Vaccini a Novi ligure – di Fiorella Farinelli

Hanno voluto vaccinarsi contro l’influenza – vaccino notoriamente non obbligatorio – perché potesse tornare a scuola senza troppi rischi il compagno indebolito da una pesante terapia antitumore. Senza clamore ma con convinzione, lo hanno fatto qualche tempo fa tutti gli studenti e gli insegnanti di una classe di un liceo scientifico  di Novi Ligure. A riferirlo è il Corriere della Sera del 4 luglio che ha raccontato anche della prof. di biologia che ha saputo spiegare, far riflettere, promuovere il delicato passaggio dei ragazzi dall’emotività alla decisione collettiva. Informazione, responsabilità verso gli altri, solidarietà con i più deboli, i tre fattori essenziali della cittadinanza attiva. In Italia, dunque, non ci sono solo i no-vax. Non ci sono solo pregiudizi antiscientifici, diffidenze nei confronti dei medici e delle aziende farmaceutiche, astiose rivalse contro chi è autorevole per competenza, e pure vistosi opportunismi. Già, perché sottrarsi all’obbligo/dovere di vaccinarsi, nei fatti  poggia non sull’indiscutibile diritto di tutti alla “libertà di opinione” ma sui margini di protezione assicurati più o meno efficacemente dal disprezzato “gregge” degli obbedienti. Ma le buone notizie sono ormai travolte da un clima pessimo che le decisioni del governo, e certo squallido linguaggio di qualche governante, continuano irresponsabilmente ad alimentare. Non si sa se anche ai ragazzi di Novi Ligure siano arrivati gli anonimi insulti via social che sono piovuti addosso a Zagtesev, il pallavolista della squadra nazionale che ha condiviso in un post le foto della vaccinazione antimenginococco della sua bambina che sorride alla siringa. Insulti e perfino minacce di morte contro chi, secondo alcuni, sarebbe colpevole di aver sponsorizzato  i vaccini “che uccidono i bambini “. Non si sa, ma se fosse successo o se succederà non stupirebbe. Come non stupisce che il presidente del consiglio regionale che ha incontrato la classe di Novi Ligure, pur complimentandosi con l’iniziativa, ha però messo subito le mani avanti precisando che l’incontro doveva essere dedicato al riconoscimento del buon comportamento degli studenti, non a una “discussione sui vaccini”. Per che motivo ? Perché una discussione sul tema sarebbe stata politicamente imbarazzante in una Regione governata dalla destra ? O perché sarebbe indiscutibilmente emersa la civiltà – l’etica civica – di chi è capace di azioni che mettono al primo posto la difesa di chi è più debole ?

Non va comunque nella direzione di rafforzare la copertura vaccinale della popolazione la recentissima circolare ( a doppia firma dei ministri della salute e dell’istruzione ) che agli inizi di luglio ha azzerato l’obbligo delle famiglie di produrre entro il 10 del mese , per l’iscrizione ai nidi e alle scuole, la certificazione delle prescritte vaccinazioni, fatte o solo richieste alla ASL. Col pretesto di “semplificare” la vita alle famiglie – bizzarro pretesto in un paese in cui è da tempo prassi consolidata presentare il certificato medico anche solo per iscriversi a una palestra o a un corso di ginnastica dolce – non si è richiesta più la documentazione che viene rilasciata al momento delle vaccinazioni, ma solo l’’”autocertificazione” di averla già fatta o di averla richiesta. Seguiranno, se del caso, controlli a campione o specifiche ispezioni ( e relative multe, se le autodichiarazioni risultassero mendaci ), come se non fosse fin d’ ora semplicissimo accertare come stanno le cose con una banale scorsa ai  registri dei vaccinati delle ASL. Tutta fuffa, insomma, ma per cosa ? Una circolare, in teoria, non elimina l’obbligo definito da una norma, ma non c’è dubbio che nel dispositivo appena emanato lo sgambetto al decreto Lorenzin c’è. Chiaro ed intenzionale. E c’è anche, forse soprattutto, la volontà di continuare a lisciare il pelo, come è stato fatto continuamente nella campagna elettorale, alla rumorosa minoranza no–vax. Con conseguenze che possono però essere assai pericolose, come denunciano oggi le associazioni dei medici. Se infatti le decisioni del precedente governo hanno determinato una crescita di qualche punto della copertura vaccinale – ma ancora diversificata per aree regionali e per tipologia di vaccini – è un fatto che il miglioramento non è ancora approdato per tutte le tipologie alla soglia di sicurezza così come definita dalle autorità sanitarie. Soprattutto per il morbillo ( 48 decessi nel 2017 in area europea ), una malattia che in Italia è diffusa più che altrove, con oltre 5000 casi sui 21.000 che hanno interessato l’Europa ( peggio dell’Italia, per la cronaca, c’è solo la Romania ). Tant’è che a suonare l’allarme per quei punti che ancora mancano al raggiungimento delle coperture ottimali, è sceso in campo qualche giorno fa il governo del Regno Unito che attribuisce al nostro paese la responsabilità di aver diffuso il morbillo in terra britannica. A dimostrazione che responsabilità ed omissioni, in quello della salute come in altri campi, sono ormai di portata globale, e hanno quindi  effetti che, in barba ai “sovranisti”, viaggiano con le valigie dei turisti e con le mille altre forme di mobilità transnazionale delle persone. Ma in Italia vogliono farci guardare da tutt’altra parte. O meglio nella sola direzione che oggi sta fruttando il massimo dei consensi politici ed elettorali. Se ne incarica, ovviamente, il superministro Matteo Salvini che fa diventare anche il tema dei vaccini un argomento a favore dei porti chiusi e dei respingimenti. Perché ad esporci a malattie che credevamo definitivamente debellate non sarebbero coloro che rifiutano di vaccinarsi, ma i migranti. Sì, proprio quelli dei barconi che portano fra noi la tubercolosi e chissà quanti altri terribili morbi ed epidemie. E così il cerchio si chiude. Tremano, intanto, le mamme e i papà dei bambini troppo piccoli, o troppo deboli perché malati o sotto cura,per potere accedere a certe vaccinazioni. Quindi esposti al contagio, e perciò anche al rischio di dover rinunciare alla scuola e alla compagnia dei coetanei. Lo spiega bene sui social, in questi giorni, la mamma di uno di questi bambini, smascherando l’atteggiamento ipocritamente compromissorio della ministra della sanità che da un lato firma la circolare dell’autocertificazione e dall’altra annuncia urbi et orbi che il suo bambino, che nascerà tra tre mesi, lei lo farà comunque vaccinare. Compimenti alla ministra per la scelta accorta e di buon senso, ma l’augurio della mamma è che alla ministra tocchi anche la buona sorte di poterlo fare, che non le capiti cioè di dover affidare la vita di suo figlio al grado di copertura vaccinale che, tra obbedienti e renitenti, si riuscirà a raggiungere. O di dover rinunciare all’asilo nido o alla scuola dell’infanzia perché contesti non sufficientemente sicuri.

L’autocertificazione, del resto, è solo un primo passo. Presentando alla stampa la genialata dell’autocertificazione, la ministra Giulia Grillo ha annunciato il prossimo approdo in parlamento di una discussione sul tema delle vaccinazioni, sulla portata dell’obbligatorietà e/o su come modificarla e applicarla rispetto alle dieci vaccinazioni oggi obbligatorie, sulla possibilità di lasciare alle Regioni spazi di autonomia per iniziative correlate alle realtà locali ( come se di politiche della salute regionalmente e politicamente differenziate non ne avessimo già abbastanza). Non solo, il legislatore sarà sostenuto ed accompagnato a prendere le sue decisioni da un Tavolo scientifico di nuova istituzione, coordinato da un esponente dell’agenzia indipendente “Cochrane” e formato da personalità scientifiche scelte per il fatto di essere prive di qualsiasi legame ed interesse con l’industria farmaceutica. Quanto ai costi, sarebbero già in corso negoziati per ottenere partite di vaccini ( ma quali ? ) di prezzo più contenuto. Si annuncia, dunque, qualche cambiamento sostanziale, probabilmente in direzione di una riduzione del numero di vaccini obbligatori e di un allentamento delle regole dell’obbligatorietà. Vedremo, ma a rischiare cambiamenti in peggio, intanto, è la cultura sociale del paese. Non solo per l’oscurantismo insito nel pregiudizio antiscientifico che da sentimento popolare è diventato cultura di governo, e per la voluta amplificazione ed esasperazione degli atteggiamenti cosiddetti “anticasta”. A logorarsi, con tutta evidenza, rischia di essere l’idea stessa di salute come bene comune, a cui tutti dovrebbero collaborare. E il valore della solidarietà, anche in questo campo, con chi è più debole e ha bisogno di protezioni speciali. A pensarci bene, e con lo sguardo volto anche al futuro, bisognerebbe convincersi che non possono esserci danni maggiori di questo.

Fiorella Farinelli