ClanDESTINI (quarantottesima puntata)

Sulla pista 3 dell’aeroporto di Kigali l’Harrior II era in attesa dell’autorizzazione al decollo.
Dietro le vetrate della sala di sbarco si vedeva un uomo con un grande impermeabile Burberry, occhiali scuri, e un cappello fedora marrone: il feltro era classico e aveva una tesa di media larghezza. L’uomo scrutava la fusoliera appuntita dell’aereo che lo aveva depositato solo qualche ora prima su quella pista.
Adesso per lui era tempo di allontanarsi, i suoi dovevano ormai aver raggiunto l’aeroporto e per l’Harrior II era arrivato il momento di tornare sulla portaerei Cavour, dal cui ponte di volo era decollato il giorno prima.
L’uomo con il trench agitò un braccio in segno di saluto, nella mano qualcuno avrebbe potuto riconoscere l’anello d’argento con il teschio. Si avviò all’uscita mentre l’aereo saliva fino a diventare una scheggia metallica nel cielo di Kigali.

“Missione compiuta, sono sulla via del ritorno.” Comunicò il pilota alla stazione radio della Cavour. “Ti mettiamo in contatto con Roma… hanno chiamato proprio in questo momento.”

Il pilota effettuò una lunga virata proprio sopra la città “Buongiorno Generale, il pacco è stato depositato qui a Kigali, come da richiesta.”
“Ci sono stati problemi in aeroporto?”

“No, la nostra ambasciata aveva già regolarizzato il trasporto.”

“Ottimo… ma non era possibile lasciarlo all’aeroporto di Mogadiscio? Avevo fatto presente all’ammiraglio che la destinazione del pacco doveva essere la Somalia!”
Il pilota storse la bocca “Due ostacoli lo hanno impedito: nell’aeroporto somalo non avremmo avuto margini di sicurezza per il nostro trasporto…”

“E il secondo ostacolo, scommetto,” lo interruppe il Generale “è che sul pacco compariva l’indirizzo di Kigali.”

“Già, proprio così… io ho cercato di trasmettere i suoi ordini, ma non c’è stato niente da fare: la destinazione doveva essere il Ruanda. La Somalia è solo uno scalo tecnico della merce da inseguire, così ha detto!”

I due rimasero in silenzio per qualche istante, poi la voce del Generale si fece risentire “Avete dotato il pacco di una strumentazione tale da tracciarne il percorso?”

“Negativo, Generale, non è stato possibile…” il pilota abbandonò a questo punto ogni cautela”… mister Clumper non si fa guidare e, a questo proposito, è stato categorico: non ha inteso portare con sé nemmeno un telefono satellitare. Ha in testa un piano e vuole portarlo a termine senza interferenze istituzionali: troppo ambigue e pericolose, ha detto lui. Non è proprio italiano, se mi posso permettere …”

“Permettiti pure! Ha il peggio degli italiani e degli americani…” irritato, tacque per un istante “E non siete nemmeno riusciti a piazzargli un dispositivo di rilevamento, secondo le mie precise istruzioni?” chiese con voce rabbiosa.

“È troppo scaltro…le ho detto che non ha voluto neanche il telefono… ma, posso permettermi un’ultima considerazione, Generale?”

L’uomo dei Servizi segreti alzò le spalle “Certo.” “Non conosco la missione affidata a quell’uomo, ma sono certo che la porterà a compimento.”

A modo suo, concluse tra sé il Generale, che poi commentò “In arduis servare mentem.”

Il pilota sbatté le palpebre “Come dice, signore?”

“È anche il motto della sua portaerei, non lo ricorda?” “Mi scusi.” mormorò confuso il pilota prima di congedarsi.

Il Generale chiuse la comunicazione e imprecò sbattendo un pugno sulla scrivania “Maledizione, tre navi italiane cariche di armi e di rifiuti tossici stanno navigando al largo delle coste somale, e noi ne abbiamo perso momentaneamente le tracce.”

“E non conosciamo neanche il porto di destinazione” s’intromise l’attendente che era entrato con le carte da firmare “che, a quest’altezza del gioco, può essere in qualsiasi punto della lunga costa. Siamo nelle mani di mister Clumper!…”

“Non ricordarmelo!” lo gelò il Generale.
“E nelle mani di Hansen, che ancora non si è fatto vivo, dopo l’ultima chiamata.” completò la frase l’attendente.

“Già. Pure lui è un altro che fa le cose a modo suo.” il Generale si lisciò il mento in ricordo della pizzectomia che da poco aveva subìto. “ma, per il momento, rimane il nostro uomo dietro le linee nemiche. Non dimenticarlo.”

Da un computer sulla scrivania uscì il tipico avviso sonoro di Skype. “Eccolo il peccatore” sorrise il Generale “che chiede udienza al padre guardiano del suo ordine segreto.”
Anche l’altro fece un sorriso compiacente mentre il volto di Hansen compariva sullo schermo.

“Lupus in fabula.” lo accolse il Generale. “O dovrei dire che chi non muore si rivede?”

* * *

Nella radura adiacente l’aeroporto di Kigali la piccola pattuglia di pigmei era seduta in cerchio attorno all’uomo mascherato, che s’era tolto occhiali, trench e cappello.
Il sole al tramonto proiettava la lunga ombra del lupo che si aggirava intorno al perimetro, pronto a segnalare qualunque intrusione.
Non capitava loro spesso di ascoltare il racconto delle avventure dell’Ombra che cammina, e quando accadeva c’era sempre un motivo preciso: la richiesta di aiuto in un’impresa molto rischiosa.
Così l’uomo stava raccontando del salvataggio di tante vite umane nel Canale di Sicilia, di tre navi che avevano buttato a mare casse di armi per prendere a bordo uomini e donne, vecchi e bambini. E di altre tre che avevano proseguito il loro viaggio di morte. Di come lui si fosse buttato in acqua con Diavolo e fosse riuscito a salire su un gommone abbandonato per un impossibile inseguimento delle tre navi.
Ma nessuno a bordo si era accorto di lui… o aveva voluto accorgersi. Così era rimasto tutta la notte in acqua sul gommone fino a quando, nella nebbia del mattino, era comparsa una grande nave italiana carica di aerei ed elicotteri che pattugliava il Mediterraneo.

“Una portaerei, italiana, pensate!”

“Non credevamo nemmeno che ce ne fossero!” fu la reazione.

“Ho sparato qualche colpo con le mie Colt per essere sicuro che le vedette della portaerei mi scorgessero. E così sono stato tratto in salvo. Il Generale l’aveva dirottata per aiutare la sua spia americana! Gli ordini erano di mettermi subito su un aereo e di depositarmi in un aeroporto in Somalia, più vicino possibile al porto dove arriveranno le navi con le armi. Ma solo Didier è in possesso di quell’informazione, così ho pensato di venire a chiedere il vostro aiuto.”

“Siamo pronti, ma che aiuto possiamo darti?” gli domandò il capo dei pigmei.

“Una volta scaricate le casse dalle tre navi saranno caricate su parecchi camion, che per arrivare qui in Ruanda dovranno traversare il confine con il Kenya e poi quello con l’Uganda.”

“A meno che le navi non scendano fino al porto di Dar es Salaam in Tanzania, allora la strada per i camion sarebbe più breve.”

“No” disse l’uomo mascherato al capo dei pigmei “il porto è in Somalia, di questo sono sicuro.”

“Allora” intervenne un altro pigmeo “la pista dei camion sarà quella del trasporto della droga, che traversa tutto il Kenya fino al Lago Vittoria, costeggia il lato sud del lago nel territorio della Tanzania e arriva a Kigali non lontano da dove siamo. La pista non passa per l’Uganda. Ed è una fortuna, perché anche lì c’è un altro fratello della morte a capo di milizie di soldati bambini, incriminato dal Tribunale internazionale dell’Aja… la morte è una signora che ha molti fratelli.”

“Sei sicuro che le armi siano dirette in Ruanda?” chiese il capo dei pigmei “I piani del Fratello maggiore della morte sono sempre ad ampio raggio…”

“Sono sicuro, questo piccolo paese, questo topolino in mezzo agli elefanti, creerà l’agitazione nel branco. La strage a Radio Kigali è la prima scintilla di una serie di esplosioni a catena. Ma hai ragione tu le ambizioni di Buruli sono molto più grandi: in ballo ci sono i fantasmi di un genocidio mai placati e la conquista di territori ricchi di materie prime, coltan in testa! Vitale per l’economia cinese e non solo.”

“Anche per l’economia americana. L’elefante spaventato dal topolino sarebbe il Congo, ci sono stati scontri al posto di frontiera con il Ruanda.” rifletté il capo dei pigmei “È stato occupato il villaggio di Gisenyi e il vicino aeroporto. E anche i ribelli congolesi hanno bisogno di armi.”

“Anche molti scampati al genocidio sono riparati in Congo e ora fanno parte di milizie ribelli, uno strappo per i ruandesi impegnati a ricucire le ferite ancora aperte.” il pigmeo che prima aveva parlato concluse “ Il Fratello maggiore della morte soffia sui rancori. È facile, ma hai ragione tu: al centro del gioco ci sono i contratti di estrazione nel sottosuolo più ricco del pianeta!”

Il sole era tramontato e le ombre della sera avvolgevano quel cerchio di uomini.

“Bisogna fermare Buruli, bisogna fermare le armi” l’uomo mascherato si avvicinò al capo dei pigmei “io mi occuperò di lui e voi seguirete il trasporto.”

“E chi ti dice che il Fratello maggiore della morte non prelevi lui stesso le casse sulla costa somala?”

“Perché dovrebbe farlo? Aspetterà i camion qui in Ruanda: è la sua tana ed è qui che le venderà, è qui l’epicentro di tutto il terremoto! Dovete seguire la pista che lungo il lago Vittoria arriva in Kenya e poi in Somalia. Lungo quella pista incontrerete i camion con le armi. Il punto d’incontro con Buruli non può essere troppo lontano da qui. Voi mi avvertirete quando li avrete avvistati e io vi dirò fino a dove dovrete seguirli. Se non sarò riuscito prima a trovare Buruli, daremo battaglia insieme nel punto dove il Fratello maggiore della morte incontrerà i suoi ferri del mestiere.”

“Quindi, secondo te, le tre navi sono già arrivate sulle coste somale?”

“Si, dovete muovervi velocemente e raggiungere la nostra caverna, la Caverna del Teschio. Laggiù troverete tutte le armi e le altre dotazioni necessarie. Una volta equipaggiati potrete seguire la pista. Lo so che siete micidiali anche solo con le vostre cerbottane con i dardi dalle punte avvelenate, ma più grande è il pericolo e più grande deve essere l’arma. Hansen ha qualcosa in mente che ora mi sfugge e non è chiaro neanche al Generale!”

“Come ci terremo in contatto con te?”

L’uomo mascherato tirò fuori un comune cellulare “In aeroporto ho comprato questo, lo useremo solo una volta, quando riterrete di poter far scattare la trappola mi chiamerete.”

Tutta la tribù si era alzata in piedi, in evidente stato di eccitazione: la prima meta era la Caverna del Teschio, il luogo simbolo degli incontri che aveva individuato l’uomo mascherato!
Il luogo dove i Bandar avevano incontrato il primo Phantom, sir Richard Stand, che giurò, sul teschio dell’assassino di suo padre, di combattere l’ingiustizia e la crudeltà dovunque si manifestasse.

“Diavolo verrà con voi” fece un lungo fischio e il lupo comparve di corsa “saprà ritrovarmi in ogni circostanza… e mi fido più di lui che di questo telefonino da pochi dollari.” Aggiunse sorridendo dietro la maschera.

(continua)

(La storia di ClanDESTINI è frutto della fantasia degli autori: qualsiasi riferimento con la realtà, fatti, luoghi e persone vive o scomparse, è puramente casuale).

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L’intervista agli autori, Il giallo d’appendice


La video presentazione di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Un giallo prezioso: ClanDESTINI


Calcerano e Fiori: il viaggio di Didier, un video riassunto che svela scenari inediti sulla storia di Clandestini

È in libreria “Teoria e pratica del giallo“, la nuova fatica di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori per le stampe di Edizioni Conoscenza.

Qui le modalità per l’acquisto del libro.

Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, narratori e saggisti, vivono e lavorano a Roma. Hanno scritto insieme numerosi romanzi polizieschi. Per ulteriori informazioni si possono consultare:
http://it.wikipedia.org/wiki/Luigi_Calcerano

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Fiori_(narratore)

http://www.luigicalcerano.com

http://www.giuseppefiori.com


GLI EBOOK DI CALCERANNO E FIORI SU PINOCCHIO 2.0
http://www.descrittiva.it/calip/ebook-pinocchio2punto0.htm

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Immagine in testata di fotopedia (licenza free to share)

Calcerano e Fiori