L’infanzia come questione culturale: una riflessione sul percorso di ricerca di Egle Becchi

L’attenzione all’infanzia (alla sua educazione, alla sua storia, alla sua cultura e alle culture in cui essa si inserisce)[1] ha costituito per Egle Becchi un impegno lungo una vita che l’ha condotta a studiare non solo diverse epoche del nostro passato[2], ma anche il presente delle agenzie educative extradomestiche per lo 0-6 e a discutere di educational evaluation con particolare (se pure non esclusivo) riguardo alla qualità delle occasioni formative offerte ai più piccini. Gli interessi epistemologici che l’avevano spinta a occuparsi di sperimentazione educativa (si pensi al Manuale critico che ha curato con B. Vertecchi nel 1984[3] o al volume Sperimentare nella scuola 1997[4]),  nella costante analisi dei termini e delle prassi, oltre che a partecipare al dibattito scientifico sul tema, anche quale membro del collegio dei docenti del dottorato consortile coordinato da A. Visalberghi presso la Sapienza, si rivelano così, rileggendo i suoi scritti, del tutto coerenti con la costante preoccupazione per la qualità dell’offerta educativa per i più piccini e per l’interesse per la questione che ruota intorno all’infanzia nelle diverse culture che la connotano.

Il problema della valutazione della qualità educativa degli asili nido e delle scuole dell’infanzia è al centro del suo percorso di ricerca fin dagli anni Ottanta, quando, insieme ad Aldo Visalberghi, seguiva in qualità di tutor la mia tesi di dottorato sulla ricognizione e sulla valutazione dei nidi italiani. Nei viaggi americani di quegli anni si era discusso con gli autori l’adattamento italiano della ITERS (Infant/Toddler Environment Rating Scale)  e della ECERS (Early Childhood Environment Rating Scale)[5] e dunque si analizzava la realtà dei nidi e delle scuole dell’infanzia del nostro Paese grazie a quegli strumenti di valutazione, rivisti e ripensati sulla base della specificità di alcune scelte ancora una volta culturali che da noi privilegiavano, per esempio, grazie alla normativa in atto sui congedi parentali, la presenza di una figura familiare nell’inserimento dei più piccini.

La cultura per l’infanzia di cui si discuteva in quegli anni a Pavia, grazie alle ricerche coordinate o comunque sempre partecipate e condivise da Egle Becchi, verteva essenzialmente intorno a una serie di idee guida[6] volte ad orientare la formazione degli educatori a una crescente consapevolezza degli aspetti latenti che, tra teorie, loro derive e pratiche educative influenzano la quotidianità della vita dei più piccini nelle realtà, domestiche ed extradomestiche, ove i bambini crescono, con tutto il portato della loro peculiare visione del mondo e delle cose. L’esercizio teorico, condiviso nel gruppo in ricerca, si snodava così nella discussione critica circa la messa a punto di strumenti di osservazione del quotidiano (si pensi alla griglia per l’analisi della giornata educativa pubblicata nel 1993)[7] e di valutazione della qualità di specifiche realtà educative (si pensi alla SVANI, 1992; alla SOVASI, 1994; all’ISQUEN, 1999; agli indicatori per la qualità dei nidi dell’Emilia Romagna, 2000; all’AVSI, 2001[8]), ma si radicava nella prova sul campo e nell’uso di questi strumenti insieme agli educatori, ai coordinatori pedagogici. Nei dati raccolti e nella loro analisi emergevano immagini di nidi e di scuole dell’infanzia[9], di bambini e di educatori che venivano discusse negli incontri di restituzione[10], in vista del reciproco acculturamento che costituisce il nucleo più prezioso di una ricerca pedagogica basata sull’interscambio dei saperi[11], volta a migliorare le pratiche restituendo consapevolezza culturale e potere decisionale agli attori sociali coinvolti. In quegli anni si lavorava anche alla co-costruzione di Carte dei servizi di specifiche realtà (ripenso al caso dei Comuni di Sassuolo, Formigine, Fiorano modenese, Maranello – 2002 – o al caso del Comune di Pistoia – 2004[12]), il che presupponeva un confronto non solo con le scelte culturali degli educatori e dei coordinatori pedagogici, ma anche con le famiglie dei bambini che crescevano in quegli ambienti educativi. Alla casa[13] e alla famiglia[14], alle figure di famiglia[15] tra passato e presente, come all’infanzia, tra ricerca di testimonianze dell’effettualità e dei discorsi che la definiscono, Egle Becchi ha dedicato un’attenzione costante, nella consapevolezza che, come sottolinea Philippe Ariès[16], la definizione delle età della vita è una costruzione sociale nell’interazione con le agenzie chiamate ad avere un ruolo fondamentale nei processi identitari di singoli individui e dei gruppi. Per l’ ancien régime Ariès individua al riguardo la famiglia e la scuola e a queste due agenzie educative Egle Becchi ha sempre destinato particolari riflessioni, nel tentativo di cogliere i diversi aspetti, espliciti e latenti, di una cultura per l’infanzia che nel corso dei secoli non è stata di certo sempre attenta alla cultura dell’infanzia, cioè ai modi e alle forme con cui i bambini si sono rapportati tra di loro e agli adulti nelle diverse circostanze della loro esistenza, anche per effetto di scelte peculiari, di cui ci restano poche tracce non solo in riferimento al passato più o meno recente.

In un dialogo costante con ricercatori e studiosi, al di là degli steccati disciplinari, Egle Becchi ha cercato infatti di ricostruire alcuni archivi d’infanzia[17]del nostro passato e del nostro presente: ai diari dei genitori (si pensi al suo saggio sui “papà illuminati” del 2009)[18] e più in generale ai diari d’infanzia[19], alle testimonianze degli educatori[20] ha accostato la ricerca dell’espressione culturale dei più piccini (si pensi a Marie Bonaparte di cui ha studiato i Cahiers)[21].

Scrive Egle Becchi nel capitolo dedicato all’antichità presente nel primo dei due volumi della Storia dell’infanzia da lei curata con D. Julia: «Dell’età preadulta si sa poco e quel poco lo si deve ricavare con molta prudenza da fonti di marca diversa e molto spesso non coeve, cercando di costruire griglie interpretative, pronti a smussare le polarizzazioni laddove le tracce siano più cospicue e si possano definire delle figurette di bimbi. In ogni caso la condizione dell’infanzia è quella di soggetto di una comunità politica, egemone e subalterna; e laddove di questa comunità si sa di meno, ogni traccia dell’infanzia scompare»[22].

Dunque la questione culturale dell’infanzia, nei rapporti con i condizionamenti educativi[23] e con i modi della socializzazione[24], stava a cuore ad Egle Becchi: come dimostra una ampia serie di scritti che qui non è possibile citare esaustivamente, il suo interesse si snodava su molteplici fronti, non ultimo quello psicoanalitico[25]. Provo a riassumerli in una serie di domande.

Quali atteggiamenti, prassi, modalità di rapporto con i bambini gli adulti hanno portato avanti, più o meno consapevolmente, tra aspetti formali, non formali e informali nel corso della nostra storia?[26] E quali fonti/dati ne testimoniano? Come costruire archivi documentari su tali tematiche? Come si muove la ricerca al riguardo?

Quale cultura per l’infanzia si è così configurata in specifiche epoche e contesti? Si tratta di una cultura che ha promosso l’infanzia come età della vita degna di essere vissuta ma anche degna di ascolto nel qui e nell’ora della sua esistenza o di un intervento che comunque ne forza il senso, il significato e forse anche il divenire costantemente altro da sé, esaltando per  esempio i segni rivelatori di una precoce adultità? Quale cultura dell’infanzia trapela dalle poche fonti[27] che ci restano e dalle testimonianze sovente mediate dallo sguardo adulto anche relativamente al genere[28]? Come analizzare, tra ieri e oggi, le tracce di tali culture? Come ne testimoniano lungo i secoli e nel nostro presente le fonti e i “testi”più diversi nel loro intreccio con i costumi educativi[29], tra aspetti espliciti e latenti[30], dichiarati e agiti?

Egle Becchi ha saputo coinvolgere molte persone, dentro e fuori l’accademia, condividendo le sue curiosità culturali, in un percorso di ricerca e di problematizzazione dell’universo dell’infanzia che si dilata a plurimi discorsi, in un costante esercizio dell’analisi critica e dell’impegno per il miglioramento della qualità della vita dei bambini e degli adulti che crescono con loro.

—————————

[1] Cfr. E. Becchi, M. Ferrari, Cultura per l’infanzia e cultura dell’infanzia: analisi di due casi, in “Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche”, 14, 2007, pp.177-203.

[2] E. Becchi, I bambini nella storia, Roma-Bari, Laterza, 1994; E. Becchi, D. Julia, a cura di, Storia dell’infanzia, Roma-Bari, Laterza, 1996, 2 voll.

[3] E. Becchi, B. Vertecchi, a cura di, Manuale critico della sperimentazione e della ricerca educativa, Milano, FrancoAngeli, 1984.

[4] E. Becchi, Sperimentare nella scuola. Storia, problemi, prospettive, Scandicci (Firenze), La Nuova Italia, 1997.

[5] T. Harms, R.M. Clifford, ECERS. Early Childhood Environment Rating Scale, New York and London, Columbia University, Teachers College Press, 1980; T. Harms, D. Cryer, R.M. Clifford, ITERS. Infant/ Toddler Environment Rating Scale, New York and London, Columbia University, Teachers College Press, 1990.

[6] A. Bondioli, a cura di, Il progetto pedagogico del nido e la sua valutazione, Azzano San Paolo (Bergamo), Junior, 2002 (con saggi di E. Becchi, A. Bondioli e M. Ferrari); E. Becchi, A. Bondioli, M. Ferrari, A. Gariboldi, Idee guida del nido d’infanzia, Azzano San Paolo (Bergamo), Junior, 2002.

[7]Insegnamenti pedagogici del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Pavia, a cura di, La giornata educativa nella scuola dell’infanzia, Bergamo, Junior, 1993. Egle Becchi firma il capitolo dedicato alla modalità di gestione.

[8]T. Harms, D. Cryer, R. M. Clifford, SVANI. Scala per la valutazione dell’asilo nido, traduzione e adattamento italiano di M. Ferrari e P. Livraghi, Milano, FrancoAngeli, 1992; T. Harms, R. M. Clifford, SOVASI. Scala per l’osservazione e la valutazione della scuola dell’infanzia, adattamento italiano di M. Ferrari e A. Gariboldi, Azzano San Paolo (Bergamo), Junior, 1994; E. Becchi, A. Bondioli, M. Ferrari, ISQUEN. Indicatori e scala di valutazione della qualità educativa del nido, in L. Cipollone, a cura di, Strumenti e indicatori per valutare il nido. Un percorso di analisi della qualità di un servizio educativo in Umbria, Azzano San Paolo (Bergamo), Junior, 1999, pp.134-183; E. Becchi, A. Bondioli, M. Ferrari, Il sistema degli indicatori di qualità nei nidi in Emilia Romagna, in A. Bondioli, P. O. Ghedini, a cura di, La qualità negoziata. Gli indicatori per i nidi della Regione Emilia-Romagna, Azzano San Paolo (Bergamo), Junior, 2000, pp.167-177; A. Bondioli, con la collaborazione di E. Becchi, M. Ferrari, A. Gariboldi, D. Savio, AVSI, Autovalutazione della scuola dell’infanzia, Milano-Roma, FrancoAngeli-CEDE, 2001.

[9] E. Becchi, a cura di, Manuale della scuola del bambino dai tre ai sei anni, Milano, FrancoAngeli, 1995.

[10] E. Becchi, Per un’etica della ricerca educativa: il paradigma della restituzione, in L. Corradini, a cura di, Pedagogia: ricerca e formazione. Saggi in onore di M. Laeng, Formello (Roma), SEAM, 2000, pp. 200-210.

[11] E. Becchi, A. Bondioli, M. Ferrari, Il gioco delle parti: punti di vista e saperi a confronto, in A. Bondioli, P. O. Ghedini, a cura di, La qualità negoziata, cit., pp.115-144.

[12] E. Becchi, A. Bondioli, M. Ferrari, Co-costruire con responsabili e utenti una Carta comunale dei servizi educativi per la prima infanzia, in “IKON”, anno, n.48-49, pp.117-168.

[13] E. Becchi, Documenti dell’io e pedagogia della casa, in “Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche”, 20, 2013, pp. 327-342; Ead., Dalla nursery alla stanza del figlio, in “Rivista di storia dell’educazione”, 1, 2014, pp. 19-29.

[14] E. Becchi cura il numero monografico sulla comunicazione intergenerazionale in famiglia di “IKON”, 36, 1998.

[15] E. Becchi, a cura di, Figure di famiglia, Palermo, Edizioni della Fondazione Nazionale “Vito-Fazio Allmayer”, 2008.

[16] P. Ariès, Padri e figli nell’Europa medievale e moderna, trad. it. Bari, Laterza, 1968 (ed. orig. 1960).

[17] E. Becchi, A. Semeraro, a cura di, Archivi d’infanzia. Per una storiografia della prima età, Milano, La Nuova Italia-RCS libri, 2001.

[18] E. Becchi, Otto papà illuminati, in E. Becchi, M. Ferrari, a cura di, Formare alle professioni. Sacerdoti, principi, educatori, Milano, FrancoAngeli, 2009, pp. 319-360.

[19]  E. Becchi, Diari d’infanzia: proposta per l’organizzazione di un archivio, in E. Becchi, A. Semeraro, a cura di, Archivi d’infanzia, cit., pp. 289-310.

[20] E. Becchi, Settantaquattro storie di vita magistrale, in “Quaderno di comunicazione”, 10, 2009, pp.77-86; E. Becchi, con A.L. Galardini et alii, Una pedagogia del buon gusto. Esperienze e progetti educativi per l’infanzia del Comune di Pistoia, Milano, FrancoAngeli, 2010.

[21]E. Becchi, Una bambina scrive delle sciocchezze. I cahiers de bêtises di Marie Bonaparte, in E. Becchi, Q. Antonelli, a cura di, Scritture bambine, Roma-Bari, Laterza, 1995, pp. 97-118.

[22] E. Becchi, L’antichità, in E. Becchi, D. Julia, Storia dell’infanzia, cit., vol. 1, pp.3-4.

[23] Titolo di una collana che per molti anni Egle Becchi dirige presso la casa editrice FrancoAngeli di Milano.

[24] E. Becchi, a cura di, Il bambino sociale. Privatizzazione e deprivatizzazione dell’infanzia, Milano, Feltrinelli,1979.

[25] Rimando al recente volume a sua cura: Anna Freud, Infanzia e pedagogia, Brescia, Scholé, 2021.

[26] Ricordo i due volumi, curati con D. Julia, dal titolo Storia dell’infanzia, cit.

[27] Cfr. ad esempio, E.Becchi, Q. Antonelli, a cura di, Scritture bambine, cit.

[28]E. Becchi, Essere bambine di ieri e di oggi: appunti per una preistoria del femminile, in L. Cipollone, a cura di, Bambine e donne in educazione, Milano, FrancoAngeli, 1991, pp. 29-41; Ead., Esempi di esempi. Note sulla pedagogia della bambina, in “Mélanges de l’Ecole française de Rome. Italie et Méditerranée”, t.107, n.2, 1995, pp. 419-432; Ead., Maschietti e bambine. Tre storie con figure, Pisa, ETS, 2011.

[29]E. Becchi cura il n. 23, 1983 dei “Quaderni della fondazione Giangiacomo Feltrinelli”, dedicato al tema, Per una storia del costume educativo. Età classica e Medioevo.

[30] E. Becchi, Pedagogie latenti: una nota, in “Quaderni di didattica della scrittura”, n.3, 2005, pp. 105-113.

Monica Ferrari Università di Pavia