Iscrizioni per l’anno scolastico 2025-26 Conferme o cambiamenti? 

I numeri delle iscrizioni all’ istruzione scolastica superiore per l’anno scolastico 2025-26 confermano il quadro d’insieme, le tendenze, le connotazioni territoriali dell’offerta e della domanda degli ultimi anni. I cambiamenti, di portata quantitativa modestissima, non inficiano ciò che vediamo da tempo:   una licealizzazione spinta, nessuno sviluppo quantitativo del comparto tecnico-professionale, una distanza tra Nord e Sud che non accenna a ridursi. In Lombardia e in altre aree del Nord  gli iscritti ai licei sono sotto il 50% del totale mentre  nel Lazio (  a ruota  seguono Campania, Sicilia, Molise ) i liceali sfiorano il 70%. Una scuola immobile ?

Si potrebbe non tornare a parlarne se non fosse che  la conferma è una notizia. Perché rivela l’inconsistenza o quanto meno la debolezza di impatto  di strategie, investimenti, provvedimenti annunciati sempre come decisive innovazioni: dalle campagne pluridecennali per la rivalorizzazione dei percorsi orientati ai saperi tecnologici  e alle competenze professionali fino ai dispositivi – i tutor, gli orientatori – che dovrebbero assicurare  una scelta  più consapevole delle famiglie e una migliore maturazione degli interessi e delle vocazioni degli studenti. Obiettivi sensati ma irraggiungibili se la più importante e meno reversibile scelta scolastica, a dispetto di un’istruzione obbligatoria diventata decennale quasi vent’anni fa, resta inchiodata  ai  13 anni di età, e per di più costretta nei primi mesi dell’ultima classe della scuola media; se il primo biennio non diventa  “orientativo”, come prescritto dalla legge, e non prevede  materie/attività anche opzionali, meno discipline di indirizzo, più  consolidamento delle competenze di base; se l’esame di stato e relativo diploma non si spostano dalla fine della scuola media  alla conclusione del secondo anno del biennio ( con effetti  positivi anche in termini di contrasto dell’abbandono prima del termine dell’obbligo di istruzione).  Lo stesso percorso 4+2, l’unica innovazione ordinamentale di una ormai lunga stagione capace più di aggiunte e ritocchi  che di riforme,  non può decollare con numeri adeguati all’investimento previsto dal PNRR se la platea degli iscritti all’istruzione tecnica  non  si allarga coinvolgendo quote consistenti di   studenti con buon successo scolastico e solida motivazione  a percorsi lunghi di livello anche terziario. Se gli istituti tecnici non vengono  finalmente liberati dal marchio di una scuola  per i penultimi ( gli ultimi essendo, notoriamente, gli iscritti all’istruzione professionale e all’IeFP ). Vecchi e irrisolti problemi, usciti da tempo dall’agenda della politica.

Liceo che passione 

In assenza di tutto ciò, gli studenti italiani preferiscono il liceo, meglio se scientifico. Quest’anno, dopo la piccola flessione del 2024 ( 55,63%) la licealizzazione è tornata a salire fino al 56%. Lo scientifico intercetta quasi un quarto della scolarità liceale, tra indirizzo tradizionale “con il latino” ( 13,53%), opzione “senza latino” delle scienze applicate ( 9,85%) e indirizzo sportivo (4,21% ). Al secondo posto il liceo delle scienze umane (11,67% ) con  buona crescita dell’indirizzo LES, lo stesso che secondo il governo doveva essere soppiantato dall’autarchico  liceo del “Made in Italy “ rimasto invece sotto le 500 iscrizioni ( 0,09% ). Al terzo c’è il liceo linguistico (8,01%).  Seguono a  distanza il classico (5,37% la media nazionale ma quasi il 9% nel Lazio e valori anche doppi in altre aree meridionali), l’artistico (4,03%, nonostante l’infelice travaso degli istituti d’arte ), il coreutico e il musicale. 

Tecnici, professionali, filiera 4+2

Un piccolo arretramento, invece, c’e’ per i tecnici, che calano dal 31,66 al 31,32%. L’indirizzo più scelto è Amministrazione, Finanza e Marketing ( 9,1% ), segue col 5,35%  Informatica e Telecomunicazioni. Stabili sono gli istituti professionali (12,96% ), con Enogastronomia e Ospitalità alberghiera al 3,94%, seguito da Servizi per Sanità e Assistenza Sociale (2,01 ). Va da sé che, specularmente a quanto avviene per i licei, le differenze territoriali sono consistenti, e strettamente connesse alla specificità dei contesti economico-produttivi locali, e alla cultura sociale sull’istruzione e sul suo collegamento con il lavoro che ne è derivata. In alcune aree del Nord – Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte –  gli istituti tecnici, spesso molto prestigiosi anche per una lunga tradizione di rapporti con il mondo delle imprese, raccolgono molte più iscrizioni che nelle regioni meridionali, e si caratterizzano quindi per una popolazione scolastica socialmente e culturalmente più eterogenea. Ciò vale, soprattutto nel Centro, anche per l’istruzione professionale. 

E’ in questo quadro che vanno letti anche i dati sul percorso cosiddetto del 4+2, la filiera corta per la formazione dei super-periti tanto richiesti da alcuni settori del mondo delle imprese. Rispetto al 2024 le iscrizioni sono significativamente cresciute (5549 ) e sono soprattutto  triplicati i percorsi attivati o attivabili dalle scuole ( 628 ). Il ministro Valditara ha cantato vittoria, dando per scontato che, calcolando anche le iscrizioni cartacee, si raggiungerà in breve la cifra tonda di 6.000 iscritti. Ma, anche così, siamo sempre largamente al di sotto da percentuali promettenti, o comunque coerenti  con le  sfide esplicitate da un finanziamento PNRR pari a 1,5 mld. Non solo. Ci sono molti dubbi sulla possibilità che si realizzino effettivamente tutti i percorsi annunciati, visto che i 5549 iscritti non bastano a riempire 628 classi, sempre che anche per il 4+2 valga il criterio dei 25 alunni per classe ( il rapporto attuale sarebbe di 8,6 per classe, e sfiorerebbe il 9 con le auspicate 6.000 iscrizioni ). 

Numeri e paradossi

Al di là di questo, che non è affatto un dettaglio, c’è inoltre da segnalare qualcosa che non torna, un paradosso  che richiede qualche approfondimento. E’ evidente, infatti, che i 628 percorsi della nuova filiera  si concentrano prevalentemente in scuole del Sud, quindi proprio nelle regioni in cui gli istituti tecnici sono assai meno frequentati rispetto ad altre aree del Paese. Come si spiega, da dove nasce questa speciale attenzione dei numerosi attori in campo (regioni, università, scuole, imprese ) per la formazione tecnica e professionale di livello terziario, e qual è in dettaglio il rapporto tra l’offerta e la domanda ? Generosissime di esultanza, le dichiarazioni del Ministro sono invece assai più che avare su  questo aspetto. E i dati sugli iscritti, presentati per ora in forma solo sintetica, non consentono letture analitiche.

Non è solo su questo punto, del resto, che non tutto è trasparente. La CISL ha osservato, per esempio, la difformità con cui sono stati resi pubblici i dati, sempre in percentuale quando si tratta dei licei e degli istituti tecnici e professionali, ma solo in cifra assoluta invece a proposito del 4+2. C’e’ un motivo ? Ha notato anche la non piena leggibilità delle percentuali visto che nei dati non compare mai qual è il valore numerico effettivo del 100. Quanti sono, sulla coorte anagrafica di riferimento, gli effettivi iscritti ai percorsi di istruzione secondaria di secondo grado e di IeFP, quanti nel passaggio dalla scuola media ai due anni conclusivi dell’obbligo di istruzione si sono persi ? E quanto è consistente il calo delle iscrizioni derivante da quello demografico ? Si dovrà tornarci su più avanti. 

Fiorella Farinelli Politica e saggista,  docente esperta di  istruzione e formazione, componente dell’Osservatorio nazionale per l’Integrazione degli alunni stranieri