La democrazia del web. Come conoscerla e, forse, praticarla

L’uso della rete per avvicinare i cittadini alla vita politica e amministrativa è una pratica che si sta sviluppando da tempo, ma questo è il suo ruolo in gran parte dei nuovi movimenti politici in tutto il mondo, dall’America, all’Europa, al Nord Africa, che ne ha fatto una questione di prima grandezza. Anche perché alcuni di questi movimenti la propongono come una vera rivoluzione destinata a cambiare il modo di essere della democrazia nel prossimo futuro. Per questo si parla di democrazia digitale o elettronica. La quantità e la complessità delle domande che sorgono è enorme e ne riparleremo alla fine.

Domandiamoci: la scuola deve aiutare i ragazzi a capire di cosa si tratta? Certamente sì, chi altro se no? Del resto si tratta di una delle competenze stabilite per l’obbligo scolastico: essere consapevole delle potenzialità e dei limiti delle tecnologie nel contesto culturale e sociale in cui vengono applicate.

Per capire come, occorre affrontare il problema in modo analitico. Si può partire da uno studio dell’OCSE[1] oppure da diversi articoli e libri italiani reperibili in rete[2].

Anzitutto si distinguono tre livelli di coinvolgimento dei cittadini:
– Informazione
– Consultazione
– Partecipazione attiva

Nel primo caso la comunicazione è unidirezionale e i cittadini possono solo usare le informazioni; nel secondo la comunicazione è bidirezionale, ma i cittadini possono solo fornire una risposta a questioni specifiche già formulate, dalla scelta fra più alternative alle risposte articolate e motivate; nel terzo i cittadini possono partecipare al processo decisionale con diversi livelli di coinvolgimento, dalla votazione, alla formulazione di proposte, all’emendamento di testi (norme, leggi, documenti programmatici) fino alla co-produzione online di documenti.

La prima idea sbagliata da combattere è che la democrazia in rete sia un processo spontaneo e autoregolato “dal basso”. Tutte e tre le forme richiedono una forte organizzazione stabilita da una qualche entità che si deve prendere la responsabilità di scegliere gli obiettivi, i tempi, i modi, le regole. Ad esempio pubblicare informazioni secondo standard riconosciuti di qualità, decidere l’estensione del pubblico da coinvolgere (tutti, persone accreditate, gruppi di esperti ecc.). E ciascuna forma ha regole precise che ne garantiscono l’attendibilità.

Fra le cose che l’entità organizzativa deve decidere e predisporre ci sono gli strumenti tecnici. Alcuni sono abbastanza consolidati, come i siti web per informare e gli strumenti per le consultazioni on line (dai semplici quesiti a scelta multipla ai forum). Più complicata è la partecipazione attiva che, come si è detto, può arrivare alla co-produzione di testi (programmi, norme ecc.), per la quale si va dagli strumenti di Word, come le revisioni multiple, a strumenti più specifici[3].

Quello che si può fare a scuola inizia da questo livello di analisi. Ovviamente si possono informare gli studenti o, meglio, guidarli in un’esplorazione di testi e iniziative già esistenti per comprendere la complessità del problema. Per esempio si può condurre una ricerca di quello che offrono i siti delle amministrazioni pubbliche nazionali e, soprattutto, di quelle locali che sono solitamente le più attive. Fra l’altro questo permette di raggiungere un primo livello di competenza: la capacità di trovare e consultare le informazioni socialmente rilevanti.

Seguendo il principio che il miglior modo per capire è sperimentare, si possono impegnare gli studenti in veri e proprie attività di e-democracy. La scuola è in fondo un microcosmo che ha tutte le caratteristiche di una società civile che deve informare i propri cittadini (studenti, docenti, famiglie), consultarli e coinvolgerli nelle decisioni. Almeno i primi due livelli di coinvolgimento possono essere un realistico campo di esercitazione. La progettazione e la gestione on line di una consultazione su qualche questione importante per gli studenti (la mensa, gli orari, le attività sportive ecc), ma anche la co-produzione di documenti on line potrebbero essere iniziative degli studenti stessi.

Ma non si può sfuggire al fatto che la discussione pubblica sulla democrazia del Web ci pone molte e difficili domande[4]. È vero che essa allarga la partecipazione e abbatte le barriere, rispetto alle forme basate sulla delega, oppure semplicemente sposta il potere di decidere da minoranze politiche impegnate nelle forme tradizionali a quella che Ulrich Beck (La Repubblica, 17 luglio 2013) chiama la “generazione dei giovani Colombo”, per ora anch’essa minoritaria?
La democrazia del Web è semplicemente uno strumento al servizio dell’idea di democrazia storicamente consolidata, oppure è l’origine di qualcosa di intrinsecamente nuovo?
Fino alla domanda delle domande, che si rivolge Stefano Rodotà: la democrazia del web è vera democrazia (La Repubblica, 30 maggio 2013)?
Niente impedisce che la scuola aiuti gli studenti, almeno i più grandi, a esplorare domande di questo livello, ma il lavoro è di altro genere, lungo e impegnativo, e richiede la messa in campo di metodi storici, filosofici e sociali.

È scontato concludere con una considerazione: lavorare su questo tema richiede, per non fare danni, la collaborazione di docenti ben informati di varie discipline e risorse organizzative adeguate.

Note bibliografiche:
[1] OECD, “Promises and Problems of E-Democracy”, OECDiLibrary, 2004. A.C. Freschi, “E-democracy e politiche per la partecipazione dei cittadini”, in “Economia e politica industriale”, n.121, 2004.
[2] R. Casati, G. Roncaglia, “La struttura di uno strumento di scrittura collaborativa per la democrazia partecipativa”, 2007 reperibile in ebookbrowse.net.
[3] Serena Danna ha scritto sul Corriere della Sera alcune rassegne critiche, reperibili in archivio: “La Tecnologia non risolve tutto…Morozov contro la finta democrazia della Silicon Valley” (Corriere della Sera, 30 maggio 2013),
[4] “Demagogia digitale. Il web non rafforza i cittadini, ma dà potere alle tecno-élite” (Supplemento La Lettura del Corriere della Sera, 17 giugno 2013).

FULL ABSTRACT:
Uno dei compiti della scuola è dare agli studenti gli strumenti per comprendere il ruolo delle tecnologie nella vita sociale e il tema della democrazia del web è certamente uno dei più importanti. È anzitutto necessario capire in concreto e analiticamente come le tecnologie possono cambiare le varie forme di partecipazione e i suoi livelli: informazione, consultazione, partecipazione attiva. E di capire che esse non nascono dal niente o “dal basso”, ma richiedono che un soggetto si prenda la responsabilità di promuoverle, stabilirne le regole e prepararne gli strumenti. In quel microcosmo sociale che è la scuola, è addirittura possibile sperimentare alcune di tali forme. Entrare poi nel grande dibattito sulle domande e le prospettive di fondo della democrazia nell’epoca del web richiede un lavoro approfondito e fondato sull’analisi sociale e storica. In ogni caso si tratta di un compito interdisciplinare che richiede l’impegno ben organizzato di molti docenti.

Mario Fierli