“Media education”: la piccola grande rivoluzione dei giornali scolastici

Un mondo sommerso, variegato e frastagliato. Una miniera ancora da esplorare, per scoprirne le risorse e le ricchezze.
La stampa scolastica c’è: è viva e palpitante.
Con la sua rete di migliaia di testate – che raccordano il Paese in un flusso di notizie e d’informazioni spesso alternative – forma un magma incandescente di vitalità e di energie che, in modo sotterraneo, alimentano (e cambiano) la vita di questa nostra scuola italiana.

È una stampa di frontiera, povera ma bella, che vede in prima linea: docenti, discenti e genitori che giocano a declinare i verbi della libertà di espressione e di pensiero.
Lo hanno recentemente confermato due iniziative che da ormai 15 anni mobilitano la creatività studentesca:
1. “Penne Sconosciute” di Osa Onlus;
2. “GiornaliNoi” promossa dal mensile Okay! (in collaborazione con Mirabilandia).
Un giornale scolastico – ben lo sa chi si sporca le mani con il lavoro di redazione e realizzazione – è strumento di crescita, è valvola di sfogo per le creatività, è antidoto alla noia da aula scolastica, è veicolo di promozione (umana, culturale e sociale).
Le nuove forme della comunicazione, se vorranno recuperare un minimo di rapporto con i soggetti destinatari del messaggio, non potranno prescindere da questa realtà in continuo movimento, che capta e fa proprie – come nessun altro media – le attese, le tensioni e le speranze delle nuove generazioni.

Il giornale scolastico raccoglie l’opinione della scuola, il suo vissuto che esprime e illustra all’esterno, alle famiglie e alle singole comunità. Ma non solo. Il “giornale della scuola” aiuta i giovani a cogliere il valore della “notizia”, a comprendere il senso dei messaggi massmediali.
Leggere e fare il giornale a scuola è una scelta concreta di “media education”, per cui si apprende che i media agiscono in funzione della “rappresentazione”, di un fatto e di una realtà, determinata da elementi come: la selezione, il montaggio, il taglio, la “confezione” della notizia, nonché da interessi economici, culturali, politici, etici e religiosi.

Eppure, la stampa scolastica appare ai più, anche agli stessi addetti ai lavori dell’informazione ufficiale, come un oggetto misterioso, o da trattare con sufficienza, dimenticando che può essere un elemento trainante alla lettura, anche rispetto ai quotidiani, spesso accusati dai giovani di usare linguaggi in codice, incomprensibili e confusi.
La stampa scolastica rivela realtà sorprendenti, come segnalato dalle recenti edizioni di “Penne Sconosciute” e “GiornaliNoi”, che hanno focalizzato l’attenzione su numerose esperienze:
– Jesi, “L’Ippogrifo”, che il prossimo anno compie 30 anni di vita;
– Taranto, “Punto e Virgola”, che ha affrontato con originalità le questioni dell’Ilva;
– Ravenna, “Il Pennino”, che ha realizzato un numero unico sul tema della crisi vista attraverso l’occhio delle famiglie;
– Bari, “Sc@tto”, rivista on line, già proiettata nel futuro tecnologico;
– Vicenza, “Scuole in rilievo”, di alto profilo culturale e grafica innovativa.

Da Nord a Sud si coglie il desiderio della stampa scolastica di voler diventare adulta, di accettare la sfida delle nuove tecnologie e di ambire a traguardi più elevati, senza per questo rinnegare la specificità del giornale di classe, che è e deve rimanere un prodotto “altro” rispetto al circuito dei media, nei confronti dei quali spesso si pone giustamente in posizione critica.
Allungando lo sguardo sul composito panorama delle 7.000 testate scolastiche custodite da “Osa Onlus” presso l’Emeroteca nazionale di Piancastagnaio (Siena) ci si rende facilmente conto come esse necessitino (e meritino) di essere indagate, conosciute e sistematizzate.
Sono una ricchezza e un patrimonio che raccontano una piccola grande rivoluzione già in atto dentro e fuori le aule scolastiche. Quella di chi crede che una nuova cittadinanza sia possibile. Quella che rafforza nei giovani il senso di appartenenza e di partecipazione alle scelte. Quella che crea buoni cittadini che cercano la buona informazione.

***
Immagine in testata di Wikipedia (licenza free to share)

Roberto Alborghetti