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L’arcivernice: Scienza, fallacie e progresso (trentaduesima puntata)

Pubblicato il: 27/07/2012 12:22:32 -


“La scienza è certa? La scienza è stabile? La scienza è ‘vera’? Come fa una conoscenza a darsi da un lato come definitiva e dall’altro come in progresso?”. Ramon decide di chiederlo a Comte.
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Da dove cominciare? Ramon pensò che il primo problema, quello che consideriamo fondativo della filosofia, il suo battesimo, fu “che cos’è l’arché”, il principio primo di tutte le cose. L’antichità classica, la cultura greco-romana, prende l’abbrivio dal mondo: da dove comincia, come è fatto il mondo? Questo è il problema ontologico; sull’essere. Il medioevo cristiano parte da Dio; e in base alla soluzione al problema teologico spiega il mondo, l’uomo, il conoscere. Poi c’è la svolta cartesiana. Nasce la filosofia moderna. Il punto di partenza diventa il nostro conoscere e i suoi limiti. E questo vale tanto per i razionalisti quanto per gli empiristi: filosofia come studio dei limiti della conoscenza umana. Il problema gnoseologico diviene il punto nodale, il primo fra i problemi: “tu come fai a saperlo?”. Questo approccio domina poi tutta la filosofia moderna, con rare eccezioni. E, per questa via, la domanda diventa allora: “che cos’è la conoscenza scientifica?”.

Per un verso essa si autocomprende come certa, sicura, convalidata, in posizione contrastiva con quanto è opinabile, incerto, non provato. Per un altro, tuttavia, essa si pone come pulsante entro un inarrestabile progredire. Come si conciliano la certezza e il progresso? Il progresso non è forse messa in discussione, ripensamento, smentita infine? Come può questo tratto convivere con la certezza, la validità universale?

Pessima giornata, pioveva, con quella pioggerellina insistente, lieve ma duratura, sempiterna, come se dovesse piovere fino alla fine del mondo. Ramon vedeva, nella zona lontana del giardino, il verde delle foglie ravvivarsi, qualche ramo più debole e flessibile agitarsi al vento. Il mondo esterno, fatto di colori o di onde, interno o esterno alla coscienza, par reclamare, comunque, una esistenza per sé. Devi farci i conti, pensa quel che ti pare.

La conoscenza scientifica. La scienza è certa? La scienza è stabile? La scienza è “vera”? Eppure, per ogni epoca, è facile trovare controesempi: il flogisto, la quintessenza, le forze vive, la Terra al centro dell’universo ecc. Quante falsità ci ha propinato la scienza? E, d’altra parte, una volta di più, come fa una conoscenza a darsi da un lato come definitiva e dall’altro come in progresso?

Ramon decise per Comte. Chi più di lui aveva dedicato la sua indagine alla scienza?

“Chi può negare di avere vissuto, nella sua vita, una fase ‘teologica’, una ‘metafisica’, e solo alla fine una ‘scientifica’?”

“Maestro, ma solo l’ultima ha la verità?”

“No, Ramon, ogni stadio ha la sua quantità di verità. Ma un conto è la metafora, un altro è il sapere positivo. In ogni fase dello sviluppo c’è un quantum di conosciuto e un quantum di non conosciuto, meglio, non ancora conosciuto, perché l’inconoscibile è concetto di per sé contraddittorio. Così la scienza procede dal generale al particolare, e dal semplice al complesso. La prima scienza fu l’astronomia, quando l’uomo, in quella terra fertile racchiusa tra il Tigri e l’Eufrate, spinto dalla sua naturale curiosità, volse gli occhi al cielo stellato, scrutandone i bagliori, e cercando di carpirne i segreti. Poi venne la fisica; poi la chimica; poi la biologia; e, infine, la sociologia, la “scienza bambina”, la più particolare e complessa, nel processo dall’inorganico all’organico, dal generale al particolare. E ciascuna scienza è articolata in una parte statica, che ne giustifica la stabilità, ovvero l’aspirazione alla certezza, e una parte dinamica, che la proietta verso il superamento e l’apertura di nuovi fronti”.

“Maestro, ma non vedo, nella tua gerarchia, che posto occupi la matematica”.

“Vedi Ramon, non lo vedi perché la matematica nella mia gerarchia non c’è proprio. La matematica non è una scienza a sé, ma l’essenza stessa della scienza: è il metodo condiviso, il presupposto di ogni sapere scientifico. Come ha già detto anche Kant, in ogni sapere vi è tanto di scienza quanto vi è di matematica”.

“E nemmeno vedo la psicologia”.

“Qui il discorso è diverso. La psicologia come scienza positiva è un’illusione, perché pecca del peccato d’origine della autoreferenzialità: come può la mente umana sdoppiarsi, e studiare se stessa come se fosse altro da sé? Quanto vi è di scientifico nella psicologia si riconduce dunque nella sua parte statica nella biologia, e nella sua parte dinamica nella sociologia. Sociologia che, appena nata, attraversa ora la sua prima fase, la fase ‘teologica’”.

Ramon rimase molto colpito da questa visione, così monolitica e onnicomprensiva. Chissà come in essa andrebbero inseriti i saperi ulteriori, più recenti, come per esempio l’informatica, o l’intelligenza artificiale. Quale migliore soluzione che chiederlo a Comte?

“Maestro, posso chiedere…”.

Purtroppo l’effetto del prodigio aveva avuto un brusco degrado, e solo dei tratti ormai quasi indistinguibili della figura occupavano qualche tratto cromatico della dissolvenza.

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Maurizio Matteuzzi

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