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Europa: considerazioni di un uomo qualunque (prima parte)

Pubblicato il: 03/05/2013 17:19:00 -


Considerazioni sull'Europa, che finiscono con la proposta di rifondare l'Europa su una scuola ben fatta e veramente europea.
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Diceva Mark Twain: “Che futuro può avere un Paese in cui i pochi che sanno come si dovrebbe governare sono tenuti a tagliare capelli o a guidare taxi?”. Lo stesso dicasi della formazione della nazionale di calcio.

Ma siccome parlare è un diritto, almeno sul proprio blog, ecco che chi scrive, per niente economista e ancor meno bocconiano, vuole anche lui dire la sua.

Chi scrive è stato infatti europeista sfegatato, fin dall’infanzia: ha vissuto la eco della forza, della ricchezza degli “stati uniti d’America”, che avevano le cioccolate e le sigarette, mentre si usciva da anni di fame, miseria, caffè di cicoria e cicche fumate con lo spillo. Il complesso di inferiorità non poteva essere eluso. E, infantilmente, non si poteva non sognare gli “stati uniti d’Europa” a esorcizzarlo. Ai soldati spettava mezzo chilo di pane al giorno, ed ecco il pane nero appesantito con polvere di marmo. Mio padre, buonanima, sostenne tutta la vita di avere trovato dentro a una pagnotta una coda di topo, che evidentemente era sfuggita alla tritatura.

Facciamo dunque l’Europa, quanto prima, recuperiamo l’economia, e, soprattutto, la dignità.

Così chi scrive divenne europeista sfegatato; fece la prima conferenza della sua vita su “Il no di De Gaulle all’Inghilterra”, sparando sulla miopia del generale/presidente gallico.

Si era augurato che Cipro uscisse dall’Euro. Poteva essere un piccolo esperimento, una prova in vitro, ma reale, del processo. Pazienza, si dovrà sfruttare l’immaginazione. Essendo vecchio assai, ha vissuto vari “boom” economici, a cominciare dalla ricostruzione, e da quello della Fiat 600, seguita a ruota dalla 500, a far viaggiare gli Italiani, e a superare il messaggio di “Ladri di biciclette”. Poi altri “boom”. Sempre basati sullo stesso paradigma. Quale? Forte inflazione, forte esportazione, moneta debole, forte aumento del PIN, svalutazione periodica. Vi ricordate la coda dello SME, la possibilità di alcune monete di oscillare più delle altre?

Ecco, poi viene l’età dell’Euro. Grande sforzo per entrarvi, per “mettersi in regola”, manovra drastica da 93 miliardi di lire, a occhio e croce la più grossa mai fatta. E qui succede una cosa tutta italiana, nel senso delle cose che possono succedere solo qui. Anziché applicare la conversione Lira/Euro prestabilita, 1937,36 Lire per un Euro, si applica un algoritmo più semplice, 1000 Lire = 1 Euro. È più facile fare i conti, senza dubbio. Il caffè che il giorno prima costava 1000 lire (parlo dei bar delle città del Nord) il giorno dopo costa 1 Euro. Evviva!

Qual è l’effetto? È molto semplice comprenderlo: una enorme massa di risorse passa dalle tasche di categorie tradizionalmente fedeli al fisco, come i dipendenti, a quelle di categorie altrettanto tradizionalmente infedeli: commercianti, liberi professionisti, bottegai di ogni genere. Di che quantità di ricchezza parliamo? Difficile da dire. Non parliamo certo di una quantità trascurabile, visto che impatta su tutte le transazioni commerciali della sesta (settima? ottava?) potenza industriale dell’universo globo terracqueo.

Benissimo, ma adesso abbiamo la moneta forte. Paghiamo uno scotto pesante: più difficoltà all’esportazione, vocazione tipica della piccola/media impresa italiana, impossibilità di praticare l’arma della svalutazione, inflazione bassissima rispetto ai periodi precedenti, significativa perdita di autonomia nella gestione della politica economica. Ma in compenso abbiamo la pancia piena di Euro, di moneta vera. Dovremmo avere subito vantaggi sugli acquisti, ad esempio dovrebbe calare sensibilmente la “bolletta energetica”, tutta d’importazione. Cala la benzina? No, anzi, abbiamo la benzina più cara d’Europa. Misteri dell’economia. O forse processi tutt’altro che misteriosi.

In ogni caso, a fronte di tali e tanti danni, dovremmo ottenere in cambio la stabilità economica. Adesso che ci siamo svenati, che abbiamo pagato, abbiamo però la solidità economica. Questo ci si aspettava.

Macché. Una, due manovre all’anno, per stare faticosamente a galla. Allora cominciano a sorgere dubbi fastidiosi: se non abbiamo più i vantaggi di prima, ma continuiamo ad averne le disgrazie, le manovre, sempre più frequenti, sempre più oppressive, dove sta la convenienza?

Non avremo fatto l’interesse di colui che bruciò la casa per vendere la cenere?

Non ci sarà qualche errore fondamentale nelle assunzioni di base?

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Maurizio Matteuzzi (1947) insegna Filosofia del linguaggio (Teoria e sistemi dell’Intelligenza Artificiale) e Filosofia della Scienza presso l’Università di Bologna. Studioso poliedrico, ha rivolto la propria attenzione alla corrente logicista rappresentata da Leibniz e dagli esponenti della tradizione leibniziana, maturando un profondo interesse per gli autori della scuola di logica polacca (in particolare Lukasiewicz, Lesniewski e Tarski). Lo studio delle categorie semantiche e delle grammatiche categoriali rappresenta uno dei temi centrali della sua attività di ricerca. Tra le sue ultime pubblicazioni: “L’occhio della mosca e il ponte di Brooklyn – Quali regole per gli oggetti del second’ordine?” (in “La regola linguistica”, Palermo, 2000), “Why Artificial Intelligence is not a science” (in Stefano Franchi and Güven Güzeldere, eds., “Mechanical Bodies, Computational Minds. Artificial Intelligence from Automata to Cyborgs”, M.I.T. Press, 2005), “La teoria della forma”, Roma 2012.
Ha svolto il ruolo di coordinatore di numerosi programmi di ricerca di importanza nazionale con le Università di Pisa, Salerno e Palermo. Fra il 1983 e il 1985 ha collaborato con la IBM e, a partire dal 1997, ha diretto diversi progetti di ricerca per conto della società FST (Fabbrica Servizi Telematici, un polo di ricerca avanzata controllato da BNL e Gruppo Moratti) riguardo alle tecniche di sicurezza in informatica, alla firma digitale e alla tecniche di crittografia. È tra i promotori del gruppo dei “Docenti Preoccupati”.

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Immagine in testata di pixabay (licenza free to share)

Maurizio Matteuzzi

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