Il mestiere dell’archeologo

L’unità didattica “Il mestiere dell’archeologo” è nata con l’intento di avvicinare gli studenti della mia scuola, il Liceo classico “Giovanni XXIII” di Marsala, alla conoscenza del territorio grazie a una didattica esperienziale svolta sul campo, all’ausilio delle tecnologie e alla pratica della lingua inglese applicata in un’ottica CLIL.

Lo spunto è nato proprio da un’analisi preliminare del territorio in cui è presente l’istituto attraverso le testimonianze archeologiche: la città di Marsala, antica Lilibeo, fondata dai Fenici.

La prima area del territorio di Marsala a svilupparsi in senso urbano fu l’isola di Mozia, grazie ai Cartaginesi che ne fecero un importante presidio commerciale nel Mediterraneo.

Nel 397 a.C. Dionisio il Vecchio, tiranno di Siracusa, distrusse l’isola e gli abitanti si rifugiarono sul promontorio antistante dove sorse la città di Lilibeo, così chiamata per la sua posizione geografica: rivolta verso la Libia, per i Fenici “Lelub”.
Lilibeo è oggi, dopo diverse vicende e dominazioni, conosciuta come Marsala.

Studiare oggi la nascita di Marsala comporta una rilettura dei materiali documentari custoditi presso il museo regionale “Baglio Anselmi” che custodisce il prezioso relitto della nave punica, unico nel suo genere, rinvenuto dall’archeologa Honor Frost a pochi metri sotto il livello del mare tra il 1971 e 1974.

Ulteriore interessante luogo di studio dei materiali è il museo Whitaker, sull’isola di Mozia, dove è stato ritrovato, ed è custodito abitualmente, il famoso “Giovinetto”, esempio di cultura greca in terra punica, presumibilmente proveniente dalla vicina Selinunte. Il giovinetto è attualmente esposto al British Museum di Londra nella sala dedicata al Partenone.

Efebo di Mozia


La scommessa didattica pertanto è quella di invitare gli allievi a conoscere la storia antica della città attraverso i ferri del mestiere dell’archeologo e a unirli alle fonti reperibili sul luogo e alle tecnologie (web e LIM in primo luogo), favorendo parallelamente la conoscenza e la competenza della lingua inglese, in memoria di Honor Frost e del potenziale valore interculturale della storia del territorio di appartenenza.

L’obiettivo formativo dell’azione è quello di guidare metodologicamente lo studente nello studio del territorio rispettando diversi steps che prevedano l’uso complementare di risorse culturali e strumentali multiple:
1. la visita guidata preliminare nei luoghi d’interesse (conoscenza diretta del territorio);
2. la consultazione di documenti, cartacei e della rete (il significato delle fonti);
3. l’uso delle strumentazione tecnologiche (l’attualizzazione del fenomeno e la disseminazione);
4. il coinvolgimento della lingua straniera (il consolidamento dell’informazione e la sua estensione nello spazio e nel tempo attraverso un testo di supporto preliminarmente individuato dai docenti e didattizzato).

L’azione mette in luce queste soluzioni operative e progettuali:
1. sperimentare nuove formule di educazione alla cittadinanza consapevole attraverso un nuovo approccio alla conoscenza del territorio;
2. avviare una pratica virtuosa del CLIL nelle scuole formulando sentieri di progettazione didattica consapevole dai docenti delle classi di appartenenza.

All’attività esperienziale sul campo vengono dunque, ulteriormente, associati testi e schede di valutazione e autovalutazione per gli studenti.

Queste le linee programmatiche iniziali rispetto al raggiungimento degli obiettivi formativi dell’azione didattica:
• conoscenza del territorio e dei suoi beni culturali;
• competenza linguistica;
• avvio allo studio delle testimonianze materiali e familiarizzazione sul campo con la disciplina storico-artistica e gli strumenti dell’archeologia;
• introduzione dell’uso delle tecnologie nello studio del territorio e delle testimonianze materiali.

L’unità funge da modello operativo per attività future che contemplino pari obiettivi formativi nelle diverse realtà territoriali di appartenenza tenendo conto di finalità conoscitive differenziate, relativamente a competenze espressive e contesti culturali di riferimento.

L’uso delle tecnologie, infine, è primariamente destinato dal docente al reperimento nella rete delle fonti da finalizzare all’attività didattica. Successivamente il docente si serve di una LIM sulla quale è implementata l’azione didattica: sulla lavagna sono proiettate le immagini cui è possibile accostare i testi e, utilizzando una penna, fare annotazioni, evidenziare informazioni rilevanti, “scrivere”, salvare, modificare, stampare ed esportare il lavoro in formati standard.

L’operatività può essere tracciata e si può costituire un diario di bordo delle attività svolte dalla classe, prevedendo così momenti di rilettura del feedback.

È consigliato l’uso del software exelearning per la costruzione di un learning object conclusivo da tesaurizzare, costantemente aggiornare, proporre alle classi e consolidare attraverso l’esperienza.

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Immagine in testata di Andrea Lodi / Flickr (licenza free to share)
L’Efebo di Mozia è di Wikipedia (licenza free to share)

Francesca Pellegrino