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Insegnare lingua immergendosi nella realtà che ci circonda

Pubblicato il: 01/12/2011 18:49:35 - e


Da sempre le insegnanti sentono la necessità di sentirsi più strettamente collegate con la realtà che sta “fuori”. Il “fuori”, però, viene visto, a volte, come un antagonista. Uscire davvero e far diventare il “fuori” una possibilità per un’altra scuola è lo spirito di questa proposta.
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Da tempo partecipiamo al laboratorio linguistico di ricercazione sul curricolo verticale, all’interno dell’istituto comprensivo in cui insegniamo e, a turno, abbiamo sperimentato il percorso relativo alle classi seconde sui dialoghi. Gli scambi comunicativi, le conversazioni nell’ambiente familiare, scolastico e territoriale sono stati gli ambiti di ricerca degli alunni, che sono diventati “investigatori” del mondo linguistico in cui vivono.

L’“avventura”, come i bambini amano chiamare il percorso educativo di ogni anno, si è incentrata sul mondo dell’oralità, un mondo linguistico complesso e variegato, e ha sviluppato abilità muovendo da due cardini importanti: il protagonismo del bambino e l’interazione cognitiva e sociale.

Siamo partite da una ricerca pragmatica, chiedendo ai bambini di prestare attenzione, in casa, alle “parole che escono dalla bocca dei grandi” e di annotarle per iscritto. Questo ha permesso di portare a scuola “pezzetti” di mondo reale, vivo, del mondo più vicino alla loro quotidianità. In seguito abbiamo allargato la nostra indagine al mercato, per raccogliere anche i dialoghi fra adulti spostando la nostra attenzione dall’ambiente familiare al mondo esterno, un mondo dove di solito si va distrattamente senza soffermarsi ad ascoltare davvero, a osservare, a riflettere.

L’iniziativa è stata preparata da una discussione collettiva, da cui sono emerse le aspettative dei bambini, le loro preoccupazioni, la necessità organizzativa di ruoli e materiali. Altrettanto interessante è stata l’intervista “a caldo”, proprio all’uscita del mercato, subito dopo la raccolta dei dialoghi fra adulti. Tutti si sono trovati d’accordo nel dire che è stata una bella esperienza, motivante e divertente, ma tutt’altro che facile. Qualcuno si è lamentato di aver scritto quasi nulla perché i “grandi” parlavano troppo velocemente, altri hanno confessato di non averci capito molto e di aver “perso” alcune frasi, tutti hanno attribuito la difficoltà di questo lavoro alla confusione, alle distrazioni presenti dovute alla situazione comunicativa reale, al modo di dire e non dire degli adulti. Sono seguite le discussioni in classe, quelle relative al materiale linguistico raccolto, che è stato analizzato, smontato, reinterpretato, riscritto in piccolo gruppo e condiviso poi con l’intera classe. È in questa fase che tutti gli alunni si sono sentiti coinvolti e desiderosi di dare il proprio contributo: scrivendo, dettando, correggendo, spiegando, suggerendo, rileggendo… L’esperienza ha portato alla costruzione di competenze ben precise: alle comprensione di situazioni di comunicazione, di come funzioni un dialogo, della punteggiatura necessaria per trascriverlo e del mondo mimico-gestuale proprio dell’oralità. È sempre in questo contesto che è nata nei bambini anche la necessità di indagare sul significato di alcune parole a loro sconosciute. L’esperienza ci ha dimostrato, nel corso degli anni, che uno degli ambienti elettivi di apprendimento può considerarsi il mercato, ma la cosa più stimolante è stato proprio confrontarci negli anni tra colleghe con caratteristiche e competenze differenti e con gruppi classe diversi e quindi richieste diverse.

Ogni anno l’uscire nel mondo reale, non per una visita guidata, in questo caso, ma proprio per sentirsi “studiosi, ricercatori” in una materia che fa parte della quotidianità, emoziona fortemente ogni gruppo classe e questo determina indiscutibilmente un innalzamento del livello di attenzione e dell’apprendimento conseguente.

Ma più delle nostre parole parlano quelle dei bambini stessi che arrivati in 5° rivisitano così quella ormai lontana situazione: “Andammo al mercato e tutta la classe era strafelice, e da quanti adulti c’erano io mi sentivo insignificante … Questo percorso mi è piaciuto un’infinità, mi è servito perché ho imparato un sacco di parole nuove e perché ho affinato la mia tecnica di ascoltatore e osservatore”.

Greppi Ghisleni e Piccioli

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