il punteggio minimo necessario per la promozione.
Il decreto legge del governo, invece di intervenire strutturalmente su queste storture, impone semplicisticamente agli studenti di presentarsi al colloquio; inoltre aumenta di fatto la presenza di docenti interni per ogni commissione d’esame (2 per ognuna delle due classi, contro 2 docenti esterni in tutto, più il Presidente di Commissione). Infine ci si limita a riportare i risultati delle prove nazionali predisposte dall’INVALSI (o equivalenti prove scritte nazionali) nel Curriculum dello studente, in una sezione specifica, in forma descrittiva, senza attribuire loro un peso specifico. Sarebbe invece necessario allinearsi agli altri principali Paesi europei per restituire all’esame finale, almeno in parte, il carattere di terzietà che solo può promuovere un innalzamento ed una maggiore omogeneità degli standard qualitativi dell’insegnamento impartito. Si potrebbe ad esempio:
- Chiarire che la valutazione degli studenti viene fatta per sottocommissioni, escludendo dunque i docenti interni della seconda classe dalla formulazione del giudizio sugli studenti della prima (e viceversa).
- Rivedere il rapporto tra punteggio assegnato al percorso scolastico e punteggio assegnato ai risultati dell’esame.
- Attribuire un punteggio ai risultati del test Invalsi. Questo compenserebbe, almeno in parte, la mancanza di una correzione centralizzata delle prove scritte.
Si tratta, come si può ben vedere, di correttivi limitati, che avrebbero però il merito di iniziare ad invertire la strada inclinata verso una sempre maggiore autoreferenzialità della scuola e di porre al centro del dibattito sull’esame il tema della sua terzietà rispetto al percorso compiuto dagli studenti.
Giorgio Allulli Vicepresidente della Rete europea della qualità dell'Istruzione e formazione professionale (EQAVET); già direttore delle aree sistemi formativi del Censis, dell'Isfol e della Conferenza dei Rettori.



