La costituzione della repubblica cosmica

Un dialogo fra Alfredo Imbellone e Giuseppe Cappello sul libro di Giuseppe Cappello, Il mondo dei filosofi. Visioni e testi della ricerca filosofica dalle origini all’età contemporanea Armando Editore 2021, pp. 464. 

Nota redazionale

Un matematico e un filosofo, che sono anche due docenti, discutono di un libro, ma soprattutto riflettono su cosa significa suscitare e coltivare interesse e passione per la cultura come cifra dell’insegnare.

 

Imbellone Quando studiavo filosofia al Liceo il mio libro di testo era Filosofi e filosofie nella storia di Nicola Abbagnano e Giovanni Fornero. Ricordo anche che a casa c’era il libro che aveva utilizzato mia madre durante i suoi studi superiori, Profilo di storia della filosofia di Gabriele Giannantoni. All’inizio andavo a consultarlo quando non capivo alcuni passaggi. Ma, leggendolo, mi si aprì un mondo. Avevo la sensazione di confrontarmi con due prospettive diverse di presentare la filosofia: da un lato quella manualistica, dall’altro quella narrativa di Giannantoni. Fu così che cominciai a leggere la sua storia della filosofia non più, o non solo, per colmare le mie lacune, ma con vero piacere e interesse. Ho provato qualcosa di simile con Il mondo dei filosofi di Giuseppe Cappello. A conclusione del libro, si cita proprio Gabriele Giannantoni, relatore di laurea e con cui l’Autore ebbe qualcosa in più di un mero rapporto accademico. Vorrei sapere da Cappello quanto ha influito l’incontro con Giannantoni sulla scelta narrativa del suo libro. Qual è la sua opinione sui testi scolastici di filosofia? Che confronto si può fare tra Il mondo dei filosofi e un manuale di Liceo?

Cappello Giannantoni, prima di insegnare all’università fu docente al liceo. Attitudine, quella dell’insegnante liceale, che non perse mai. In questo segno ricordo le gite, oggi si chiamano viaggi d’istruzione, che organizzava frequentemente proprio per gli studenti universitari dei suoi corsi. Le mete erano i luoghi del pensiero antico; una cinquantina di studenti si prenotavano proprio come si fa a scuola e lo seguivano in Grecia, in Magna Grecia e financo nella Troade. Io stesso partecipai al viaggio in Grecia e poi in Magna Grecia. E qui appunto si costituì un rapporto che andava oltre quello della lezione. Per quanto anche le lezioni universitarie di Giannantoni, conservavano comunque un tratto dell’insegnamento del liceo. Non perdeva mai il senso della lezione per gli studenti lì dove altri docenti avevano una postura più autoreferenziale. Potremmo dire che Giannantoni aveva ben presente quel passo del Fedro in cui Platone parla di una retorica psicagogica e si pone il problema di non lasciare l’attitudine comunicativa, con il suo spazio politico,  solo alla demagogia dei sofisti e dell’opinione ma di farla propria anche per il  filosofo e la verità. In fondo è proprio la discorsività quella caratteristica specifica del Profilo di storia della filosofia di Giannantoni che può attrarre non solo un giovane del liceo, ma anche una persona adulta. Ritengo che l’Abbagnano-Fornero sia il migliore testo di storia della filosofia ancora in circolazione, ma è pur vero che la narrazione di Giannatoni, forse più stringata ma con intarsi dorati di carattere concettuale incastonati lungo il fluire del discorso filosofico, è più appetibile. Che non vuol dire demagogico, appunto, ma psicagogico. Si pone in una prospettiva di guidare le anime in quello che è un orizzonte politico; nel senso letterale del termine. Di rivolgersi a uno spazio pubblico ampio e non strettamente scolastico o accademico (per quest’ultimo Giannantoni scrisse il cosiddetto ‘Giannantoni Maior’ che è il primo volume della storia della filosofia curata da Mario Dal Pra e scritto appunto in sinergia con i migliori specialisti di ogni epoca della storia della filosofia). In questo senso si può dire che Il mondo dei filosofi può essere accostato più alla storia della filosofia di Giannantoni che all’Abbagnano-Fornero. Con alcune differenze specifiche. Quando ho scritto Il mondo dei filosofi mi sono riproposto di mettere ‘in bella’, in forma appetibile, la filosofia; e in particolare quella che Aristotele chiamava «la filosofia prima» ovvero l’indagine sulle strutture originarie dell’essere. Un amico, nella bontà della sua lettura e nella generosità delle sue parole, ha chiamato questo libro «un romanzo dell’essere» e in fondo questo è il migliore complimento che si può rivolgere a Il mondo dei filosofi. A differenza dei manuali scolastici, e della stessa storia della filosofia di Giannantoni, non vi si trovano questioni di filosofia morale, di filosofia politica o di estetica. La questione, come indica il titolo, è quella di indagare come i filosofi hanno pensato, nella storia della cultura occidentale, la struttura originaria del mondo, che poi, per chi come il sottoscritto pensa che l’uomo sia una parte del mondo, è il punto di partenza per capire anche la struttura originaria dell’uomo. E in questa prospettiva il mio pensiero è stato quello di incastonare nel discorso filosofico le parole stesse dei filosofi. In questo il libro ha una sua propria specificità: i testi dei filosofi non sono messi in un’antologia a parte, ma sono inseriti nello svolgimento della narrazione. 

Il mondo dei filosofi, circoscrivendo la questione filosofica all’indagine sulla struttura originaria del mondo, dell’ «essere in quanto essere», come avrebbe detto Aristotele, è stato costruito nel segno per cui ogni concetto esplicato è dischiuso di punto in punto da una più breve o più lunga citazione dalle opere dei fiosofi in modo da  offrire insieme visione e testo degli autori della filosofia. In questo senso bisogna leggere il sottotitolo de Il mondo dei filosofi  che suona così: Visioni e testi della ricerca filosofica dalle origini all’età contemporanea. Lì dove non si rende conto della visione di un filosofo sul mondo per poi darne un’antologia di testi; né nel costruire una storia della filosofia per testi per poi farne il commento. L’idea è invece di tenere nel segno di una forte immanenza e omogeneità discorsiva visioni e testi.

Imbellone Un’altra reminiscenza scolastica che Il mondo dei filosofi mi ha stimolato è stata quella di un percorso di identificazione con ciascun autore via via presentato nel corso dell’opera. È un tratto comune a molti testi di storia della filosofia e Cappello ne fornisce ulteriore e brillante testimonianza con il suo libro. Mi piacerebbe sentire da lui come si riesca a dar voce a tanti filoni di pensiero, riuscendo ogni volta a far sentire che quello in esame sappia in effetti dire cose più interessanti, con un ruolo da Zelig dell’Autore che si identifica di volta in volta con chi sta presentando e stimola il lettore a fare altrettanto; così che, terminata la lettura del libro, ciascuno sia libero di cogliere i propri percorsi filosofici, la propria selezione di idee e filoni di pensiero tra i tanti passati in rassegna.

Cappello Aristotele, nel Libro Primo della Metafisica, scrive che «gli uomini cominciarono a filosofare a causa della meraviglia». Ed è proprio questo senso della meraviglia che si dischiude ogni volta di fronte allo stesso filosofare dei grandi pensatori. In ognuno di loro c’è un gioco del concetto che evidentemente tocca, in chi legge e scopre, non tanto questa o quella idea ma la stessa facoltà dell’ideazione. Che poi non è altro che ciò che ci distingue come uomini. Ecco: in fondo, a leggere le pagine dei grandi filosofi, ogni volta ci si trova dinnanzi alla natura più intima e al mistero più profondo di quel che noi stessi siamo. Cosicché, come quando torniamo da un concerto musicale che per noi è stata la sublimazione di ogni emozione e vorremmo raccontarlo, comunicarlo, condividerlo con più persone possibile, e con le più care, così succede a chi rimane ogni volta scosso di fronte a quello che chiamerei il pathos del logos.  Maria Montessori scrisse che «per insegnare bisogna emozionare» e io aggiungerei che per emozionare bisogna emozionarsi. Si comunica innanzitutto attraverso l’emozione che si manifesta in noi stessi di fronte agli altri. Ultimamente uno studente mi ha detto: «Professore, si vede proprio che lei quando spiega è contento». Forse è uno dei più bei complimenti che abbia mai ricevuto,  fra gli scatti fotografici più belli che abbiano fatto alla mia anima, in uno di quei momenti in cui essa si libera nella sua più distesa e profonda pienezza. In fondo contentus in latino significa proprio pieno. E questa pienezza, di fronte ai momenti più alti della speculazione, diventa sovrabbondanza che, a usare una metafora di Plotino, trabocca da sè stessa e investe chi abbiamo intorno. Il segreto dell’insegnamento, il suo mistero, è proprio qui. La dico così: un’overdose di amore che investe chi ascolta e a sua volta si meraviglia. Ed è proprio poi un privilegio dell’insegnante il dibattersi fra queste ‘overdosi’ con i passaggi da un’ora all’altra, che lo spostano da un secolo all’altro, da un millennio all’altro. La mattina si entra in quinta liceo e ci si misura con il pensiero di Hegel; un suono della campanella e, giusto pochi minuti, per ritrovarsi a che fare con Socrate, mentre nella mente hai ancora Hegel; così, un altro suono della campanella, e nell’eco socratica dei pensieri, ti ritrovi a dover spiegare Agostino o Spinoza. Dopo che fai per venti anni questo lavoro ti accorgi che, come diceva Anassagora, «tutto è in tutto».  E, in fondo, è proprio praticando la storia della filosofia che si va oltre di essa e ci si trova di fronte alla filosofia. A quel mistero che è l’uomo, al gioco del concetto. Poi, una volta che tieni la cosa, le parole seguono. Sia che tu le abbia da dire in classe, sia che le debba mettere per iscritto come mi è capitato di fare con Il mondo dei filosofi. Un libro il cui titolo vive di un doppio genitivo: quello di come i filosofi abbiano pensato il mondo e di come sia costituito il loro stesso mondo. 

Imbellone Insegno matematica al Liceo e una delle cose che ho appreso nel corso del mio lavoro è che il rapporto con gli studenti, la cosiddetta relazione educativa, è fonte inesauribile di apprendimento per il docente. Dagli errori, dalle domande, dai fraintendimenti degli studenti, ma se vogliamo anche dal loro coinvolgimento, dagli sguardi, si riescono a comprendere elementi fondamentali della materia, chiarire passaggi, sciogliere nodi e, in conclusione, il docente è portato a penetrare meglio nell’argomento. Giuseppe Cappello ha un’esperienza ormai ventennale di insegnamento e Il mondo dei filosofi è il frutto maturo di tale percorso. Mi piacerebbe sentire da lui quanto la dimensione dell’insegnamento scolastico ha influenzato la sua scrittura e se quel processo che sopra descrivevo di scambio alunno-maestro ha giocato un ruolo anche nel suo caso.

Cappello  Ho detto di uno dei miei due grandi maestri universitari, Gabriele Giannatoni, e viene giusto ora l’occasione di dire del secondo, Francesco Valentini. Una volta disse a lezione di come «insegnando si impara». Probabilmente lo si dice in più modi e può sembrare evidente. Ma l’autenticità e la profondità di una verità la si tesaurizza quando a dirla è la persona giusta al momento giusto. Cosicché sentire da lui ? che di fronte a me rappresenta ancora la conoscenza più ampia e profonda dello scibile umano e la testimonianza più cristallina di quel gioco del concetto di cui ho parlato ?, che mentre ci insegnava lui stesso imparava, è stato il kairòs in cui ho fatta mia quella verità. E per cui ho eletto a mia visione della scuola stessa una frase folgorante di Giovanni Gentile lì dove egli scrive: «scuola è dove una mente che insegna e una mente che apprende si uniscono in una mente che conosce».  Un lampo che folgora, oltre la barriera del suono, tanta pedagogia che oggi circola nella scuola italiana.  Un lampo dentro cui va inteso lo stesso atto di nascita de ll mondo dei filosofi. Non avrei mai scritto questo libro senza la complicità ventennale dei miei studenti e infatti è a loro, insieme ai miei genitori, che il libro è dedicato. Una complicità dentro cui nasce la stessa risposta alla domanda di come l’insegnamento scolastico abbia influenzato la mia scrittura. Per insegnare bisogna emozionare ed emozionarsi ma bisogna anche che questa emozione diventi chiara e trasparente a chi si vuole emozionare. Tutto l’insegnamento presuppone una energia chiarificativa, in cui semplificazione vuol dire analisi e non banalizzazione, e complicanza vuol dire sintesi e non seriosa oracolarità concettuale,. Il calibro di questa energia chiarificativa si rinnova a ogni ora di insegnamento, fra sguardi, intendimenti, fraintendimenti, errori e erramenti dentro cui poi avviene la ricerca e lo stesso incontro con gli altri e fra gli altri. È esattamento il nodo didattico dentro cui vive ogni istante della scuola e dentro cui pure si è fatta la scrittura de Il mondo dei filosofi. Che appunto non avrebbe potuto essere senza la complicità ventennale dei miei studenti.  

Imbellone Il libro di Cappello, pubblicato nel 2021, non può prescindere dalla situazione venutasi a creare per via del COVID. Lo stesso autore ha avuto modo di dichiarare che il lockdown del 2020 è stato per lui l’occasione per rimettere mano agli appunti degli ultimi anni e organizzare l’opera. Ma trovo che Il mondo dei filosofi sia anche una risposta alla pandemia, una bussola per il pensiero con cui orientarsi in questa fase di forte spaesamento e smarrimento ideale. Si è molto discusso in questo periodo del ruolo della scienza e in qualche caso della filosofia, nonché del loro rapporto. Abbiamo anche assistito al protagonismo di scienziati e filosofi e in qualche caso la polemica ha raggiunto livelli elevati. Cosa ne pensa Cappello che, nella sua posizione di professore di Liceo, è un intellettuale impegnato, attento alla politica, alle sorti della società?

Cappello  Si, quantunque sia il frutto di un lavoro di più di dieci anni di scrittura, il libro non sarebbe nato, almeno ad oggi, se non in virtù di un serratissimo lavoro durante la pandemia. In questa società, che non lascia spazio alla riflessione e ci schiaccia tutti nella dimensione temporale della fretta che, ahimé, si sta impossessando anche della scuola, in una vuota e cieca ritualità scolastica di adempimenti burocratici, la pandemia ha aperto un varco per il ritorno verso noi stessi. Molti libri sono germogliati in questo tempo sospeso. Nel mio caso ho approfittato del ritiro per completare capitoli, scriverne di nuovi, dare una fisionomia organica al materiale che avevo accumulato negli anni e condurre un lungo lavoro di ricerca bibliografica su tutte le citazioni dei 450 passi della opere dei filosofi e della critica filosofica che innervano la narrazione. È stato dunque un momento di ulteriori letture e riletture, riflessioni e intuizioni. Un anno di scrittura ma appunto anche un anno di studio intenso.  Uno studio innanzitutto dei principi di come gli uomini hanno pensato il mondo. Il che potrebbe far pensare che la dimensione della speculazione pura non abbia coinvolto l’interazione di questo lavoro con i problemi sociali, etici, economici, sanitari e via dicendo della pandemia. Ma qui è il punto cruciale su cui la filosofia, ancora oggi che il sapere delle scienze avanza, rimane ineludibile sia per le scienze e con le scienze così come per l’azione individuale e collettiva. 

Ognuno compie ogni giorno scelte che presuppongono una seppure inconsapevole visione organica del mondo. Ed è proprio questo che si è perso oggi nella fretta dell’azione. Agiamo sempre di più senza una adeguata consapevolezza della visione organica di fondo con cui ci siamo fatta un’idea del mondo. E del perché ce la siamo fatta; del come ce la siamo fatta, per quale vie ci è giunta. Insomma più che agire, mentre ci sembra di fare tante cose, mentre sono piuttosto le cose che fanno noi. Però non siamo cose e per le cose. A ogni passo c’è sempre un’idea, quando riflessa, o un ideologia, quando irriflessa, che ci fa agire in un certo modo. Un agire che oggi, senza una visione del mondo o, meglio, senza una consapevole visione del mondo, si risolve in un subire. Che il mondo sia strutturato materialmente o spiritualmente, che esso sia il prodotto di un artefice divino o debba la sua esistenza e la sua intelligibilità solo a se stesso; che la sua conoscenza sia dovuta ai sensi o alla ragione o al combinato disposto degli uni e dell’altra; che si possa, addirittura, dare conto di un’origine e di una struttura del mondo o meno; che l’uomo ci stia come una natura fra le nature come hanno pensato i Greci presocratici e Spinoza, Charles Darwin e Karl Löwith, o abbia una sua privata lex che trascende, pure nell’immanenza, la lex publica  della natura come hanno pensato San Paolo e Agostino, ma pure Cartesio, Kant,  e Heidegger; insomma, tutte queste vie della sapienza, la ragione speculativa, non sono neutre rispetto alle vie della saggezza, alla ragione pratica-In ogni nostro atto, proprio oggi che ci poniamo il problema nel singolo atto di gettare un rifiuto in un cassonetto piuttosto che in un altro, agisce una nostra visione del mondo; scelte ecologiche, etiche, bioetiche, la stessa scelta di vaccinarsi o meno, implicano un paradigma di fondo concettuale che agisce in noi e che ci guida, pure in maniera irriflessa, in ogni nostro gesto quotidiano. 

Portare alla consapevolezza la visione del mondo che in qualche modo ci siamo fatti, che si è costituita nello stare con gli altri. Decisivo innanzitutto perché le nostre idee non siano ideologie, e perché il nostro agire non sia in realtà un subire. «Conosci te stesso» era l’iscrizione incisa nel tempio di Delfi che Socrate fece propria e dentro cui costruì la propria filosofia, il proprio filosofare che, in fondo, resta la più alta e perenne testimonianza di quello è la ricerca filosofica. Ecco: conoscere se stessi, forse oggi al tempo della pandemia, può assumere il principio decisivo che non è a partire dall’uomo che si deve spiegare il mondo, ma che, proprio all’inverso, sia a partire dal mondo che si deve spiegare e si può meglio intendere l’uomo. Cittadino oggi più che mai di una repubblica cosmica in cui la lezione più importante della pandemia ci deve aver almeno riportato alla mente la lucida idea che quella parte di sovranità che ci spetta in quanto uomini, proprio in quanto uomini, dobbiamo esercitarla nei limiti e nelle forme della Costituzione. E, in fondo, conoscere questa Costituzione è un poco quello che Il mondo dei filosofi si propone di fare, da ultimo, in chi voglia percorrere il cammino delle sue pagine. 

Alfredo Imbellone docente di Matematica presso IIS Giosuè Carducci – Giuseppe Cappello docente di filosofia e storia Liceo Statale Maria Montessori Roma