“Non limitatevi a giocare con il vostro telefono cellulare, programmatelo”

Il presidente degli Stati Uniti lanciò questo messaggio in occasione della settimana dedicata alla “Computer science education” nel dicembre del 2013.

Se consideriamo il messaggio da un punto di vista educativo, nulla di nuovo: insegnare a costruire i propri giochi è una tematica ricorrente nella psicologia dell’educazione.

L’attenzione che molti scienziati stanno rivolgendo verso l’apprendimento precoce dei linguaggi di programmazione lascia però trapelare una seria preoccupazione per le trasformazioni profonde, che stanno modificando radicalmente il nostro sistema di comunicazione interpersonale.

Dalla nascita del WEB la comunicazione vis a vis è stata affiancata da sistemi di messaggistica sempre più raffinati e portabili, i social network forniscono imponenti quantità d’informazioni sulla vita pubblica e privata degli individui, mentre la stragrande maggioranza dei dispositivi elettrici, elettronici e meccanici vengono comandati a distanza attraverso stringhe di codice informatico.

L’informatica, ovvero i linguaggi che consentono la programmazione dei software, non è più relegata nell’ambito delle attività professionali, ma entra in contatto con noi ogni qualvolta digitiamo il pin di un bancomat o inseriamo la moneta in un parchimetro.
La pervasività e la rapidità del fenomeno non possono essere più ignorate, a meno di rinunciare in modo assoluto al controllo delle nostre azioni quotidiane.

La globalizzazione non solo richiede di entrare in contatto con persone di diverse nazionalità, rendendo pressoché obbligatoria la conoscenza di ulteriori linguaggi naturali, ma ci sta spingendo verso nuovi bisogni come quello di comunicare con il mondo delle “macchine” che ci circonda.
I dispositivi informatici sono incorporati (embedded) in quasi tutti gli elettrodomestici, nelle autovetture, nelle centraline di controllo del riscaldamento domestico e all’interno degli strumenti di comunicazione digitale.

La società del futuro (che si avvicina sempre più rapidamente a quella contemporanea) ha bisogno di comunicare in codice e non può più permettersi di subirlo passivamente!

La richiesta di Obama rispecchia quindi un’urgenza sociale: “l’abilità di scrivere codice informatico (to code) è una competenza importante, trasforma le persone da consumatori di tecnologie in creatori di tecnologie.”

Si tratta insomma di un’emergenza educativa, tanto più che l’insegnamento precoce e ludico del coding stimola un approccio creativo alla soluzione dei problemi. Scrivere codice significa creare algoritmi, scomporre un problema in sottoproblemi, ovvero semplificare.

Ma guarda… non era Bruno Munari che diceva: “un bambino creativo è un bambino più felice” e ancora: “complicare è facile, semplificare è difficile”.

Allora attenzione! Se la programmazione informatica arriverà nella scuola primaria, per favore che non diventi solo grammatica e formalismo.
Gli strumenti visuali dedicati alla programmazione per i bambini esistono già da Scratch a Angry Birds.
Facciamo divertire i nostri studenti e giochiamo insieme a loro.

Per avvicinare i nostri bambini alla programmazione approfittiamo della Settimana europea della programmazione (11-17 ottobre 2014) che sarà ricca di eventi e di curiosità.

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Immagine in testata di Wesley Fryer/Flickr (licenza free to share)

Carlo Nati