Le trappole del Valore Aggiunto

È possibile misurare la qualità del servizio offerto da scuole e insegnanti? E come impiegare tali misure? Alcuni ricercatori e molti decisori sostengono che queste domande hanno trovato risposta grazie all’uso del Valore Aggiunto (VA), un indicatore che promette di isolare il contributo specifico apportato da una scuola all’incremento delle conoscenze dei propri studenti e che, nel sistema di accountability inglese, viene usato per pubblicare classifiche affidabili degli istituti.

Il VA è un indicatore che fornisce misure del contributo specifico apportato da una scuola (o da un insegnante) all’incremento delle conoscenze dei propri studenti. Utilizzato dalla ricerca allo scopo di individuare quali fattori scolastici accrescano l’efficacia dell’istruzione, il VA viene impiegato da alcuni sistemi di accountability al fine di stilare classifiche delle scuole. L’indagine mette in evidenza limiti e prospettive d’uso dell’indicatore: i primi legati al suo utilizzo nei sistemi di accountability (dovuti alla scarsa portata informativa delle misure e alla possibilità di penalizzare scuole operanti in contesti svantaggiati) e le seconde al suo impiego, da parte degli insegnanti, nei percorsi di autovalutazione scolastica.

La ricerca “Il Valore Aggiunto in educazione” indaga insidie e prospettive dell’uso del VA, sottolineando la scarsa utilità di classifiche degli istituti (non sarebbero le scuole, ma gli insegnanti a incidere in maniera significativa sul rendimento degli studenti) e proponendo un uso dell’indicatore da parte degli educatori.

Il VA fornisce misure dell’efficacia scolastica ottenute con un minimo di due rilevazioni del rendimento degli studenti. Sulla base del VA, le scuole aggiungono valore alla formazione di un alunno quando il suo rendimento eccede quello atteso. La determinazione del punteggio atteso si ottiene calcolando la regressione del rendimento in uscita rispetto a variabili che lo condizionano, ma sulle quali l’istituto non incide, come il precedente livello delle sue competenze (e, in alcuni casi, il suo stato socio-economico). Il VA, scarto tra rendimento osservato e rendimento atteso, coincide con il residuo della regressione, ovvero con la parte del rendimento di uno studente non spiegata dal rendimento precedente. Il residuo indica che il rendimento degli studenti è dato dalle loro conoscenze in ingresso più un valore che si suppone sia stato aggiunto loro dalla scuola (o dall’insegnante, a seconda del livello di aggregazione dei dati). Tuttavia, nonostante l’impiego del VA, le ricerche sull’efficacia scolastica che fanno ricorso a disegni esclusivamente quantitativi non riescono a isolare i fattori che, a livello di istituto, producono effetti positivi sul rendimento degli studenti: a spiegare quote significative di varianza degli effetti dell’insegnamento non sono gli istituti ma gli insegnanti (o meglio, le classi).

Il presente lavoro verifica due ipotesi: secondo la prima, sono le classi e non gli istituti a incidere in maniera significativa sul rendimento degli studenti. La seconda ipotesi è relativa alla penalizzazione subita da istituti inseriti in contesti socio-culturali svantaggiati in caso di calcolo del VA basato sul solo rendimento precedente degli studenti. Per verificare tali ipotesi, la ricerca utilizza come misura in uscita i risultati di prove di italiano somministrate al termine della classe V di oltre 500 studenti di 11 scuole romane, mentre le misure in entrata sono rappresentate sia dai risultati ottenuti dagli alunni a prove omogenee somministrate l’anno precedente, sia dal loro stato socio-culturale. I risultati dell’indagine confermano la prima ipotesi di ricerca, rilevando differenze significative di efficacia tra classi ma non tra istituti. Inoltre si osserva, tra le due rilevazioni, un accrescimento della correlazione tra rendimento e stato socio-culturale. L’accrescersi dei divari di rendimento tra studenti con opposte caratteristiche socio-culturali gioca un ruolo essenziale nella conferma della seconda ipotesi di ricerca. Infatti, nelle graduatorie di VA gli istituti inseriti in contesti svantaggiati risultano penalizzati se nella funzione di regressione viene utilizzato il solo rendimento in entrata degli alunni.

I risultati suggeriscono cautela nell’utilizzo, con finalità di accountability, del VA (che risulta scarsamente informativo e potenzialmente iniquo). Maggiormente auspicabile è un impiego del VA nel vivo dei percorsi di autovalutazione di istituto gestiti dagli insegnanti. A conferma di quanto scrivevano, nell’International Handbook of SER, i ricercatori Fitz-Gibbon e Kochan: “There is no accountability without causality. Indicators about aspects which schools feel unable to alter are not fair”.

Per approfondire:
• Cristiano Corsini, Valore Aggiunto in educazione, Nuova Cultura, Roma 2008

Cristiano Corsini