Tirocinio Formativo Attivo, un decollo parziale (e difficile)

Il Tirocinio Formativo Attivo sta per decollare. Per l’ammissione al TFA, il corso annuale che per le diverse Classi di insegnamento condurrà all’abilitazione. In sedici giornate tra il 6 luglio (per Fisica) e il 31 luglio (per Elettrotecnica) si svolgerà il test preliminare, cui seguiranno a partire da settembre una prova scritta e una orale. I posti disponibili sono circa ventimila (4.275 per la scuola secondaria di 1° grado e 15.792 per quella di 2° grado); tali cifre sono state stabilite in una logica di programmazione, per avere un numero di abilitati non troppo superiore alla prevedibili future assunzioni di insegnanti. I candidati sono circa 175.000.

Ripartire, cinque anni dopo l’ultimo corso della Scuola di Specializzazione SSIS, è senz’altro positivo; non si possono però tacere molti elementi di preoccupazione. Va comunque premesso che il TFA si colloca in un sistema di formazione degli insegnanti, istituito con un Decreto del settembre 2010, che appare molto arretrato se confrontato con le esigenze della scuola e con il quadro internazionale; su questa tematica più generale rinviamo alla analisi presente in calce a questo articolo. Qui consideriamo gli aspetti più immediati, cioè – nel quadro che attualmente c’è – i principali problemi presenti sia nel contesto di riferimento, sia in aspetti specifici di organizzazione del TFA.

Nel contesto, una carenza e un elemento perturbante.

La carenza riguarda la mancata definizione delle modalità con cui i futuri abilitati, che non entreranno nelle “graduatorie a esaurimento”, potranno essere assunti quali insegnanti. Il Ministro Profumo ha dichiarato più volte che a tal fine intende, finalmente, bandire regolari concorsi (l’ultimo è quello di Berlinguer 1999, i successivi Ministri hanno illegittimamente omesso questo atto dovuto); ma i provvedimenti amministrativi sono cose diverse dagli annunci, e di provvedimenti finora non c’è traccia. Il rischio che le intenzioni rimangano tali è particolarmente grave in una situazione in cui il governo, se tutto va bene, ha meno di un anno di vita.

L’elemento perturbante è la volontà ministeriale di creare, accanto alla procedura fortemente selettiva del TFA (si vedano i numeri sopra riportati!), un percorso abilitativo di comodo, a numero aperto e senza alcuna prova di ingresso, per chi, non abilitato, ha svolto negli anni passati periodi di supplenze; si tratta, a seconda della durata delle supplenze prevista a questo fine, di un numero di persone tra le sessantamila e le centomila. In presenza di questa massa di futuri abilitati salterebbero la programmazione, la regolarità delle procedure nel tempo, l’equità nei confronti dei giovani; nessuno si sognerebbe mai di ribandire un secondo TFA, e trionferebbe la demeritocrazia. Beninteso, tra tali supplenti ve ne sono certo di meritevoli, ma la procedura li mescolerebbe indiscriminatamente con chi lo è meno; alcuni sono laureati degli anni recenti, che non hanno avuto possibilità di abilitarsi a causa di una irresponsabile decisione della Ministra Gelmini (chiusura delle SSIS senza sostituirle con altro), ma altri sono laureati di lungo corso che non hanno partecipato alle prove di accesso alle SSIS quando c’erano o non le hanno superate.

Nel merito delle prove di accesso al TFA, la preoccupazione maggiore riguarda la qualità della prova preliminare a test. C’è da augurarsi che il MIUR abbia tratto qualche lezione da passate esperienze negative, e che questa volta siano incontestabili sia i contenuti degli item, sia l’organizzazione generale. È necessario dare 42 risposte esatte su 60 quesiti, con tre minuti a quesito: sono stati correttamente valutati i tempi necessari per la formulazione di tutte le risposte? Qualora in qualche sede gli idonei siano meno dei posti, non sembra esservi un meccanismo per consentire la partecipazione di idonei presso altre sedi; sarebbe grottesco che, in un meccanismo così impegnativo, gli iscritti fossero poi meno rispetto ai pochi posti.

Vi è poi da riflettere alla carenza di studio, che finora vi è stata, circa i contenuti del progetto formativo del TFA. Giustamente, per poter attivare le Lauree e le Lauree Magistrali le università devono definire, e inserire in un apposito sito (RAD, nel gergo), obiettivi formativi e organizzazione didattica dettagliata; per il TFA nulla di tutto questo, è bastato scrivere “io lo attivo”. C’è il rischio cioè che una vera progettazione non vi sia, e che ogni docente faccia a proprio piacimento. Prima dell’inizio effettivo delle attività c’è ancora tempo; sarebbe utile che nella pubblica opinione, e in particolare nel mondo della scuola, si aprisse un dibattito sulla sostanza di questo percorso, al di là degli aspetti politico-amministrativi e dei conflitti categoriali.

PER APPROFONDIRE:
La formazione e il reclutamento degli insegnanti”, in “Istruzione bene comune”, a cura di V. Campione e F. Bassanini, Passigli ed., 2011.

Giunio Luzzatto