La scuola degli anni 60 per un ragazzo di campagna

Ero  figlio di contadini e nel 1960 terminavo la scuola elementare in una  frazione  del Mugello.  In inverno per riscaldare l’aula, a turno  si portavano  pezzi di legno da casa, in attesa che arrivasse la legna dal Comune. Ogni mattina assieme ad un bambino e due bambine, si  percorreva  a piedi un sentiero   lungo un torrente per raggiungere la scuola. Cartella a tracolla e d’inverno con la neve, gli zoccoli ai piedi.

 Ero un contadino a cui piaceva studiare, terminata  l’Elementare,  solo in quattro alunni  abbiamo proseguito lo studio, gli altri sono andati chi  a lavorare nei campi , alcuni a fare il “garzone” da  un artigiano o l’aiutante da una sarta.

 La scuola successiva era  nel capoluogo del Mugello e negli anni ‘60 si poteva “scegliere” tra la Scuola di Avviamento al Lavoro e  Scuola Media.

 Per un figlio di contadini  o di operai la scelta era d’obbligo, tutti e quattro  siamo andati alla scuola di Avviamento al Lavoro. Ogni mattina si percorrevano 7 km in bicicletta sulla strada sterrata per raggiungere la scuola e altrettanti per ritornare a casa con il sole, la pioggia o il gelo. 

La selezione di “classe” era stata durissima solo 4 ragazzi su 32 alunni avevamo proseguito lo studio, nessuno era andato alla scuola media e nessuna bambina aveva proseguito.

 Scegliere la Scuola Media, con lo studio del latino, significava avere la certezza di proseguire alle superiori a Firenze. Per me come per tanti altri ragazzi di campagna era un “lusso” dal quale eravamo preclusi.  

Al termine dei tre anni  di Avviamento al Lavoro la situazione in famiglia era migliorata e  convinsi i miei genitori   a continuare lo studio a Firenze all’Istituto Tecnico Leonardo da Vinci. 

Per i ragazzi che arrivavano dalla Scuola Media l’accesso era automatico, ma per coloro che provenivano dall’Avviamento al Lavoro, ( la scuola media dei poveri ), l’iscrizione era subordinata ad un esame di ammissione  E qui, fui solennemente bocciato per un tema che risultò pieno di segni blu e rossi; un tema che  pensavo  sarebbe stato un capolavoro.

 Così seppellito il sogno di studiare a Firenze, mi sono ritrovato a Barbiana  per una informazione  raccolta al mercato da mio padre da altri contadini: ”Ma  perché non  mandi  tuo figlio a Barbiana, che lì c’è un prete che fa scuola gratis.”

Questa era la dura realtà negli anni 60  una selezione  che partiva dalla scuola elementare, che colpiva in primis le bambine, e in generale  i ragazzi che abitavano in campagna. 

La riforma del 1962 pose fine a questa odioso discriminazione con la Scuola Media Unica, e  l’avvio di un servizio di trasporto pubblico per i ragazzi di campagna.

  Ma la selezione scolastica dei figli di contadini e operai, di coloro che avevano più difficoltà e più bisogno di studiare  è continuata anche dopo  sotto  altre forme. 

Ci vorrà Lettera a una Professoressa di Don Milani  per far emergere che la scuola dell’obbligo “non può essere un ospedale che cura i sani e respinge i malati”. Per denunciare  una selezione scolastica che bocciava 5 ragazzi  su 10 se figli di operai,  e 7 ragazzi su 10 se figli di contadini, mentre nessun ragazzo era bocciato se figlio del “dottore”. 

Ci vorrà la scuola di Barbiana per ricordare al Mondo della Scuola  “ché non c’è nulla che sia più ingiusto quanto fare le parti uguali fra diseguali.”

 

Paolo Landi ex alunno della scuola di Barbiana, sindacalista nella Cisl, membro della Fondazione don lorenzo Milani