Il mestiere che non c’è più: memoria storica per il futuro

Si rimane sempre incantati davanti alla visione di un presepe che si anima nel periodo natalizio o permane in alcune città, come accade nelle caratteristiche strade di Napoli, dove queste rappresentazioni fanno da cornice alla particolare realtà partenopea.

Si viene rapiti nell’osservare le varie fasi della vita del borgo nel quale la vita di tutti i giorni si svolge con regolare metodicità: il ciabattino nella sua bottega, il pastore che porta al pascolo il suo gregge, il fruttivendolo che vanitosamente espone i frutti della terra, il fornaio attento a sfornare il caldo e profumato pane, l’oste col classico grembiule pronto a versare il vino; tutti i mestieri sembrano animarsi esaltando la loro arte.
Nel presepe classico, a differenza della vita di tutti i giorni, c’è poi la sacralità della grotta che rende il paesaggio, del periodo natalizio, avvolto da un alone di magica religiosità nell’attesa di una nascita fuori dal comune.
Ma la realtà degli antichi mestieri è stata di gran lunga sorpassata dalla veloce trasformazione sociale e soprattutto tecnologica. Del resto non si potrebbe immaginare non solo un presepe con i grattacieli, gli ipad, le scale mobili, la rete internet, i supermercati, i fast food e quanto di più moderno possa esistere, ma neppure alcuni mestieri che oggi sono stati quasi completamente dimenticati.
La visione presepistica rimane incorniciata, quindi, in un fantastico mondo del passato: un mondo di favole nel quale i bambini vivono l’emozione dei doni, gli addobbi natalizi e il magico evento avvolto da un alone di mistero. Quei paesaggi, rappresentati nel presepe, mantengono ancora inalterato il loro fascino, soprattutto per quanto riguarda i mestieri più umili.

Ben vengano tutte le innovazioni che possono rendere più piacevoli alcuni aspetti della nostra vita. L’importante è non dimenticare la nostra storia: l’esperienza di coloro che hanno vissuto in modo diverso.
La scuola, in questo dovrebbe rivestire un ruolo importante nel far conoscere ai ragazzi i vecchi mestieri che hanno segnato la vita dell’uomo contribuendo al progresso della storia.
Oggi il lavoro umano è spesso relegato a retroscena del sistema capitalistico, a sua volta incentrato su elementi impersonali e anonimi. Del resto alcuni mestieri continuano a essere richiesti e a rappresentare una reale necessità sociale. Pertanto è di fondamentale importanza continuare a mantenere in vita attività che ancora oggi potrebbero rivelarsi utili.

La memoria storica rappresenta l’asse portante per comprendere non solo il presente ma, soprattutto, per costruire un futuro basato sulla conoscenza sia storica sia sociale, necessaria allo sviluppo e alla crescita dei giovani.
Si potrebbero ipotizzare alcune passeggiate per le stradine della vecchia Roma, per rispolverare pagine della storia e far rivivere attraverso la conoscenza e la memoria, l’origine dei nomi delle strade e le attività che in esse venivano svolte. Ad esempio: “via dei Coranari” prende il nome dai venditori di oggetti sacri, in particolare corone del rosario, che vendevano la loro merce ai pellegrini in transito per la Basilica di San Pietro; “via Salaria”, invece, è un’antichissima via romana, il cui tracciato era già percorso dal IV sec. a.C., e che conduceva da Roma a Castro Truentino (odierna Porto d’Ascoli) sull’Adriatico; “via dei Giubbonari” il cui nome deriva dalle botteghe di fabbricanti di corpetti e giubbe che in quella strada svolgevano il loro commercio; “via dei Sediari”, “via dei Cappellari”, “via dei Fornari”, “via dei Cestari”, “via degli Acciaioli”, “via dei Cartari”, “via dei Leutari”, “via dei Funari” “via dei Baullari” e cosi per tantissime altre vie i cui nomi sono evocativi dei mestieri che vi si svolgevano.

Una storia fatta dall’esigenza sociale del momento, dall’ingegno di uomini comuni che hanno contribuito a tenere in vita il processo di sviluppo sociale che non è giusto dimenticare.

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Anna Letizia Galasso