Errata corrige? La reazione del Coordinamento Nazionale di Scienze della Formazione Primaria alle NI2025
E ciò che è bene, Fedro, e ciò che non è bene – dobbiamo chiedere ad altri di dirci queste cose?”
(Pirsig, R., 1981)
Lo scorso 10 aprile 2025 il Coordinamento Nazionale di Scienze della Formazione Primaria si è riunito in un convegno pubblico per presentare i punti di un documento, in elaborazione da parte del Coordinamento Nazionale, atto a raccogliere commenti sulla bozza delle Nuove Indicazioni 2025 per l’Infanzia ed il Primo Ciclo. L’incontro ha visto il collegamento di circa 32 sedi del suddetto corso di laurea e la partecipazione di Società, associazioni, centri di ricerca, il Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia, e associazioni professionali (Coordinamento Nazionale di Scienze della Formazione Primaria, 2025).
In apertura, la Prof.ssa Pastori identifica come “motore” dell’organizzazione dell’incontro, la mancata consultazione del Coordinamento Nazionale dei Presidenti dei corsi di laurea magistrale in Scienze della Formazione Primaria; interlocuzione limitata ad un’audizione della Presidente del Coordinamento quattro giorni prima della pubblicazione delle Indicazioni. L’incontro, al quale la Commissione è stata invitata, ma declinato per altri impegni, ha quindi l’obiettivo di allargare spazi e tempi “nella costruzione collettiva” delle Indicazioni. Durante l’incontro si succedono gli interventi dei rappresentanti di corsi di laurea e associazioni presenti sul territorio nazionale. Trattandosi del segmento della scuola dell’infanzia e del primo ciclo è comprensibile che siano differenti gli stakeholders interessati a prendere parte al processo di policy-making rispetto a quelli che avremmo trovato per politiche inerenti al ciclo secondario. Quello che è insolito constatare in un contesto di politica educativa, è il livello di estrema compattezza tra gli interventi all’interno del Coordinamento, e tra le diverse società scientifiche.
La dissezione delle Indicazioni operata nelle tre ore del convegno è infatti definitiva. La richiesta avanzata di “errata corrige” della bozza è lontana dal riguardare modifiche ad-hoc: si argomentano ampiamente, riferendosi ad avanzamenti di ricerca scientifica pedagogica, le ragioni di una revisione complessiva del documento. Il Coordinamento mette in evidenza diverse problematiche generali. In premessa, le Indicazioni vengono qualificate trasversalmente dai relatori come contraddittorie in diverse parti, prescrittive e più vicino al concetto di “programma”.
Troviamo infatti ad esempio un’importante dichiarazione nel testo in corrispondenza dei punti iniziali “libertà, cura di sé ed etica del rispetto”:
“Il contenuto originario della libertà si connota, dal punto di vista della formazione scolastica, come possibilità di autodeterminarsi nei diritti e nei doveri: principio universale che fa il paio col principio pedagogico dell’autogoverno, di matrice attivistica, che sottende gli approcci didattici contemporanei. (MIM, 2025: 10)”. Questa però non risulta sviluppata, secondo le diverse voci che intervengono durante il Convegno. Il Coordinamento sottolinea infatti che se l’impostazione del documento appare a tratti di matrice “costruttivista”, ci si scontra poi con una modalità prescrittiva circa quello che “si dovrebbe o non si dovrebbe fare”, con un’immagine del bambino che può incorrere nella “tracotanza” (MIM, 2025: 11). Sottolineiamo come possibile lettura di questo approccio una “securitizzazione” generale del rapporto alunno-docente-scuola-edificio scolastico, che insiste, cioè, nell’individuare minacce di diversa entità ed isolarle (Gala, 2024).
Ancora, un membro del Coordinamento, circa la trattazione del tema dell’inclusione nel documento, ne sottolinea l’approccio riduttivo, limitato ai soli BES, e rimarcando come la prospettiva inclusiva in letteratura sia “proprio il contrario” “dell’azzardo di un colpo d’ali” menzionato nella bozza (MIM, 2020: 14).
Vediamo ora in rassegna alcuni dei nodi esposti e qualificati come “preoccupanti”, “gravi” nei diversi interventi, per le discipline nello specifico.
Per quanto riguarda la storia, gli esperti denunciano la sezione del documento in cui si esclude lo studio delle fonti (p.70) ed il ritenere “inutile” il ricorso a “grandi temi”, privilegiando un approccio narrativo alla storia, basato sulla conoscenza di date ed eventi; o l’assunto dello scopo della costruzione di un’unità nazionale, un focus sull’eurocentrismo. Come sottolineato dalla Vice- Presidente della Società Italiana di Didattica della Storia, circa i contenuti si critica la scelta di limitazione esplicita dello studio dei fattori economici e strutturali, e circa i metodi didattici:
“Al posto di dare spazio alla capacità di pensare storicamente la proposta punta in modo esclusivo, e il problema è proprio l’esclusività, sulla dimensione narrativa come base di un modello trasmissivo che è stato rivendicato e unico adeguato a questa fascia d’età (…) questo approccio ignora completamente 50 anni di ricerca didattica disciplinare oltre al fatto che esistono diverse forme di coscienza storica di cui quella esemplare che viene proposta nel documento rappresenta la versione più ingenua”.
Per quanto riguarda l’italiano, nell’intervento del Presidente dell’ASLI (Associazione per la Storia della Lingua Italiana), è cruciale il passaggio in cui sottolinea una ricorrente “dicotomia” tra “il giusto e lo sbagliato”, la frequenza della nozione di “correttezza” all’interno del documento, che potrebbe essere coadiuvata dal concetto “socio-linguistico di appropriatezza o di adeguatezza”. Rimarca, inoltre, circa gli alunni con background migratorio, la problematicità della frase nel documento: “gli alunni di origine straniera devono comunque acquisire la conoscenza della lingua italiana” (MIM, 2025: 37); e rimarcandone un “forse involontario” “tono minaccioso”, ne suggerisce una più accessibile formulazione: “devono poter acquisire” e/o “devono poter essere messi nelle condizioni di acquisire”, che non è una questione di forma ma un piano d’azione per garantire un effettivo supporto.
Passando all’ambito matematico, un punto distorcente per le diverse associazioni dell’ambito è la considerazione che nel documento appare, delle competenze matematiche come “innate”, e si chiarisce il rischio sotteso da tale posizione: “Per la matematica è particolarmente grave dare l’idea che le competenze in matematica siano qualche cosa di intuitivo perché questo in qualche modo colpevolizza lo studente e sembra separare quello che ha competenze innate da chi non ce l’ha e quindi può essere anche non particolarmente sollecitato perché tanto queste competenze non le ha.”.
In ultima analisi, leggiamo quanto emerso attraverso le lenti di una contrapposizione ad ora irriconciliabile. Perché la proposta della Commissione da un lato e la reazione del Coordinamento e delle società scientifiche coinvolte dall’altro, esemplificano la dicotomia tra diversi paradigmi: una matrice nazionalista da un lato e la decolonisation theory dall’altro (Connell, 2014), che vede un curricolo integrato e non limitato a visioni stato-centriche; la visione dell’insegnante come magis che riceve indicazioni su come agire a cui è necessario riconoscere un principio di autorità da un lato e l’insegnante riflessivo e ricercatore dall’altro; una valutazione che, come indicato durante il Convegno, “rischia di enfatizzare solo la funzione rendicontativo/sommativa” vs. una valutazione che mira alla funzione formativa.
In conclusione, però, un caveat. In termini di istituzionalismo storico quanto sta avvenendo con la bozza delle nuove indicazioni è una “sostituzione” di misure che segue uno scontro aperto (Thelen & Mahoney, 2015), quello che, appunto, si sta verificando tra i due poli: gli interventi hanno messo a fuoco una “discontinuità” con le precedenti indicazioni del 2012.
Quindi lo stupore da dove proviene? Il documento di bozza delle Indicazioni Nazionali è di matrice politica, nel contesto di un governo di centro-destra che ha mandato come primo segnale retorico l’antifona della ridefinizione del nome del Ministero di competenza in “Istruzione e Merito”, e che ha già approvato nel secondo ciclo una riforma di sperimentazione della filiera tecnologico professionale (legge 8 agosto 2024, n.121) che se portata a sistema avvicinerebbe fortemente il sistema scolastico italiano all’estremo selettivo del continuum tra sistemi scolastici selettivi e comprensivi.
L’OCSE (2020) è arrivata a dedicare un documento allo studio della misura in cui le evidenze scientifiche possono incidere sul processo di policy-making: questo è il punto di partenza per interrogarci su come si possano creare, indipendentemente dal colore politico, pratiche durature di ampio scambio tra ricerca scientifica e decisori politici, che è un esercizio mai concluso.
Riferimenti
Connell, R. (2014). Using southern theory: Decolonizing social thought in theory, research and application. Planning Theory, 13(2), 210–223. https://doi.org/10.1177/1473095213499216
Coordinamento Nazionale di Scienze della Formazione Primaria (2025). https://www.youtube.com/watch?v=oA6O_LHyyvQ
Gala, M. (2023). Introduzione, in “Rivista italiana di storia internazionale” 1/2023, pp. 181-184, doi: 10.30461/107879
Mahoney, J., & Thelen, K. (2009). Explaining Institutional Change: Ambiguity, Change and Power. Cambridge University Press.
MIM (2025). Nuove Indicazioni 2025 Scuola dell’Infanzia e Primo ciclo di istruzione. Materiali per il dibattito pubblico. https://www.mim.gov.it/documents/20182/0/Nuove+indicazioni+2025.pdf/cebce5de-1e1d-12de-8252-79758c00a50b?version=1.1&t=1741806754378
OCSE (2020), Building Capacity for Evidence-Informed Policy-Making: Lessons from Country Experiences, OECD Public Governance Reviews, OECD Publishing, Paris, https://doi.org/10.1787/86331250-en.
Astrid Favella dottorato in Ricerca Educativa è ricercatrice Postdoc presso la Sapienza, Un. di Roma. Specializzata in economia politica europea (LSE, Londra) ed educazione (Università di Oxford)