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La Storia e l’Identità nazionale

Pubblicato il: 07/04/2025 14:56:16 -


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Sta circolando in questi giorni una bozza delle Nuove indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo. L’Associazione  Società Italiana di Didattica della Storia (SIDidaSt) presieduta da Antonio Brusa esprime, nella sezione  riguardante la Storia,  una critica radicale:  “ la bozza  sembra proporre una visione della storia italiana che enfatizza un passato glorioso e un Risorgimento eroico, escludendo importanti sviluppi storiografici recenti, come la storia ambientale, post-coloniale, di genere e globale.
Questo approccio rischia di trasformare l’insegnamento della storia in uno strumento di costruzione dell’identità nazionale piuttosto che in un mezzo per sviluppare il pensiero critico degli studenti”.

A proposito del concetto di identità desidero partecipare anch’ io con le mie modestissime competenze al dibattito appena iniziato con lo scopo di mettere in evidenza non solo l’arretratezza ed il riduttivismo culturale che promana dalle suddette Indicazioni ma anche il tentativo di mascherare dietro il concetto di identità nazionale fortemente occidentalocentrico la superiorità etnico-storica dell’Occidente nei confronti delle culture altre. In pratica tale bozza assesta un colpo diretto ed esplicito alla multiculturalità della società contemporanea.

La bozza di cui sopra sembra infatti non tenere in conto molteplici riflessioni scientifiche, che, pur partendo da punti di vista e visioni del mondo diverse, concordano sulla connotazione flessibile e sulla natura polisemica del concetto di identità.  Molti autori sottolineano, nelle loro ricerche, la difficoltà di definire con precisione ed in modo stabile il processo di costruzione dell’identità.  Processo talmente dinamico, sempre in fieri, che oggi si parla sempre più di “nomadismo identitario” (Maffesoli M., Del nomadismo. Per una sociologia dell’erranza).

Il fenomeno del nomadismo costituisce, sul piano culturale e soprattutto sul piano identitario-affettivo, una delle principali caratteristiche della postmodernità e si può rappresentare sotto forma di un peregrinare affettivo di esperienza in esperienza, senza soluzione di continuità, di un vagabondare cognitivo e relazionale favorito anche dalle nuove modalità virtuali di incontro.

Certamente, oggi, più che in passato, l’individuo appare maggiormente esposto alla fragilità  e all’ incertezza  dei momenti di passaggio, di transizione da un’ età all’ altra della vita. Anche perché i termini dell’adolescenza e della giovinezza si stanno spostando in avanti sul piano cronologico e tendono a modificare e trasfigurare l’immaginario collettivo riguardo ai confini e quindi alle caratteristiche di queste fasi della vita. Di conseguenza vengono modificati anche i profili delle fasi precedenti e successive. Per l’individuo tutto diventa più incerto: è più problematico rielaborare continuamente il proprio progetto di vita e la propria identità quando si apre una nuova fase, o ridefinire sé stessi ed il rapporto con gli altri. 

Oltre a questa criticità   del postmoderno, è doveroso tenere presenti alcuni elementi che giocano un ruolo fondamentale nel rapporto dialettico identità-alterità.

Noi facciamo esperienza della dimensione intersoggettiva e dialogica soltanto all’ interno dei rapporti umani reali e sociali.  Senza questi rapporti affettivi, che oggi tendono sempre più a sfumare verso il virtuale, la costruzione della nostra identità e la possibilità di elaborare le varie tappe del riconoscimento del sé e dell’altro non sono compiutamente realizzabili.

La costruzione dell’identità è un percorso lungo il quale è sempre presente il confronto con l’ egoità e con l’ alterità, percorso tortuoso  che  non può prescindere dal riconoscere la presenza dell’ altro, dal prendere atto della sua diversità e dall’ ascoltarla:  anche quando il rapporto  con l’alterità pone domande inquietanti sull’identità dell’ altro, sul potere dell’altro di contaminare  modelli di  vita, bisogni e  desideri storicamente sedimentati.

Certamente, è un’operazione difficile dare risposte rassicuranti a tali domande e pensare che qualcun altro possa realizzarsi in modi differenti dai propri, ma la cifra della propria maturità sta proprio nella capacità di misurarsi con ciò che è diverso da sé. La pretesa di negare l’alterità rispecchia l’incapacità di cogliere la diversità e la complessità che si esprime negli individui, prima ancora che nelle etnie o nelle nazioni e, soprattutto, è la spia che riflette  l’ incapacità di riconoscere sé stessi come persone adulte, in grado di accogliere i propri punti deboli.

Sul piano della multiculturalità, il mettersi in gioco di fronte al tema dell’alterità   cambia radicalmente le cose, poiché non significa più collocare le diverse culture su un terreno   neutrale, ma significa farle incontrare nel dramma della diversità, del confronto e persino dello scontro, che spesso non è pacifico. 

Un altro elemento importante da tenere presente nella dialettica identità-alterità è che l’approccio con l’altro da sé è sempre dipendente dal contesto, da pre-giudizi e pre-comprensioni forniti dalla cultura di appartenenza, a volte fatti propri, ma non del tutto metabolizzati. È importante, infatti, avere una precisa presa di coscienza delle proprie pre-supposizioni e dei propri pregiudizi, ma è altrettanto importante   saperli sostituire con concetti sempre più adeguati alla comprensione della complessità del rapporto identità/alterità. Riecheggiando la celebre espressione di Bateson (BATESON G., Mente e natura) “la mappa non è il territorio”,  possiamo inferire che dobbiamo  aggiornare continuamente  la nostra mappa mentale, consapevoli che le mappe da noi costruite sono utili per muoverci nel “territorio”, ma non sono il territorio. Pertanto, se cristallizzeremo la mappa, essa non ci aiuterà più a muoverci nel territorio, ma ci ostacolerà facendoci rigettare tutto ciò che costituisce la novità dell’altro. Se, invece, saremo disponibili ad aggiornare continuamente la mappa, restando aperti alla novità del territorio, la mappa costituirà un utile ed efficace strumento di comprensione dell’altro e della realtà che ci circonda. Soltanto facendo nostra tale consapevolezza, che diviene consapevolezza dei nostri limiti, è possibile entrare nel territorio dell’altro, superando i confini che lo delimitano.

Alla luce delle suesposte considerazioni la bozza delle Nuove Indicazioni rappresenta un tentativo di ridisegnare, restringendola in senso ottocentesco, la mappa culturale   che dovrebbe orientare lo sviluppo dell’identità degli alunni nel rapporto con sé stessi, con gli altri e con la realtà. E documenta l’ambizione di riscrivere non solo la storia ma anche le finalità pedagogiche di un umanesimo inteso in senso inclusivo.

Giancarlo Gambula – Dirigente Scolastico

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