“Io ci sarò”. Storia di una famiglia felicemente imperfetta

Il libro di Letizia Nucciotti “Io ci sarò. Storia di una famiglia felicemente imperfetta”, (Stampa Alternativa, Viterbo, 2103) è un diario. Il diario della mamma di Ezio. Fino a un certo punto, come in tutti i diari, ci sono le date: il 19 aprile è successo questo…, il 3 di maggio ho fatto quest’altro… Dopo la pagina 57 le date non ci sono più, spariscono. E insieme alle date sparisce anche l’ordine, cioè quella sequenza logica e coerente che consente di raccontare le storie in modo che chi le ascolta le possa comprendere.

Non ci sono più i giorni, perché da quel momento cambia lo scopo della scrittura. Se fino a quel punto (pagina 57) è stato un modo per annotare, fissare e ricordare i momenti e i particolari da raccontare al proprio figlio, una volta che fosse diventato grande e dirgli quanto era stato atteso e voluto, da quel momento in poi si trasforma in uno strumento di riflessione, di analisi, un mezzo per dare espressione a voci, idee, sensazioni che si possono dire solo a se stessi e a pochi altri.

Perché Ezio nasce e cresce con fatica, una fatica che gli altri bambini sembrano non dover sostenere. E così il testo si dipana per le successive 164 pagine, un altro diario che cerca di reggersi su un equilibrio precario, ma mai perso, tra la gioia di piccoli e grandi risultati (e le speranze che questi sono in grado di generare) e la constatazione dei problemi e delle difficoltà che restano (che invece creano ansie e preoccupazioni difficili da dissipare).

Oggi Ezio è un giovane uomo che lavora e paga le tasse, che guida con prudenza e attenzione la sua minicar, che ha cura e rispetto delle persone alle quali vuole bene.
Non è un “bamboccione” e nessuno gli ha regalato niente.
Il diploma, il lavoro, le amicizie e le relazioni sono il frutto di enormi sforzi – talvolta di sofferenze – che i più “sani” non sarebbero stai capaci d’affrontare, di un’autonomia conquistata giorno per giorno, tra slanci in avanti, rovinose (ancorché non definitive) cadute e regressi.
Tra la nascita di Ezio e l’oggi c’è un percorso fatto di ricerca di soluzioni taumaturgiche, di frustrazioni, d’impotenza, di tentazioni a rinchiudersi in una “gestione privata dell’handicap”. Ci sono i fallimenti terapeutici, l’incontro e lo scontro con il mondo della scuola, lo shock, i sensi di colpa e la rabbia.
La famiglia di Ezio non si è persa niente, non si è risparmiata niente: ha percorso (e ripercorso) tutte le tappe. Ma nell’attraversarle non ha mai dimenticato lui, non ha mai smesso di elaborare un progetto per lui (dalle vacanze al tempo libero e dallo sport alla musica).

Il diario racconta il cammino tortuoso, a tratti confuso e accidentato, che li ha portati a essere “una famiglia felicemente imperfetta”.

Perché si scrive, o meglio, perché si pubblica un libro così?

Per autocelebrarsi e compiacersi del risultato? Per denunciare disservizi e incompetenze? No. “Io ci sarò” non è un libro “contro” nessuno, anche se la mamma di Ezio avrebbe tanti motivi e tante ragioni di essere arrabbiata con molti.
Invece è pervaso da una grazia, da un garbo leggero, da un atteggiamento di umana comprensione dei limiti e delle debolezze altrui, anche quando quei limiti e quelle debolezze hanno provocato dolore e difficoltà, laddove non ce n’era sicuramente bisogno.

“Io ci sarò” è un libro “per”.
Così com’è scritto nella quarta di copertina: “per le famiglie che vivono situazioni di sofferenza e solitudine, per associazioni e operatori di settore che vogliano confrontarsi con un’esperienza vissuta…”.
Per trasformare il dolore vissuto o subito in un aiuto per gli altri; per dire che può capitare e si può sopravvivere e vivere; per far sapere ad altri genitori che ci sono vie più diritte di quelle che s’imboccano per caso, sospinti dall’ansia e dalla premura.
Stranamente il libro – lo scrivo sorridendo con amarezza – non si rivolge esplicitamente agli insegnanti. Non so se sia una “disattenzione” dell’editore che non ha un target scolastico, se si tratti di un lapsus (una di quelle dimenticanze che Freud ha spiegato bene) o se sia un’assenza voluta.

Invece questo libro dovremmo leggerlo proprio noi insegnanti. Noi che siamo così tanto occupati nell’elaborazione di piani per l’inclusione da dimenticare chi dovrebbe essere incluso, come e perché. Insieme alle circolari sui BES, alla normativa sui DSA, alle modalità che regolano lo svolgimento delle prove INVALSI per i bambini e i ragazzi con problemi di apprendimento, leggere un libro come questo penso possa rappresentare una valida integrazione. Perché ci ricorda che dietro ai “soggetti coinvolti” ci sono le persone, che dietro ai “piani, più o meno, individualizzati” ci sono le relazioni umane, che lo scopo del nostro lavoro non è insegnare le tabelline o “La ginestra” di Leopardi, ma usare questi e altri saperi per sviluppare e ampliare le potenzialità di ciascuno, partendo da dove ciascuno si trova.

“Io ci sarò” ci ricorda che ciò che percepiamo e che cerchiamo di allontanare come malattia spesso non è altro che la nostra incapacità di accettare e affrontare la differenza.

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Paola Conti