ClanDESTINI (trentasettesima puntata)

Didier con la borsa degli attrezzi della Panda di Natis, raggiunse l’Ape e guardò suor Annunciazione con una freccia che le usciva sotto la spalla. Solo un filo di sangue sulla tonaca, niente emorragie per ora. Annuì. “Si può fare. Che dice suor Annunciazione, la togliamo? Lo so come si tira fuori una freccia, se non è vicino al cuore. Da noi ancora si usano, sono armi silenziose e di facile costruzione… Oggi torno per un po’ alla mia vecchia vita.”

“E me la leveresti tu?”

Didier esaminò l’asta che usciva dalla tonaca. “Non mi pare che abbia toccato un organo vitale, ma ci sono molte complicazioni che possono venire, come le infezioni e la cancrena, dobbiamo procurarci gli antibiotici appena possibile. Poi se la freccia non viene estratta immediatamente dalla ferita, mi hanno detto che intervengono conseguenze mortali.”

“Andiamo in ospedale, nel nostro!”

“Siamo appiedati e se aggiusto il motore non aggiusto lei… e poi qui che ne sapete delle frecce.” si rivolse a Totuccio “prendi una bottiglia che non s’è rotta dalla cassa dietro! Le piace il whisky, sorella? Disinfetta e riduce il dolore…”

“Non scherzare. Dimmi esattamente che vuoi fare. Dimmi tutto.”

Didier e Kamal si guardarono. “Voglio… tagliarle via la tonaca… togliere la freccia e fasciarla.”

“Togliere la tonaca? Insomma, devo spogliarmi? Qui, per strada?”

“Deve decidere lei, ma mi sembra che non abbiamo tanta scelta.”

“Ecco il whisky, se mi dai il mio coltellino lo apro.” disse Totuccio “di bottiglie intere ce ne sono altre.”

Suor Annunciazione scosse la testa guardando quei preparativi. “Ma sei capace? Io voglio andare in un pronto soccorso!”

“L’ho già fatto. Una volta mio padre ha dovuto farlo con mia madre… operarla, con il mio aiuto, davanti a quelli del villaggio. E da noi spogliare una donna è brutto come per una suora, ma c’era una scheggia, dentro la schiena e non c’era tempo da perdere… Forza, suor Annunciazione, vuoi essere come mamma?”

Suor Annunciazione lo guardò meravigliata. “Didier… Mi prendi di sorpresa… sei davvero capace?… ma guarda che doveva succedermi, con quel senza Dio che prova ad ucciderci!”

“Io non guardo” assicurò Totuccio che era riuscito a pulire il coltello dal sangue e ad aprire la bottiglia di Laphroaig.

“Son sicura che mi farai un male cane!”

“Abbiamo questo liquore, se le piace! Sentirà meno dolore!”

Suor Annunciazione guardò l’etichetta “Quel whisky senza un po’ d’acqua è quasi imbevibile! Lo conosco, 60 gradi, è del tipo cask strengh, è quello che piaceva agli aviatori inglesi, lo beveva…” tacque, guardò i tre bambini davanti a lei e si decise. Mentre toglieva la cuffia, mettendo all’aria la testa coi capelli tagliati cortissimi, li guardò negli occhi tutti e tre, erano occhi limpidi e un po’ spaventati.

“Mi fido di voi, certo, ma questo… non è perché sono suora, qualsiasi donna avrebbe problemi a farsi operare così, tra l’altro davanti ai suoi bambini, anzi, dai suoi bambini.”

“Forza, però, il tempo passa e la freccia rimane dentro!” disse Didier.

“Dobbiamo toglierle la tonaca, poi, mica metterla a torso nudo!” disse Kamal tentando di convincerla.

Didier tagliò corto. “Meglio comunque che dia qualche lunga sorsata e che si sdrai. Ha paura?”

“Ho deciso. La paura? Ho la normale paura per casi come questi, lasciatemi almeno la paura!” Socchiuse gli occhi.

Totuccio esaminò la tonaca. “Possiamo scucire, senza tagliar tutto, che la mia forbicetta si rompe e non ci serve più.”

Suor Annunciazione li aiutò a scucire e tagliar via la parte superiore della tonaca che mise da parte per tamponare il sangue. Bevve alcune lunghe sorsate e fece delle orribili smorfie. Strappò via, dal collo, la maglietta, si coprì alla meglio e aspettò.

I tre ragazzini si eran allontanati.

“Questa donna è tosta!” disse Totuccio “Magari dipende dal fatto che ha avuto una vita dura in Africa: ha abortito… l’avevano violentata, così ha cominciato a raccontarmi Ceccina, ma io l’ho bloccata.”

“E si fida di noi!” mormorò Kamal mentre si lavava le mani col Laphroaig che Totuccio faceva cadere per lui e Didier.

“Lava pure le pinze della macchina, le più piccole.”

Kamal abbassò ancora più la voce. “Ma perché si fida tanto?”

“Perché ci vuole bene…” rispose piano Didier “e sta nel gruppo dei bianchi buoni: lei, la maestra e Linda… e anche Natis, che gli abbiamo rubato la Panda. Poi ci sono tutti gli altri, anche Hansen! Dicono che ci vogliono bene, ma non è vero, lo fanno per finta, per sembrare quelli che non sono. Forza che siamo pronti.”

C’era poco sangue sulla carnagione candida di Suor Annunciazione che muoveva silenziosamente le labbra.

Era ancora una bella donna, si sorprese a pensare Totuccio, che aveva promesso di non guardare ma era attratto dalla vista del suo corpo, anche in una situazione come quella.

“Per stringere… Questa è la sua cintura, sorella, la stringa fra i denti, come nei film!” disse Kamal.

Suor Annunciazione prima di stringere la cinghia tra i denti sospirò “Ma anche tu sei ferito!?”

“Al braccio, non è grave.”

Didier lavò la ferita e spezzò l’asta della freccia che sporgeva. La buttò via. “Vedi? Questa maledetta freccia ha tre uncini e non si può estrarla senza danni se non allargo la ferita. Beva sorella! Lasci un attimo la cintura e beva ancora… Un altro sorso… e non guardi.”

Bevve il liquore troppo forte. Kamal le porse di nuovo il cuoio da stringere tra i denti e fissò Didier che divaricò la massa muscolare nel punto più dolente e fece col coltellino una incisione a T. Localizzò la punta con la lama. “Lava col whisky!” disse a Totuccio. Poi brandì la pinza disinfettata con l’alcol e l’accostò alla ferita che si riempiva di whisky e sangue. Afferrò la base della punta del dardo, la smosse un poco a brevi tratti, chiuse gli occhi e tirò. La punta uscì senza problemi, ma Suor Annunciazione gridò e perse i sensi.

“Coprila meglio!”

Le tamponarono la ferita con la maglietta e la tonaca messa da parte.

Totuccio e Kamal mossero senza ostacolarsi, le loro mani sulla pelle bianca della monaca. Poi Kamal fece cenno all’altro che poteva fare da solo.

Didier era preoccupato, guardò la suora che non dava segni di vita. “Respira? Sentila sul collo, Kamal.”

Kamal le toccò il collo con le dita sporche di sangue. “Respira, il cuore batte.”

“È svenuta, vero? Tieni fermo il tampone. Adesso la fasciamo bene con le strisce della tunica.”

Le mani di tre colori collaborarono a sistemare un rimediato tampone legato con la cinghia.

Kamal assentì. “Senti… nella Panda quando ho preso i ferri ho visto che c’è un’incerata fatta come un poncho, che dici?”

“L’ho vista anch’io, prima, va bene valla a prendere!”

“Devi sbrigarti a riparare il motore, non ci rimane molto tempo per capire i tempi dell’operazione… sulla cartina il punto di partenza è il porto di Montelusa e quello di arrivo è in Somalia, segnato da quelle coordinate” Kamal fece una smorfia per il dolore al braccio “se siamo fortunati, come ci ha detto Suor Annunciazione al telefono, stanotte stessa potremmo scoprire al porto il carico delle armi di cui tu mi hai parlato.”

Didier guardò Totuccio mentre Kamal si allontanava “Ora tocca a lui, poi penserò alla Panda. Se la punta della freccia si è infilata nell’osso mi serve la tua forza… dammi la bottiglia che ti lavi le mani anche tu. Ho visto qualche volta due uomini forti faticare per estrarre una freccia e magari non riuscirci. Mi serve proprio anche la tua forza.”

“La mia forza? Quella che m’è rimasta! Non è mica tanta.” borbottò il figlio di Calogero Valaci aggiustandosi sulla pancia la pompa per la chemioterapia.”

***

Il cellulare del Chiller bianco vibrava inutilmente nella sua tasca.

“Non mi risponde” don Gerlando Cascio Ferro si rivolse all’autista che l’aveva accompagnato “Tu stasera magari ti tocca sparare, così smetti di lamentarti che fai l’autista. Sali fino alla lanterna del faro, da lassù avrai la visuale completa del porto e tutta l’operazione per cui veniamo pagati potrai tenere in sicurezza. Sbrigati che tardi mi hai fatto fare, sul primo peschereccio hanno già iniziato a caricare le casse.”

L’uomo fece un cenno di rispettoso assenso, prese dal bagagliaio della macchina un grande borsone e s’avviò verso il faro.

L’uomo che chiamavano anche il Ragioniere si avvicinò alla seconda auto, i tre uomini della sua scorta erano già scesi e si erano posizionati lungo un perimetro che comprendeva le due auto con lui al centro.

Il faro, in fondo al porto di Montelusa, era un cilindro di mattoni rossi con una grande lanterna in cima che proiettava un lungo fascio di luce lunare verso il mare aperto.

L’autista guardò la porta di metallo chiusa con un lucchetto, posò il borsone in terra, frugò e ne estrasse un tronchese gigante con cui tagliò il lucchetto. Dall’interno richiuse la porta e salì per una lunga scala a chiocciola fino al posto di lavoro del guardiano, postazione ideale in caso di tiro.

L’uomo aprì di nuovo il borsone, estrasse un potente binocolo Night Vision e sistemò su una panca un fucile mitragliatore con serbatoio esterno.

Puntò il binocolo a visione notturna sulle banchine del porto, perlustrandole con attenzione avanti e indietro. Dalla prima nave era sceso un uomo incappottato con il viso coperto da una fasciatura, un cappello e occhiali scuri, nonostante il buio. Lo seguiva, senza guinzaglio né collare, quello che pareva un grosso cane lupo.

Un altro uomo li raggiunse presto: era il tipico marinaio con un giaccone scuro a tre quarti e un berretto con la visiera calata sugli occhi.

Parlavano fitto mente guardavano le ultime fasi del carico. Poi, dopo un po’ rimasero in silenzio. L’autista riconobbe Cola, che aveva visto qualche volta a casa di Cascio Ferro ed esaminò attentamente la figura infagottata. Aveva gli stivali e il cappello in testa era uno Stetson. Sospirò. Tutto tranquillo, difficile trovare l’occasione per sparare.

Ora il primo peschereccio, stipato di casse d’armi fino all’orlo della murata, stava mollando gli ormeggi per far posto al secondo, mentre sulla banchina la gru aveva ritirato il gancio e portato il braccio sopra un altro vagone del treno.

I due uomini si erano fermati sul molo, erano attenti alle operazioni di avvio del carico sul secondo peschereccio e sembrava discutessero di nuovo tra loro, mentre il cane lupo gironzolava come per ispezionare la scena.

Anche l’uomo del faro puntò il binocolo sulle altre strutture del porto: gli uffici della Capitaneria erano illuminati, mentre tutto il vasto sito del Terminal dove caricavano era completamente al buio.

Improvvisamente i fari di un’auto comparvero all’ingresso del porto.

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IL CALENDARIO 2012
Di Lidia Maria Giannini, studentessa. Dono per tutti i lettori e le lettrici di Education 2.0.








Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.

Qui le modalità per l’acquisto del libro.

L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

http://www.luigicalcerano.com

http://www.giuseppefiori.com

Calcerano e Fiori